Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 127
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- 97 A frate Guglielmo d* Inghilterra e frate Antonio da Rizza a lecceto (//).
1. Lo preca a Tenire io ajoto della santa Chiesa, e del sommo pontefice per riformare gli abnsi, non cercando la propria quiete, ma solo la glona di Gesù Cristo.
127, Al Nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. ^^arissimi figliuoli in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi perdere voi medesimi per sì fatto modo, che voi non cerchiate nè pace, nè quiete, altro che in Crislo crocifisso; concependo fame jn su la mensa della croce all’onore di Dio ed alla salute dell’anime, e reforinazione della santa Chiesa; la quale oggi vediamo in tanta necessità, che per sovvenirli è da escire del bosco, ed abbandonare sè medesimo; vedendo, che si possa fare frutto in lei non è da stare, nè da dire: io non averei la pace mia; che poiché Dio ci ha data grazia d’avere proveduto alla santa Chiesa d’uno buono e giusto pastore, il quale si diletta de’ servi di Dio (B), e vuoili a sè, ed attende di potere purgare e divellere i vizii, e piantare le virtù senza alcuno timore d’uomo, perchè come uomo giusto e virile si porla, noi altri il dobbiamo sovvenire: avvedrommi, se in verità abbiamo conceputo amore alla reformazione della santa ChieS.
Caterina. Opere. T. V. i3 98 sa, perocché sarà così in verità. Seguitarete la volontà di Dio, e del vicario suo: escirete del bosco, e verrete ad intrare nel campo della battaglia; rea se voi non il farete, vi scordarete della volontà di Dio:però vi prego per amore di Cristo Crocifisso, che tosto ne veniate (C) senza indugio alla richiesta che’l santo padre fa a voi; e non dubitate di non avere del bosco, che qui ha de* boschi e delle selve. Su, carissimi figliuoli, e non dormite più, che tempo è di vigìlia. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio, Jesù dolce, Jesù amore. In Roma a dì i5 (D) di dicembre 1378.
1. 99 Annotazioni alla Lettera 127.
(./) Frate Antonio da ^izza era il compagno di Fra Guglielmo, e d’esso si favellerà nelle annotazioni alla lettera i3o. Questa è scritta di Roma, ove gionse la santa sul fine di novembre del i3/8.
(Z?) D’un buono e giusto pastore, il quale si diletta de servi di Dio, ec. Le qualità d’Urbano VI, prima che egli fosse pontefice, erano tali, che dare non poteano speranze più belle alla necessita di santa Chiesa. Il Jlaimbourg, sebbene poco suo amorevole cel dipinge umile, modesto, temperato, amico degli nomini di lettere e di virtù, devoto, mortificato ec. (Ilistoir. du Gran. Schis. d Occ.
I. i, p. 54 ) e tale ce lo presentano altri storici di quell’età.
Accordasi per tanto la santa nel favellare si vantaggiosamente delle virtù d’Urbano agli autori che d* esso hanno lasciate memorie, nè a quei primi mesi potè recargli si a biasimo altro cbe la rusticità de’ costumi, e P alterigia e ferocità che mostrava nelle parole e nelle operazioni, che che in conlrario altri ne abbia lasciato scritto; giacché se bene osservi-.-! ciò che egli fece più degno «li biasimo, fu poi morta la santa; la quale ancora, come altrove s’avvertì, non rimase di poi appieno d’e»so contenta, perciò facendone con bella maniera con esso querela. Non dee però negarsi che lo splendore del soglio non poco gli offuscasse gli occhi della ragione, onde deviasse in molti de’paui, che dette, dalla diritta strada del dovere, lasciando perciò memoria infelice di sè negli annali di santa Chiesa.
Gli autori stessi, cbe confessato lo hanno per legitiuno pootefice,.
1100 tacqnero i suoi vizj, nè sonosi tenuti dal favellarne con biasimo, come può leggersi ne’scritti loro, e singolarmente in quei del Platina, del Ciaccone e del Vaddingo; e di rincontro tra gli stessi suoi contrarj alcuno ha fatto giustizia alle di lui virtù, coinè può vedersi fra gli altri nel sopraccnato Maimboiirg; ed è ben certo che i difetti onde Lirbano si procacciò tatuo odio non furono che soverchia asprezza e severità; nè fede alcuna meritano coloro che al tempo dello scisma scrissero di lui sì grandi irnproperj e non ebbero alcun riguardo ad attribuirgli quauto potè contro lui inventare Podio de’nemici. Vedasi ciò che di Ini scritto per diversi fedelmente pubblicò il Balozio: cose che mal potrebbero convenirgli se fosse stato il peggiore degli uomini, nonché de’pootefici. I)o*e scrittori di conosciuta fede e di tempo a lui vicini, se rilevarono la soverchia asprezza, ebbero pero anche a lodarne il puro costume, il cuore generoso, lo zelo del ben della Chiesa, Porrore della simonia, il favore per le lettere ec. E questa stessa inesorabile severità in gran parte vuoisi scosare per le piaghe estreme della Ch iesa, le quali, siccome iu più luoghi avvisava santa Caterina, voltano Jerro e fuoco: perchè a nulla ornai riuscendo i piacevoli 200 medicamenti, egli si volse al rigore nel quale o trasmodò ed ebbe poi taccia di crudele, o trovò animi troppo irritabili alle sue mi-, sure, onde fu poi dipinto, con sì neri colori. E questo valga non tanto a discolpa d’Urbano quanto della santa cbe il sostenne, e lo favoreggiò: perchè chi conosce quelle infamie cbe i nemici vomitarono contro Urbano, non trovi esagerato ciò che di lui è detto in questa lettera. . ^ (C) E però vi prego per amore di Cristo crocifisso, che tosto ne veniate. Coinè a’ osservò uell’annotazioni alla lettera 54, il pontefice Urbano VI, ponendo ad effetto i saggi avvisi datigli dalla santa, procurò’ tirare a Roma molti uomini di virtù eminente per giovarsi, e delle orazioni e dell’opera loro nella riforma di santa Chiesa, singolarmente invitandovi mòlli de’discepoli di questa vergine. Fra èssi eravi fra Guglielmo. Dal modo di favellare della santa, pare, che sì frate Antonio fosse degli invitati, ma mi do a credere cbe l’ordine d’andarne, o fosse espresso solamente a voce, o cbe ei fosse in obbligo di portarvisi come compagno ch’egli era al Baccelliere.
Questi si r rasse dall’ andare, come s’ avvertirà più a basso.
(D) In Roma ai dì i5. La data di questa lettera è di due giorni posteriore a quella del breve spedito a’ 13 dello stesso tnese.
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