Elogio della vecchiaia/XIII
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Capitolo XIII.
IL GEROCOMIO.
... et comme l’automne aura conservè la chaleur de l’ètè, l’hiver conservera la douceur de l’automne.
Chev. De Boufflers |
S’io fossi milionario, dedicherei gli ultimi anni della mia vita a realizzare un progetto, che non è per me di quest’oggi, ma di molti anni e che ho accarezzato lungamente nelle ore serene della meditazione.
Attraverserei l’Oceano, e sbarcato a Nuova York studierei ben bene i diversi climi degli Stati Uniti per trovarvi una plaga fortunata, dove fondare il gerocomio.
E se anche non mi rimanesse che il tempo di mettere la prima pietra e di vedere rizzare le prime mura, morrei contento di non esser vissuto invano.
Il gerocomio dovrebbe essere la casa dei vecchi agiati e ricchi, che non avendo una famiglia, voglion passare allegramente gli ultimi anni della loro vita.
In tutti i paesi civili abbiamo ospizi pei vecchi poveri invalidi al lavoro e ai quali diamo un letto e quanto basta di pane per non morire.
Ma non abbiamo una casa pei vecchi ricchi, che spesso sono più infelici dei poveri, privi dell’affetto vigile e fido di una compagna, e guardati ad occhio da servi o da nipoti, che ne desiderano e ne aspettano con ansia impaziente la morte.
Questa lacuna della nostra civiltà sarà di certo riempita ed io vorrei avere l’ambizione soltanto di averne suggerito l’idea a qualche miliardario americano; faccia poi il gerocomio per filantropia o per trovarvi una nuova fonte d’industria.
E il mio gerocomio, chi sa che col tempo non diventi una geropoli, la città dei vecchi.
⁂
Il gerocomio deve fondarsi in un paese d’aria mite e asciutta e di temperatura possibilmente uniforme. Negli Stati Uniti abbiamo tutti i climi del mondo e non sarà molto difficile trovare il luogo più opportuno per attuare il mio progetto.
Un gran parco con giardini immensi deve circondare il palazzo centrale, e molte casette devono esser sparse fra gli alberi, di diverse grandezze e di lusso diverso, per adattarsi ai gusti vari e alle varie fortune dei miei clienti. Son destinate a tutti quelli che non amano fare vita comune nel palazzo centrale, dove però possono recarsi liberamente per godervi tutti i divertimenti e i giuochi, che vi si danno e vi si fanno.
L’orario dei pasti, la distribuzione delle occupazioni, tutto l’andamento del gerocomio son fissati da una commissione degli inquilini nominata da questi a maggioranza di voti.
Questa Commissione forma un vero Consiglio, che si rinnova ogni anno, ma può essere rieletto.
All’infuori di questo corpo direttivo vi è un Direttore Capo, che deve essere medico e psicologo, il quale ha diritto di veto in tutte quelle disposizioni del Consiglio che potessero nuocere alla salute e alla felicità degli abitanti del gerocomio.
Il medico direttore è assistito da tre medici specialisti, che hanno studiato specialmente le malattie dei vecchi e che fanno vita comune con i loro clienti, dei quali studiano, senza importunarli, il temperamento, le abitudini, le magagne.
Non sono ammessi nel gerocomio nè i pazzi, nè i paralitici, nè i malati di affezioni ributtanti.
Il gerocomio non è un ospedale, ma un palazzo per i vecchi sani, che vogliono finire allegramente i loro giorni.
Vi regna la più assoluta libertà religiosa e morale, e purchè non si offendano i costumi o il pudore, ognuno è padrone di fare quel che vuole.
Una cappella cattolica, una protestante, una sinagoga, una moschea accolgono i credenti delle singole religioni.
L’igiene è regolata dal Direttore Capo, come la più importante, perchè senza salute non vi può essere felicità; e i cibi e le bevande e le ore dei pasti son fissati con tutta la sapienza di chi ha studiato la fisiologia della vecchiaia.
Così è pure il cibo dell’anima.
Una ricchissima biblioteca ha raccolto i capolavori delle più note letterature e specialmente i libri gai, ottimisti, piacevoli.
I giornali di tutto il mondo, le migliori riviste tengono al corrente delle vicende politiche e del movimento letterario.
Lo sport più variato offre cavalli, carrozze, giuochi d’ogni sorta, onde conservare al possibile l’agilità alle membra rigide, la forza ai muscoli stanchi.
È nelle abitudini del gerocomio il fare dei bagni turchi e sottoporsi spesso al massaggio generale.
Ogni giorno i miei clienti colla prima colazione ricevono un bollettino dei divertimenti della giornata, redatti dal Consiglio presieduto dal Direttore.
Quando nel programma figurano partite di caccia o di pesca o scarrozzate; chi vuol prendervi parte dà in nota il proprio nome, onde tutto sia pronto all’ora fissata.
Il gerocomio ha nel suo vasto territorio un lago, delle foreste quasi vergini, dei fiumi, dei prati; tutto ciò che si presta alle più svariate forme dello sport, dei giuochi e degli esercizi ad aria aperta.
Gli abitanti del gerocomio possono giuocare tra di loro; ma non vi è una sala da giuoco; nè i proprietari o direttori vi prendono parte.
Tutti quanti i servi sono di sesso debole, cioè giovani e belle fanciulle, prese da tutte le nazioni del mondo, e che rallegrano con la loro bellezza e le loro grazie i miei clienti.
La musica parla e tace a volontà in tutte le sue forme più svariate, dal concerto ai quartetti, dall’opera eseguita dai migliori artisti fino all’esercizio di qualunque strumento fatto in camera dai singoli dilettanti.
I pasti in comune son sempre rallegrati da mille fiori posti sulla tavola e da una musica allegra, di cui non si vedono gli esecutori.
Quando venti persone domandano per iscritto al Direttore una festa speciale o qualunque divertimento immaginato da esse possono ottenerlo, quando non sia contrario alla salute o ai costumi.
Così pure se un oratore vuol fare una o più conferenze, previo avviso dato alla Direzione, trova una sala e degli uditori.
Il Direttore conferirà ogni mese una medaglia d’oro o d’argento al vecchio che ha immaginato un nuovo divertimento, una nuova invenzione, che rallegri gli ospiti del gerocomio.
La medaglia costituisce l’Ordine della vecchiaia felice, che si accorda dai clienti a maggioranza di voti e a voto segreto.
Nel gerocomio sono ammessi i cittadini di tutto il mondo, d’ambo i sessi; purchè abbiano compiuto il sessantesimo anno e non abbiano macchia alcuna sul libro dell’onore.
Le signore non hanno abitazioni speciali, se non quando la domandano.
In caso diverso hanno il loro alloggio in comune nel palazzo centrale, ognuna s’intende nella propria camera.
Al 31 dicembre tutti gli ospiti del gerocomio tengono un’assemblea generale per nominare il Direttore del Giornale della vecchiaia felice, che deve per tutto l’anno seguente redigerlo, aiutato da una commissione di collaboratori e di collaboratrici.
Questo giornale dà conto di quanto avviene nella gran casa dei vecchi, pubblica i programmi delle feste, dei divertimenti e dà un brevissimo e succoso riassunto delle notizie politiche di tutto il mondo.
Vi sono nel gerocomio lettori o lettrici addetti alla Biblioteca e che fanno la lettura ad alta voce per tutti quei vecchi, che per debolezza della vista o per altro difetto non possono leggere da sè.
La disciplina del gerocomio ammette come gran colpa la tristezza e quando un ospite si mostra malinconico e si dichiara infelice vien accusato al tribunale supremo costituito dal Consiglio presieduto dal Direttore, e sentite le sue difese, si provvede con mezzi straordinari al suo ravvedimento, cioè al ritorno all’allegria, che deve essere il pane quotidiano di tutti.
Opportune modificazioni del regime della cucina e specialmente della cantina, speciali letture, riescono sempre a guarire i miei clienti meno fortunati.
La morte di un cliente non è conosciuta che dai medici, nè mai annunziata nel giornale del gerocomio. Si ignora da tutti dove sia il cimitero, o se il cliente scomparso abbia restituito il suo corpo alla patria lontana.
Quando i medici riuniti in consulto hanno trovato incurabile la malattia, non si occupano che di togliere ogni dolore e di occultare il momento fatale alla coscienza del morente.
Nei vecchi sani e robusti è la natura stessa, che compie questa pietosa missione. Dove essa non basti, soccorre l’arte; e nessuno dei vecchi abitanti del gerocomio passa dalla vita alla morte attraverso l’agonia.
Questa è proibita, come proibite sono la tristezza, lo scoraggiamento, la malinconia.
L’arte di ben morire fu insegnata nei tempi passati dalla fede.
Domani e sempre deve essere appresa dalla scienza umana, che ha per compito supremo di abolire il dolore dalle nostre sensazioni.