Epistole (Caterina da Siena)/A chi legge
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A CHI LEGGE.
Poichè ’l divino sposo a maestro della serafica verginella sanese, ebbe al più puro Fonte delle sue dolcezze ripieno il cuore di lei, ed illuminato alla più chiara sfera della sua luce, non volle che una sì viva fiaccola stesse più nascosa sotto del moggio ma che risplendesse nelle tempestose caligini di quel secolo a far lume alla salvezza di tanTE anime, e particolarmente alla combattuta e raminga navicella del pescatore, acciocchè se ne tornasse sicura nel porto suo: ed appunto, come in altri tempi, per confondere l’arroganza de’ giudei e dei gentili si era servito di persone idiote per loro manifestare il suo regno, così in quella perversa età, in cui l’orgogliosa baldanza degli uomini e la maliziosa politica pareva volesse togliere a Dio il governo del mondo e della sua Chiesa, determinò far ministra de suoi giudizj e condottiera delle sue vie, una fanciulla priva d’ogni sperienza e d’ogni proprio sapere, dando a lei quella medesima forza, che al sassolino vibrato sopra la statua di Nabucco, per atterrare le macchine della superbia e gli idoli della malizia.
Volle per tanto Cristo benedetto istruire al ministero apostolico l’eletta sposa sua Caterina, per mezzo della lettura delle sacre carte, e particolarmente del saltero. E poichè l’alfabeto non avea imparato, egli medesimo se gliene fece maestro, siccome il beato Raimondo da Capua suo confessore ci riferisce1. Indi, perche in più luoghi e con più azioni, compier potesse nel medesimo tempo l’offizio del suo apostolato, dielle pure con maraviglioso modo l’uso della penna nella breve scuola d'un'estasi, e sotto il magistero di s. Giovanni evangelista e del santo dottore d'Aquino, il che afferma ella medesima in una lettera al sopraddetto beato Raimondo suo confessore.
Poichè dunque un tal miracoloso avvenimento volle l'increata sapienza, che fosse il primo infallibile testimonio appresso il mondo, che Caterina era ammaestrata in quella scuola, dove ammaestrati furono i primi banditori del Vangelo, siccome sentirono i sommi pontefici Gregorio XI e Urbano VI, i quali in ascoltandola ragionare,intesero in lei dottrina che umana non era; e siccome scrisse Pio II nella bolla per la canonizzazione di lei, e con lui s. Antonino, Luigi Granata, il Mirandolano e tanti altri scrittori, che nel proemio del dialogo riferimmo. E avvegnachè da quest'avvenimento miracoloso, molti altri miracolosi successi fossero poi per divina disposizione accompagnati nell'esercizio, che la santa Vergine prese dello scrivere e del dettare tutte quelle lettere, che in questo e nel secondo libro vedrai raccolte, sarà qui spediente l'esaminare tutte le circostanze, per poi passare a dar notizia del che e del quanto scrisse, e del come e degli scrittori, che in tal ministero la servirono, e di chi poi le dette epistole ridusse insieme, e della prima e seguenti divolgazioni di esse, e della loro sposizione in più idiomi e delle cagioni in fine, che ci mossero a farne questa nuova impressione: del che alcuna cosa accennammo nel prologo del primo tomo.
Non accadendo dunque il rapportare altri testimonj, che il testimonio di lei medesima nella citata lettera addotto, intorno al maraviglioso modo del suo imparare a trattar la penna, aggiungeremo a questo l’attestato fattone dal beato Tomaso Caffarini suo discepolo2; e ciò solamente per riferire alcune circostanze del miracolo dalla santa in quella lettera taciute, e per intendere quale fosse la sua prima scrittura, e quali di poi fossero le cose che di sua mano scrisse, e quelle che da altri fece scrivere.
Item dico, me habuisse a Domno Stephano de Senis (questi fu il beato Stefano Maconi uno de’ segretarj della santa, di cui appresso parleremo) et hoc per litteras suas, qualiter, ex quo Virgo miraculose scribere didicit, ab orazione surgens cum desiderio scribendi scipsit propria manu unam litterulam, quam ipsi dicto Domno Stephano transmisit, in qua ita concludebalur, scilicet in suo vulgari, videlicet: scias, mi fili carissime, quod haec est prima littera, quam unquam ego scripserim. Et in supradictis litteris mihi ab ipso directis subjungit ipse praefatus pater quod ipso praesente, multoties postmodum Virgo propria manu scripsit, et etiam plures chartas de libro, quem etiam ipsa in proprio vulgari composuit: et qualiter dictas scripturas in Domo Pontiniani sui Ordini cartusiensis prope civitatem Senarum reposuerat: cui postmodum ego scripsi qualiter dignaretur ordinare, taliter quod unam de dictis scripturis virginalibus haberem, et nondum recepi. Legi ego in libris epistolarum Virginis, et reperi, quod ipsa virgo rev. P. supradicto magistro Raymundo generali Ordinis praedicatorum epistolas duas propria manu scripsit, inter alla intimando, quod aptitudinem scribendi mirabili modo Dominus in mente sua formaverat ex providentia spirituali.
Item dico in Venetiis me vidisse, et habuisse quandam cedulam de cinabrio, miraculose inter alias a virgine propria manu scriptam: nam cum quodam semel postquam scribere divinitus didicisset, cinabrium aptum ad scribendum juxta se reperisset, accepta quadam chartula, et quadam penna incepit cum dicto cinabrio taliter, licet in suo vulgari scribere, videlicet.
“Spiritus Sancte veni in cor meum, per tuam potentiam illud trahas ad te Deum, et mihi concede charitatem cum timore. Custodi me, Christe, ab omni mala cogitatione. Me recalescas, et me inflammes tuo dolcissimo amore, ita quod omnis poena mihi levi videatur. Sancte mi pater, mi Domine, dulcis Dominator or3, me juvate in omni mea necessitate. Christus amor, Christus Amor”.
Dieta ergo cedula per singularem nuncium tradita fuit Ven. Patri Ordinis eremitarum s. Augustini, videlicet Fr. Hieronymo de Senis4, qui postea illam tradidit pro speciali exenio suprascripto famoso predicatori in Venetiis, fidelicet Donino Praesbytero Leonardo Pisano, a quo ego postmodum pro singulari reliquia, et dono recepi, et nunc est cum aliis reliquiis virginis apud sorores Ordinis de penitentia beato Dominici de Venetiis.
Intorno a queste cose di sopra riferite, debbe sapersi come la sopra detta prima lettera a Donno Stefano scritta, non è stata fin qui ritrovata, nè saputo dove si custodisca; giovandoci bensì il credere, che Donno Stefano, diligentissimo custode e veneratore delle cose della santa maestra, facesse dono di quel foglio così memorabile, o a qualche Certosa di quelle che egli governò, o a qualche divoto personaggio. Le carte poi, che la santa dì propria mano scrisse del libro, che mirabilmente compose, cioè il Libro della Divina Dottrina, oggi titolato il Dialogo della Divina Provvidenza, sappiamo esser lungo tempo state conservate nella Certosa di Pontignano, dove Donno Stefano lasciolle; ma, troppi anni non è, furono trasportate a Granoble nella gran Certosa5, coll’occasione, che i detti monaci di Pontignano e gli altri delle Certose tutte, furono obbligati colà trasmettere le più pregevoli scritture loro, come ci hanno asserito.
Le lettere che la santa di suo pugno scrisse al beato Raimondo, son la 90 e la 102, 103 di questa opera, benchè la 103 non sia che una continuazione della precedente, come leggerai, e per conseguenza sono quelle che il beato Caffarini riferisce al luogo di sopra. Ma dell’orazione che col cinabro ella scrisse, tostochè dall’estasi si riscosse, e che dice il Caffarini aver lasciata in Venezia fra certe altre reliquie di quelle suore della penitenza, non per ancora ne avemmo contezza, per quanta diligenza ne abbiamo fatta fare nei reliquiarj di tutte quelle suore domenicane.
Ond’è che occorrendoci esaminare come la fosse scritta nel suo originale, e se più tosto a metro di lauda che di prosa, contèntati, o pio lettore, che per un poco intorno a questo ti trattenghiamo. La detta orazione, la quale è la quarta fra l’altre della santa, leggesi così riportata nell’impressione d’Aldo del 1500.
Note
- ↑ Leggenda di santa Caterina, Parte I, cap. 11.
- ↑ Processo della canonizzazione fatto in Venezia nel 1411. Copia autentica presso i Domenicani di Siena, fol. 34, ed altra copia nella Casanattense in Roma.
- ↑ or per ora.
- ↑ Di questo fra Girolamo parlasi nelle annot. alla lett. 132.
- ↑ Vedi le note alla lettera 55.