Elogio dell'amore/Prefazione
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Traduzione dal francese di Arturo Salucci (1921)
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Anna Luisa Germana Neker, baronessa De Staël-Holstein, nata e morta a Parigi (1766-1817), è una delle più notevoli figure della letteratura francese. Che vita avventurosa ebbe questa donna di genio! Per comprendere la sua psicologia e la sua arte, occorre seguirla nelle vicende travagliate della sua esistenza. Figlia di Necker, il celebre ministro di Luigi XVI, trascorse la sua infanzia nei salotti eleganti e ciarlieri della Corte e della nobiltà francese, mentre si addensava il gran nembo della Rivoluzione che doveva spazzare, in un turbine di sangue e di fuoco, il vecchio mondo corroso dai vizi e minato dai privilegi. Frequentavano il salotto paterno Diderot, D’Alembert, il dolce Bernardin de Saint Pierre, e tutti i più illustri personaggi della Francia d’allora. La piccola Germana (fanciulla-prodigio che ad undici anni aveva già composto molti «Elogi» d’ingenuo sapor letterario) si abbeverava a queste fonti d’arte un po’ morbosa e di sapienza un po’ frivola. A vent’anni comincia la sua vita di donna, sposando il barone De Staël, attaché dell’ambasciata di Svezia a Parigi, uomo d’età assai più grave della sua giovane sposa. Matrimonio infelice. Contrasti di carattere, di idee, di sentimenti. Nei primi anni, l’unione resiste. Il diplomatico e la consorte letterata brillano ancora nei ricevimenti di Corte. Ma, ecco: il turbine rivoluzionario si avanza, e schianta tutti i destini. Il vecchio finanziere Necker si ritira definitivamente in Isvizzera; la baronessina si getta risolutamente nella vita pubblica, propugnando idee costituzionali e liberali. Scrive allora: «L’influenza delle passioni sulla felicità degli individui e nelle nazioni.
L’astro di Napoleone splende sui destini di Francia e del mondo. Pochi resistono al suo genio sanguinoso e violento, e fra questi pochi v’è una donna: Madame De Staël. Il Côrso, sprezzatore di ogni idealità, perseguita questa «ideologa», questa fragile ma fiera Donna, che ha soltanto una penna per difendersi. Comincia per la Staël la dolorosa e coraggiosa odissea dell’esilio. È in Svizzera, in Germania, in Italia, e da tutti i popoli, dalle loro istituzioni e dalle loro letterature, apprende nuovi tesori di sapienza e di bellezza. Così diventa una delle più «cosmopolite» scrittrici di Francia.
Anche la sua vita intima è agitata. Da parecchi anni era già separata dal marito (che morì nel 1802), e aveva cercato nell’amore le gioie più vere e profonde della vita, quelle che non può dare la ricchezza, la gloria, le chimere tutte che gli uomini inseguono e che si risolvono in un nembo di polvere.... Ama teneramente, ed è ardentemente riamata.... Ma questa donna saggia e forte, dopo tanti insegnamenti dell’aspra vita, dopo tante analisi d’anime e di cuori, dopo tante lezioni dell’esperienza, commette un altro errore più grave, legandosi, in matrimonio segreto, nel 1812, con un giovane ufficiale: Alberto De Rocca. Egli aveva 23 anni, e per la Staël già erano sonati i quarantasei. Oh, amore! amore!.. quante follie si commettono, nel tuo nome....
Frattanto la sua attività letteraria si manifestava con delle opere che ottenevano grande successo. Basta ricordare: «Dieci anni d’esilio» e «Delfina», che sono un fiero atto d’accusa contro la tirannide; «Corinna, o l’Italia» il bel libro (alquanto faticoso quà e là, ma che vibra di tanta simpatia per la patria nostra) dove l’autrice sembra voler svolgere una sua tesi prediletta: pour une femme, la gloire est le deuil éclatant du bonheur – e infine «De l’Allemagne», poderosa opera apparsa nel 1810 e nella quale si rivela, con maggior robustezza, la profondità d’osservazione e di pensiero dell’avventurosa scrittrice. Le opere complete di Mad. De Staël formano 17 volumi, ed altre sono inedite, e quasi tutta inedita è la sua corrispondenza dove il ricercatore e lo psicologo troverebbero certo una miniera di pensieri e di sentimenti. Ma basta questo cenno per dare un’idea della prodigiosa attività di questa donna (che si può paragonare soltanto ad un’altra grande scrittrice francese: Giorgio Sand) e basteranno i pensieri e gli aforismi che abbiam tratto dalle sue opere principali, per comprendere l’importanza che ebbe l’amore nella vita di questa donna gloriosa.
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Madame De Staël inizia, con Chateaubriand, l’età moderna della letteratura francese. La Staël (ha notato un acuto scrittore: Emilio Faguet) è un po’ allieva del XVIII secolo, un Condorcet più abbondante, che predicava la perfettibilità umana, la superiorità dei moderni sugli antichi, la morale di J. J. Rousseau. «Delfina» è piuttosto pedante e bavarde: un critico maligno ha detto, anzi, che essa (cioè, in fondo, l’autrice) «parla dell’amore come una baccante, della morte come un granatiere, della morale come un sofista». Ma la critica è eccessiva: in «Delfina», come in «Corinna» e nelle altre opere letterarie della Staël, vi sono certo lungaggini che stancano e sermoni che non persuadono, ma v’abbondano le belle pagine ricche di colore e di sentimento, e le osservazioni acute ed originali. E, quanto all’amore, la scrittrice ne parla sempre con nobiltà d’espressioni e d’intenti, e con quel colorito sentimentale proprio della letteratura romantica d’allora. Il Romanticismo – abusata parola! – ebbe infatti nella Staël una delle più elette sacerdotesse. Fu detto che, se Chateaubriand è il padre del romanticismo, Madame De Staël ne è la madrina. Essa lo sostenne e lo annunziò come la letteratura dell’avvenire, dividendo sommariamente la repubblica delle lettere in due provincie: da un lato il classicismo che è l’antichità e l’imitazione dell’antichità; dall’altro, il romanticismo che è cristianesimo, medio-evo e ispirazione nordica. La letteratura – ha detto la Staël – deve diventare europea. E fu in gran parte suo merito se lo spirito francese, fino allora nazionale nel senso ristretto della parola, ampliò i suoi orizzonti, mirò dall’altro lato del Reno, si assimilò molti elementi delle varie letterature europee. Si è accusata la Staël di avere, nel suo volume sull’«Allemagne», ammirato ed esaltato troppo lo spirito tedesco. Ma (a parte che questo atteggiamento della scrittrice è dovuto alla sua fondamentale ostilità contro il Bonaparte macellatore ed oppressore di popoli) è bene tener presente che nei tedeschi d’allora la scrittrice ammirava, oltre al sentimento sanamente patriottico ed allo spirito di disciplina, il sentimento d’ospitalità di cui ebbe larga prova, e quelle tendenze idealistiche da cui sembrava dovesse germinare una nuova e più umana civiltà. Ahimè! se Madame De Staël tornasse oggi a rivivere, dovrebbe certo modificare o rinnegare molti suoi giudizi ottimistici...
Vogliamo dire che, non ostante il suo «cosmopolitismo» e la sua ammirazione per la civiltà nordica, Madame De Staël resta ancora e sempre una francese puro sangue, anzi una parigina, i cui scritti scintillano di spirito gaio e doloroso. Gaio e doloroso come l’amore, il quale (è un pensiero dominante nella nostra scrittrice) resta sempre un profondo ed impenetrabile mistero. Vita della vita nostra, beatitudine celeste lasciataci in retaggio da qualche angiolo scomparso, illusione dei sensi o chimera della immaginazione: nulla v’è, al mondo, di più inafferabile e, al tempo stesso, di più reale dell’amore. Per la donna, poi, l’amore rappresenta tutta la vita. Ma occorre afferrare l’attimo fuggente, trovare l’uomo ideale o, almeno l’uomo al cui destino poter legare tutta la propria esistenza. Quante donne riescono a questo felice risultato? Ahimè! ben poche... E la signora De Staël ha fatto, in questo campo, una dolorosa esperienza. Da ciò, una velatura di sconforto e di scetticismo nei suoi scritti, sempre però superata e vinta dalla speranza di giorni migliori per il genere umano. Oggi la natura e la società impongono gravi sacrifizî alla donna: essa deve acquistare l’abitudine di soffrire, lottare contro l’egoismo dell’uomo, affrontare, quando occorre, quella che si chiama la pubblica opinione; infine «trovare nell’oggetto dei sacrifici la fonte sempre viva dei godimenti del cuore e della ragione, e attraversare la vita appoggiati l’uno all’altro, amandosi e facendo il bene». Così gli insegnamenti che escono dall’opera di Madame De Staël conducono alla conclusione che soltanto la bontà deve – o dovrebbe – regnare nel mondo, e che la bontà soltanto può rendere felice l’uomo. L’amore, manifestazione suprema dell’anima, è durevole, efficace, completo, sol quando la simpatia personale e il trasporto dei sensi è cementato dall’intima unione dello spirito, dalla promessa di un nodo indissolubile ed eterno. Se la Staël non ebbe, al pari di Giorgio Sand, una più ampia visione della vita, sì da collegare il problema individuale alla soluzione, sopra basi di giustizia, del problema sociale, essa ebbe, al pari della sua grande sorella che la seguì nello scettro della letteratura femminile francese, la stessa sincerità d’intenzioni e di propositi, lo stesso spirito indagatore, lo stesso amore per la verità e per il bene; e, in fondo, la stessa fede in un avvenire migliore, nel quale l’amore sia davvero la luce ed il profumo del mondo....
a. s.