Er gatto girannolone
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
ER GATTO GIRANNOLONE.1
Nina,2 che vvorà ddì3 cche stammatina
È or4 de pranzo e nnun ze5 vede er gatto?
E io, minchiona, j’ho ammannito un piatto
Pien de sgarze6 e de schiuma de gallina!
Ce sarìa7 caso che sse5 fussi fatto
Serrà in zuffitta?8 Vòi provacce,9 Nina?
Ggià, la porta sce10 sta ttanta viscina!
Se sentirìa11 strillà: mmica è ppoi matto.
’Gni vorta che sta bbèstia nun ze5 trova
Me riviè a mmente povero Ghitano12
C’aveva sempre quarche bbotta nova.13
Un giorno Rósscio14 nun tornava; e llui
Sai cosa disse? “Starà ar Vaticano,
A cconzurtà cco’ li compaggni sui.„
24 dicembre 1834.
Note
- ↑ Girandolone: vagabondo.
- ↑ [Caterina.]
- ↑ Che vorrà dire?
- ↑ È ora: apocope in uso.
- ↑ 5,0 5,1 5,2 Si.
- ↑ Lische.
- ↑ Ci sarebbe.
- ↑ Soffitta.
- ↑ Vuoi provarci.
- ↑ Ci.
- ↑ Si sentirebbe.
- ↑ Gaetano. [Il marito morto. E La soppressione dell’articolo er (il) davanti a povero è d’obbligo in questo e in altri simili casi. L’anno che mòrze (morì) povero Ciro ecc.]
- ↑ [Botta, nel significato, comune anche in Toscana, di “motto pungente, detto di traverso.„ Donde il motto: botta e risposta.]
- ↑ Rosso, nome ordinario che si dà a’ gatti di quel pelame.