Er padre suprïore

Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura Er padre suprïore Intestazione 6 novembre 2024 75% Da definire

Le variazzion de tempi Er Papa Micchelaccio
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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ER PADRE SUPRÏORE.

     Tre nnotte fa, un Patrasso francescano
Ariccontava a una su’ grann’amica
Ch’è ppiù mmejjo avé er culo in zu l’ortica
Che de stà in un convento a ffà er guardiano.

     Questi dicheno pragras[1] der zovrano:
Quelli so’ ddisperati pe’ la ....:
Onzomma disce lui ch’è una fatica
D’arinegàcce[2] er nome de cristiano.

     Disce che ppe’ sti frati farabbutti[3]
Lo stà[4] bboni la notte in dormitorio,
Er zilenzio, er cantà, sso’ affari bbrutti.

     La ppiù ppena perantro, er più mmartorio,
Er più ssudore, è aridunalli[5] tutti
La matina e la sera ar rifettorio.

14 marzo 1834.

Note

  1. Plagas.
  2. Rinegarci.
  3. Farabutti, per “ribaldi.„ [E questo è precisamente il significato più comune che ha anche in Toscana, e, credo, in tutta Italia. Ma i vocabolari dando farabutto come semplice equivalente di “ingannatore„ o “truffatore,„ il Belli sentì il bisogno di mettere questa nota. Primo il Giorgini-Broglio ha definito giustamente farabbutto per “uomo ignobile e tristo.„ V. la nota 7 del sonetto: L’età ecc., 14 marzo 34.]
  4. Stare.
  5. Radunarli.