Er conto de le posate
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837
ER CONTO DE LE POSATE.
Eccole tutte cqui nne la sarvietta,1
Come l’ho ttrove.2 Io doppo sparecchiato
Ch’ho aripassato er conto, ho aripassato,
Ciamancàva3 un cucchiaro e una forchetta.
E llei crede a Lluscìa? Si sta sciovetta4
Bbutta la bbroda5 addoss’a mmé, ha sbajjato.
Ma ggneente:6 io nun capisco; io nun zo’7 stato,
E nnun vojjo abbozzacce8 una saetta.9
Sta faccenna sarà ccome sto lujjo
Che ssuccesse l’affare der grisolito
Der padrone, e cce fu cquer battibbujjo.10
De quello puro11 ggià sta bbona pezza12
Dava la corpa13 a mmé ssiconn’er zolito,
Eppoi s’aritrovò ffra la monnezza.14
6 marzo 1837.
Note
- ↑ [Salvietta, tovagliolo.]
- ↑ Trovate.
- ↑ Ci mancava.
- ↑ [Civetta.]
- ↑ Getta la colpa.
- ↑ Niente. Vi si son poste due e onde insinuare il modo della pronunzia, che in questa occasione deve prolungare la e quasi fosse doppia.
- ↑ Non sono.
- ↑ Non voglio abbozzarci, cioè: “tacermivi, tollerare.„
- ↑ Affatto, per nulla.
- ↑ Altercazione clamorosa.
- ↑ Pure.
- ↑ Cattivo suggetto.
- ↑ Colpa.
- ↑ Immondezza.