Er battesimo der fijjo maschio
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
ER BATTESIMO DER FIJJO MASCHIO
Cosa so’1 sti fibbioni sbrillantati,2
Sto bbèr cappello novo e sto vistito?
Sta carrozza ch’edè?3 cch’edè st’invito
De confetti, de vino e dde ggelati?
E li sparaggni tui4 l’hai massagrati,
C....-matto somaro sscimunito,
Perché jjeri tu’ mojje ha ppartorito
Un zervitore ar Papa e a li su’ frati?!
Se5 fa ttant’alegria, ttanta bbardoria,6
Pe bbattezzà cchi ffòrzi7 è ccondannato,
Prima de nassce,8 a cojje9 la scicoria!
Poveri scechi!10 E nnun ve séte accorti
Ch’er libbro de bbattesimi in sto Stato
Se poterìa11 chiamà llibbro de morti?12
22 maggio 1834
Note
- ↑ Sono.
- ↑ Brillantati, non già adorni di brillanti, ma lavorati a faccette forbite e rilucenti. [Li portavano sulle scarpe come i preti, e da parte ai ginocchi per fermare i calzoni corti, che furono poi sostituiti da quelli a campana. Cfr. la nota 5 del sonetto: La milordaria, 27 nov. 32.]
- ↑ Che è?, cosa è?
- ↑ I risparmi tuoi.
- ↑ Si.
- ↑ Baldoria: esultanza strepitosa.
- ↑ Forse.
- ↑ Di nascere.
- ↑ A raccogliere.
- ↑ Ciechi.
- ↑ Si potrebbe.
- ↑ [Questo sonetto parrà un capolavoro e insieme una santa e generosa azione, se si ripensa che nello Stato pontificio a chi non fosse prete o frate era chiusa quasi ogni via; e se si tengono presenti le condizioni generali dello Stato stesso, durante il pontificato di Gregorio XVI. Ferdinando Ranalli, che appunto nel 1834, nell’Arcadia e nella Tiberina, tra un nuvolo di monsignori e cardinali, recitava applauditi sonetti sulla Passione e sopra altri sacri argomenti (V. il Diario di Roma di quell’anno), fece poi del pontificato di Gregorio questo lugubre ma verissimo quadro: "Pessima l’amministrazione; l’erario esausto; protetti i malfattori, e gli onesti uomini perseguitati; nessuna sicurezza nelle città e nelle campagne; i piati continui e perpetuati dalla confusione delle leggi e ingordigia dei curiali; consigli militari in luogo de’ tribunali ordinari, misteriose le condanne, ingiuste le pene, scomposti i giudizi, la milizia corrotta e forestiera e fomentatrice di civili discordie; le tasse enormissime; violato il segreto delle lettere; gli uffici e gli onori premio della malvagità e dell’ignoranza; da per tutto abusi, arbitri, corruzione. Viziosi i costumi, contaminata la morale, scaduta la religione, l’edifizio civile minacciante da ogni lato rovina.„ E a tutto questo si aggiunga che Gregorio, finché visse, "non volle mai strade ferrate, non congressi scientifici, non asili d’infanzia.„ Le Istorie Italiane; Firenze, 1858; voi. I, pag. 30-31.]