Er zanatòto, ossii er giubbileo

Giuseppe Gioachino Belli

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Una disgrazzia Er musicarolo
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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ER ZANATÒTO,[1] OSSII ER GIUBBILEO.

1.

     Mancosiamale[2] che nnun zémo cani!
Già sta attaccato pe’ le sagristie
Un bell’editto pe’ abbassà li grani
E ppe’ ffà tterminà le caristie.

     Chi dduncue, incomincianno da domani
Inzin’ar giorno delle Befanie,[3]
Pregherà pe’ li prèncipi cristiani,
Poi pe’ l’esartazzion de l’aresie

     E ppe’ l’estirpazzion de Santa Cchiesa:
Dànnose,[4] co’ lliscenza,[5] ar culiseo[6]
’Na bbona snerbatura a la distesa;

     Abbasta che nnun zii turco nè abbreo,
Né de st’antra canajja che jje pesa;[7]
Er Papa j’arigala er giubbileo.

Roma, 13 dicembre 1832.


Note

  1. Sana-totum.
  2. [Invece del semplice mancomale. Ma è detto per caricatura.]
  3. Da Epifania si è fatto Befania, ovvero la festa delle befane, larve che vengono un paese lontano, e discendono giù pe’ camini a spaventare o regalare i fanciulli, secondo il merito. Que’ meschinelli digiunano la sera della vigilia di tanta festa, onde offerire colla loro cenetta un ristoro alla povera befana, che spende tante migliaia onde togliere i genitori la riconoscenza del beneficio.
  4. Dandosi.
  5. Modo di chiedere perdono allorchè si nomini alcuna sconceria.
  6. Ano. [Ma propriamente, chiamano così il Colosseo.]
  7. Gente che jje pesa: frase significante “anime gravi di colpe.„ [E qui s’intende che sono i liberali.]
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ER GIUBBILEO.[1]

2.

     Er giubbileo me piasce: e nnun confonno,
Come li frati, er coro e ’r rifettorio.
Lui è bbono a cchi ttribbola in ner monno
E a cchi sta ttribbolanno in purgatorio.

     Io però ddico che ppapa Grigorio
Doveva dà la tasta un po’ ppiù a ffonno;[2]
Perchè, c...., sto Deusinaddiutorio[3]
Nun è a Rroma né er primo né er ziconno.

     Chi ccampa co’ le mmaschere,[4] fratello,[5]
Sto ggiubbileo nun ha da dillo un furto,
Un’invenzion der diavolo, un fraggello?

     Si st’anno er carnovale fussi longo,
Bbuggiarà er giubbileo:[6] ma è ttanto curto!
Bbasta, speramo che cce naschi un fongo.[7]

Roma, 13 dicembre 1832.


Note

  1. Questo tesoro spirituale colpì il finire dell’anno 1832 e il cominciare del 1833.
  2. [Doveva considerar meglio la cosa. La tasta è lo “specillo.„]
  3. [Questa invocazione dell’aiuto divino, o, più largamente, questa funzione religiosa. Il nome è foggiato sul primo versetto del salmo LXIX: “Deus in adiutorium meum intende.„]
  4. [Vendendo maschere.]
  5. [Qui fa le veci di “amico mio, caro mio,„ e simili.]
  6. A la buon’ora il giubileo.
  7. Cioè: “che ci nasca di mezzo un accidente impensato, come i funghi sorgono dove non si aspettano.„
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ER GIUBBILEO.

3.

     Cqui nun c’è da dà gguazza,[1] sor baggeo:[2]
Er Papa, grazziaddio, nun è un cojjone;
E ssubbito[3] ch’ha mmesso er giubbileo,
Ciaverà avuto le su’ gran raggione.

     Prima de tutto, cuer zu’ amico abbreo
Che jje venne[4] un mijjaro pe’ un mijjone,
Ggira ancora cqua e llà strillanno aéo,[5]
Senza vienì a la santa riliggione.[6]

     Ma cche stamo a gguardà ll’abbreo Roncilli!
Ve pare che cce siino sott’ar zole
Poch’antri ladri cqui da convertilli?

     Ecco duncue che, ssenza èsse bbizòco,[7]
Se pò strigne er discorzo a ddu’ parole:
Che un giubbileo pe’ ttanti ladri è ppoco.

Roma, 14 dicembre 1832.


Note

  1. Beffe.
  2. Persona che affetta lo spiritoso, il grazioso, ecc.
  3. Posto che.
  4. Vende.
  5. Grido degli ebrei che van girando per roba di ricatto. [Che fanno cioè i ricattieri, o, come si dice in Toscana, e come s’è detto sempre anche a Roma, i rigattieri.]
  6. Vedi su ciò il sonetto... [La sala ecc., 8 gennaio 32].
  7. [Bigotto.]