Er cane furistiero

Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi II.djvu sonetti letteratura Er cane furistiero Intestazione 25 maggio 2024 75% Da definire

Li soprani der Monno vecchio Er Momoriale
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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ER CANE FURISTIERO.

     Séte voi la padrona de cuer cane
Che vviè a mmagnà l’avanzi cqua dall’oste,
E scrope1 li tigami, e arrubba er pane,
E ssi sse caccia via, sarta2 a le coste?

     Duncue da parte sua v’ho d’avvisane
Che sta bbèstia je svia tutte le poste;3
E pportassi,4 per dio, cento collane,
Er mi’ padrone je vo ddà le groste.5

     E aricurrete poi, sora paìna,6
Cuann’er cane è slombato in su la piazza,
Ar giudice Accemé de la farina.7

     Voi ggià rrugate8 perché ssu a Ppalazzo
Ciavéte9 er sor Ennenne,10 ché pper dina
Tra ccani nun ze mozzicheno un c.....

22 gennaio 1832.

Note

  1. Scopre.
  2. Salta.
  3. [Avventori.]
  4. Portasse.
  5. Dar le groste: battere.
  6. Azzimata. [V. la nota 6 del sonetto: Er coronaro, 10 genn. 32.]
  7. Qui, tra per ischerno ed ignoranza, colui che parla confonde il giudice A. C. Met., cioè l’Uditore della Camera stesso, Auditor Camerae Met. [V. la nota 4 del sonetto: Du’ servitori, 28 nov. 32], e l’altro della farina, magistrato in oggi a Roma non esistente, ma al quale per derisione si esortano a ricorrere coloro che non troverebbero giustizia altrove sulle loro querele.
  8. [Pretendete d’aver ragione voi. — V. la nota 5 del sonetto: Er fienarolo, 4 dic. 32.]
  9. Ci avete.
  10. Questo nome di Ennenne è tratto dai due protogrammi N.N., che si pongono, scrivendo, nel luogo che dovrà occupare un nome personale.