Er zervitore in zala

Giuseppe Gioachino Belli

1831 Indice:Sonetti romaneschi I.djvu sonetti letteratura Er zervitore in zala Intestazione 26 dicembre 2023 100% Da definire

Er decane e er chirico Er purgante
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831

[p. 104 modifica]

ER ZERVITORE IN ZALA.

     Chi è? — Amici. — Favorischi puro:[1]
Entri drento, lustrissimo. — Addio, Tacchia.
— Oh ggente![2] sto paìno[3] ch’aricacchia,[4]
4Lui mette er chiodo, e la padrona er muro.[5]

     Er povero sor Conte st’osso duro
Nun vorrebbe iggnottillo,[6] ma ss’abbacchia.[7]
Già cch’ha arzato le penne de cornacchia,
8Nun vò ffà rride er monno, io me figuro.

     Pe’ mmé nnun parlo mai, perch’ho pprudenza;
Ché ssi vvolessi dì, cce n’ho, Mmadonna!,
D’empìnne un cassabbanco[8] e ’na credenza.

     12Bbasta, l’amico ch’è mo entrato, affonna;[9]
Lui[10] abbòzza;[11] ma llei ch’è dde cuscenza,
A uno la fa cquadra e all’antro tonna.[12]

A Valcimara, 28 settembre 1831.

Note

  1. Pure.
  2. [Oh amici!]
  3. Zerbino. [V. la nota 2 del sonetto: Er guitto ecc., 17 febb. 30.]
  4. Ricacchiare, vale: “risbucciare, ricomparire dopo essersi alquanto dilungato.„
  5. Metafora indicante intrigo carnale.
  6. Inghiottirlo.
  7. Si accomoda, cede, abbassa l’umore.
  8. Panca ove si assidono i servi nelle sale. [Cassapanca.]
  9. Dà dentro.
  10. Lui, assolutamente, nella bocca de’ servi, vale sempre: “il padrone,„ come in quella delle mogli significa: “mio marito.„
  11. Questo verbo corrisponde perfettamente al senso dell’endurer dei Francesi.
  12. Farla tonda, cioè “farla pulita.„ Inganna entrambi.