Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura Er peramprèsso Intestazione 8 ottobre 2024 75% Da definire

Le perziane La scummunica
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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ER PERAMPRÈSSO.[1]

     Ho capito, Matteo, risémo llì.[2]
“Un po’ a la vorta: Iddio sce penzerà:
Damo tempo: si è rrosa fiorirà....„
Bbravo, cojjone mio: sempr’accusì.

     A ’ggni vassallo[3] che tte viè a ttradì,
Te la sgabbelli via[4] cór lassa fà.
Dunque tu nu’ lo sai che a Llassafà
J’arrubbòrno la mojje, eppoi morì?[5]

     Jerassera, sfassciassi[6] un gabbarè
Pe’ rrabbia de vennetta,[7] e adesso mo
Sei diventato un pìzzico?[8] e pperchè?

     Tu mme pari er fratel de sant’Alò,[9]
Che ssempre speri che ssi ffoco viè,[10]
T’abbrusci er culo e la camiscia no.[11]

23 agosto 1835.

Note

  1. Il perplesso, l’irrisoluto.
  2. Siam lì di bel nuovo.
  3. [Becero, mascalzone.]
  4. Ti togli d’impaccio.
  5. [Proverbio.]
  6. Sfasciasti.
  7. Vendetta.
  8. Ti sei avvilito.
  9. [Eligio.]
  10. Se fuoco viene.
  11. [Nè nella lunga vita di sant’Eligio, che si trova nel Surio, De Vitis Sanctorum etc. (tom. VI; Venetiis, 1581), nè in quella della Raccolta di Vite de’ Santi ecc., pubblicata in Roma nel 1781, c’è narrato alcun fatto, che possa aver dato origine a questo modo proverbiale; il quale, dunque, deve essere uno scherzo.]