Elogio della vecchiaia/Prefazione

Due parole al lettore, che possono anche servire di prefazione

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Due parole al lettore, che possono anche servire di prefazione
Elogio della vecchiaia I


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DUE PAROLE AL LETTORE

che possono anche servire di prefazione

Gli amici più cari, quei pochi ai quali confido tutti i miei pensieri, quando ebbero udito da me, che volevo scrivere l'Elogio della vecchiaia si misero a ridere; facendomi intendere molto chiaramente, che io parlavo per celia.

Io però insistevo, atteggiando la faccia alla più grave serietà, e allora mi davano del matto; e un coro di obiezioni, di sarcasmi, di invettive mi si rovesciava addosso, come valanga di pietre in un’antica lapidazione.

Sì, sì: sta bene, il tuo elogio sarà come quello di Erasmo sulla pazzia. Lodare la vecchiaia, per farne la satira. [p. xii modifica]

Ma che si fa celia? Lodare la vecchiaia, la parte più miserabile della vita, che presa anche nell’assieme, è pure una povera cosa? Lodare l’età del catarro, della sordità, della debolezza; l’età in cui ogni giorno strappa un fiore o una foglia dall’albero della nostra vita; lodare l’agonia dell’esistenza?

Non riuscii a persuadere uno solo dei miei amici, che il mio libro sarebbe stato serio e che senz’ironia avrei lodato la vecchiaia.

Chissà che dopo averlo letto non abbiano a cambiar d’opinione, chissà che non si ricredano del loro errore!

Io ho scritto questo libro per me e per tutti coloro, che avendo più di sessant’anni, più di cinquemila lire di rendita, e una buona salute, non sono felici, e non lo sono per la sola ragione di esser vecchi.

Nella mia giovinezza, nell’età adulta ho sempre fatto le più grandi meraviglie, vedendo che gli uomini si auguravano a vicenda come sommo bene una lunga vita, e avutala, la maledivano. In questo [p. xiii modifica]paradosso doveva trovarsi nascosto, come bruco in un frutto, un grosso errore, che si doveva scoprire e distruggere.

Che tu possa campar cent’anni, che tu possa vedere la quarta generazione! E poi si dice che la vecchiaia è la miseria delle miserie, e i vecchi brontolano in coro: felici coloro, che son morti giovani!

Quanto è diverso l’augurio dalla cosa augurata!

Dov’è il bruco nel frutto? Dov’è l’errore? Chi ha ragione dei due? Chi augura a sé e agli altri la vecchiaia o il vecchio, che, avutala, la maledice?

La vecchiaia non è che una fase della vita; e in una vita normale, fisiologica, perfetta, è necessaria come tutte le altre età. Non v’è giornata senza il crepuscolo della sera, e non v’è vita perfetta senza la vecchiaia. Ora, essendo la vita una cosa bella e buona, e che ogni organismo sano difende con tutte le forze del corpo e dell’anima dai nemici che la insidiano, anche la vecchiaia può e deve essere una cosa buona e bella, che abbiamo mille ragioni d’augurare a noi e agli altri. [p. xiv modifica]

Se i vecchi per la più parte non sono felici, non è colpa della vecchiezza, ma di loro stessi; così come abbiamo tanti infelici nelle altre età, che pur giudichiamo le migliori.

Nella vecchiaia si sommano tutti gli errori fatti da noi nell’infanzia, nell’adolescenza, nella giovinezza, nell’età adulta - e ad essi poi i più ne aggiungono altri speciali nell’ultima età - per cui è certamente più difficile essere felici da vecchi. Ma anche qui convien ricordare due dogmi fondamentali dell’arte di vivere: che cioè la felicità è sempre una cosa difficile e rara, come difficili e rare sono tutte le cose migliori di questo mondo; come rara è la bellezza e raro è il genio. E poi l’altro dogma è questo: che le cose sono tanto più desiderabili, quanto più sono difficili ad aversi, e che tutti quanti hanno un po’ di sangue nelle vene e un po’ di nerbo nei polsi devono mirare alle cose difficili e alle difficilissime.

Per conto mio, il primo giorno in cui il lunario mi ebbe dichiarato vecchio, non stracciai il lunario, nè tentai coi sofismi e [p. xv modifica]gli artifizi di falsificare le date ma mi affacciai coraggioso alla vecchiezza, che mi guardava con ironia crudele:

Ma tu mi vorresti fare infelice, tu vorresti vedermi piangere e brontolare?

No e poi no! — Le cose difficili mi son sempre piaciute sopra ogni cosa e anche le impossibili mi hanno sempre affascinato. Tu non mi avrai fra le tue vittime. Io sarò felice malgrado le tue insidie e le tue percosse. Io voglio benedire la vita fino all’ultimo respiro, non voglio essere molesto nè a me nè agli altri. Accetto la canizie come una corona d’argento, non come un obbrobrio; accetto il riposo, non come una maledizione, ma come il premio di una lunga vita di lavoro e di lotta. Voglio essere felice, benchè vecchio. La felicità può e deve mutar forma nelle diverse età della vita ma non deve mai abbandonarci.

In questa lotta con la vecchiaia fino ad ora son rimasto vincitore: non so se e fino a quando mi sorriderà la vittoria. La desidero a me e a voi tutti, che da tanti anni leggete i miei libri, nei quali, [p. xvi modifica]pur variando stile e materia, ho avuto sempre dinanzi al mio pensiero l’idea fissa di fare un po’ di bene a chi mi legge, di accrescergli il patrimonio della gioia, di alleggerirgli o di togliergli il peso del dolore.

Quando libro, fosse pur l’ultimo fra gli ultimi, raggiunge questo fine, non fu scritto invano, e l’autore, per quanto modesto, può esserne contento.