Er guazzarolo sbiancato

Giuseppe Gioachino Belli

1846 Indice:Sonetti romaneschi V.djvu sonetti letteratura Er guazzarolo sbiancato Intestazione 4 marzo 2025 75% Da definire

Le creanze screanzate L'aggratis e er picchinìcche
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1846

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ER GUAZZAROLO[1] SBIANCATO.[2]

     Quant’ar dì[3] cch’io me sposo sta regazza,
Sor piripicchio[4] mio, la fate franca!
Vacca o vvitella poi, bbiòcca o ppollanca,[5]
Questo a mmé nun me smove una pennazza.[6]

     Ma rrara o nno ccom’una mosca bbianca,
Viènghi de bbona o de cattiva razza,
Si ccredéssivo[7] mmai dàmme la guazza,[8]
Bello mio, me ve ggioco a ssottoscianca.[9]

     Pe’ ccojjonella[10] tanto, io ve soverchio;
E, ppe’ rregola vostra, io nun ciappizzo[11]
Co’ cchi ccerca marito pe’ ccuperchio.

     Già la pascenza me sta in pizz’in pizzo:[12]
E, un carcio che vve do, vv’allargo er cerchio
E vve spiano la punta ar cuderizzo.[13]

22 aprile 1846.

Note

  1. Derisore. Dar la guazza, vale: “deridere, beffeggiare, ecc.„
  2. Confuso, mortificato, smentito.
  3. Quanto al dire.
  4. Omiciattolo.
  5. [Chioccia o pollastra.]
  6. Peli delle palpebre.
  7. Se credeste.
  8. Darmi la guazza. Vedi la nota 1.
  9. A sottogamba.
  10. Derisione.
  11. Non ci appizzo: non inclino, non mi espongo ecc.
  12. La pazienza è per fuggirmi. [Pizzo: angolo, estremità. Me sta in pizz’in pizzo, lo dice ordinariamente chi non può più trattenere un bisogno corporale. Detto quindi della pazienza fa ridere.]
  13. All’osso sagro, [al codione].