Giuseppe Gioachino Belli

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Er focone La bbellona de Trestevere
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1833

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ER FOCONCINO.

     Er chiodarolo mio, cuer mastr’Aggnello
Dove sce crompo[1] sempre le bbollette,
Tiè un foconcin de ferro, che cce mette
A rroventà lli chiodi da martello.

     Pare un fornello, ma nnun è un fornello:
È un coso come so’[2] le coppolette,[3]
E ddisce lui che anticamente cuello
Era un érmo[4] de cuarche[5] ammazzasette.

     Chi ssa cquante scittà, cquanti nimmichi
Averà ffatto diventà ttonnina[6]
Chi pportava cuell’érmo a ttempi antichi!

     E mmo cche li sordati e ll’uffizziali
Nun ammazzeno ppiù,[7] ffa dda fuscina,[8]
Pe’ bbollette e ppe’ cchiodi de stivali.

Roma, 23 gennaio 1833.

Note

  1. Ci compero.
  2. Sono.
  3. [Coppola, coppoletta: una specie di papalina. Donde poi scoppola, scapaccione da buttar giù la coppola; e scoppolare, scapaccionare.]
  4. Elmo.
  5. Qualche.
  6. Far tonnina, vale: “ridurre in minutissimi pezzi.„
  7. [Allude, s’’intende, ai soldati e agli uffiziali del Papa, messi in ridicolo anche in parecchi altri sonetti.]
  8. Fucina.