Elogio dell'amore/Elogio dell'amore

Elogio dell'Amore

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Anne Louise Germaine de Staël - Elogio dell'amore (XVIII secolo)
Traduzione dal francese di Arturo Salucci (1921)
Elogio dell'Amore
Prefazione Elogio della donna


È un grande mistero l’amore: è forse un bene celeste che un angelo ha lasciato sulla terra, forse una chimera della immaginazione, che essa persegue fino a che il cuore, ormai gelido, non appartenga più alla morte che alla vita.


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L’entusiasmo che l’amore c’ispira è come un nuovo principio di vita. Alcuni l’hanno ricevuto, ma esso è ignoto ad altri quanto l’esistenza avvenire di cui non vuoi occuparti. Noi sentiamo ciò che il volgo delle anime non può comprendere: speriamo dunque anche ciò che non ci si presenta ancora se non confusamente. I pensieri elevati son necessari all’amore quanto alla vita.


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L’amore nobilita l’anima, sviluppa lo spirito, perfeziona il carattere.


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Che sentimento l’amore! Quale altra vita nella vita! Nel cuore vi sono ricordi e pensieri così vivi di felicità che si gode di esistenze ogni volta che si respira.


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Non v’è nulla di reale al mondo fuorchè l’amore; tutto il resto scompare o cambia di forma e d’importanza, secondo la nostra disposizione; ma il sentimento non può essere ferito senza che la vita stessa sia intaccata.


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Che sorprendente mistero l’amore! che sentimento ammirabile o nullo! religioso come lo erano i martiri o più freddo della più semplice amicizia.

Quello che avvi di più involontario nel mondo vien egli dal cielo o dalle passioni terrestri? È d’uopo sottometterlo o combatterlo? Ah! quanti uragani si succedono nel profondo del cuore!


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L’amore dona ore sì dolci, diffonde un tale incanto su ogni istante, che, sebbene gli occorra un avvenire indefinito, s’inebbria del presente, e riceve un giorno come un secolo di felicità o di dolore, tanto questo giorno è colmo di una moltitudine di emozione e di idee!

Ah! non v’ha dubbio, è soltanto dall’amore che può venir compresa l’eternità: esso confonde tutte le nozioni del tempo, cancella le idee di principio e di fine; si crede di aver sempre amato l’oggetto che si ama, tanto riesce difficile di concepire che si sia potuto vivere senza di lui. Più la separazione è orribile, meno sembra verosimile; essa diviene, come la morte, un timore di cui si parla più che non vi si creda, un avvenire che sembra impossibile, anche quando lo si sa inevitabile.


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Quanto è insensato, diranno la maggior parte degli uomini, di morire per amore, come se non vi fossero mille altre maniere di vivere! L’entusiasmo di ogni cosa è ridicolo per chi non lo prova. La poesia, la devozione, l’amore, la religione, hanno la origine medesima; e vi son uomini agli occhi dei quali codesti sentimenti sono follia, Tutto è follia, se si vuole, fuorchè la cura della propria esistenza; d’altronde, ovunque può essere errore e illusione.


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Indubbiamente, nei misteri della nostra natura, amare, amare ancora, questo è quanto ci è rimasto del nostro celeste retaggio.


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Tutta la scienza della vita è racchiusa in un antico proverbio che le buone donne ripetono: Si jeunesse savait, et si vieillesse pouvait. Un grande mistero è contenuto in queste poche parole.


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L’amore non sarebbe la più pura, la più celeste delle affezioni del cuore, se fosse dato alla potenza della volontà di imitare il supremo suo fascino.


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Sovente i sentimenti leggeri hanno lunga durata, e niente li sferza perchè niente li rinsalda, essi seguono le circostanze; con queste si dileguano e ricompaiono; mentre invece le affezioni profonde s’infrangono irrimediabilmente, e non lasciano al loro posto che una dolorosa ferita.


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È forse nella natura di un amore profondo e vero, il temere un momento solenne, per quanto desiderato, e non cangiare se non tremando la speranza pur contro la felicità.


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Si ha tanta paura di ciò che si ama, una volta che la fiducia è perduta! Ah! l’oggetto di una affezione appassionata è, agli occhi nostri, o il protettore più sicuro, o il padrone più terribile.


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Le anime appassionate si tradiscono in mille maniere.


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L’amore che fa dimenticare ogni cosa, doveri, timori, giuramenti, l’amore medesimo, dona alla pietà una forza nuova.


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Si parla sovente delle pazzie che fa commettere l’amore; trovo più di sensibilità vera nella saggezza del cuore che ne’ suoi errori; ma tutta codesta saggezza consiste nel non amare, quando si è giovani, se non colui che vi sarà ugualmente caro in tutte le età della vita. Che dolce precetto di morale e di felicità! E la morale e la felicità sono inseparabili quando le combinazioni artificiali della società non intervengono a mescolar il loro veleno nella vita naturale.


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L’universo e i secoli si affannano a parlare d’amore; ma solo una volta, in non so quante migliaia di casi, due esseri si rispondono con tutte le facoltà dello spirito e dell’anima, non sono felici che insieme, non hanno anima se non quando si parlano; la natura non ha dato a ognun d’essi se non a metà, e il pensiero dell’uno non è terminato se non dal pensiero dall’altro.


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Non si può ammettere nè tolleranza nè partecipazione in un sentimento che non è sublime se non perchè, come la maternità e come la tenerezza filiale, è onnipossente.


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Che incanto la prima luce d’intelligenza con chi si ama! Innanzi che il ricordo si unisca colla speranza, innanzi che le parole abbiano espresso i sentimenti, innanzi che l’eloquenza abbia saputo dipingere quel che si prova, v’ha in quei primi istanti un non so che di vago, un non so quale mistero d’immaginazione, più passeggero che la felicità stessa, ma più celeste ancora di questa.


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Non credo che il cuore sia così fatto che o non sente amore, o prova la passione più invincibile. V’hanno spunti di sentimento che un esame più approfondito può dissipare. Ci si lusinga, ci si disinganna, e lo stesso entusiasmo di cui si è suscettibili, se rende più rapida l’esaltazione, può anche far che ci s’intiepidisca più presto.


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Si confida a coloro che si amano ciò che v’è di più delicato nella felicità.


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L’amore non cancella mai il carattere.


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Un uomo di carattere freddo si fa amare facilmente da un’anima appassionata; egli cattiva e mantiene l’interesse facendosi supporre un segreto al di là di ciò ch’egli esprime, e quel che manca al suo abbandono può, momentaneamente almeno, eccitare maggiormente l’inquietudine e la sensibilità d’una donna; le unioni così fatte non sono forse le più felici e le più durature, ma esse maggiormente agitano il cuore tanto debole da abbandonarvisi.


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Il Turco che rinchiude la donna sua, le prova almeno, con questo, ch’ella è necessaria alla sua felicità. L’uomo dalle buone fortune, come ce ne ha fornito tanti esempi il secolo scorso, sceglie le donne per vittime della sua vanità: e codesta vanità non consiste soltanto nel sedurle, ma nell’abbandonarle. Appena egli possa dire, con parole leggere e inattacabili in sè stesse, che la tal donna l’ha amato, egli non se ne cura più.


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Il mio amor proprio mi grida: fatela morire di dolore, diceva un amico del barone di Bezenval, e questo amico gli parve degno di compianto quando una morte prematura gl’impedì di attuare un così bel disegno.

Ci si stanca di tutto, angelo mio, scrive De Laclos in un romanzo che fa fremere pei raffinamenti d’immortalità che contiene.


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Perchè mai il pensiero della morte si mesce con una specie d’incanto ai trasporti dell’amore? Codesti trasporti vi fanno essi toccare ai limiti dell’esistenza? Si provano in noi stessi emozioni più forti degli organi dell’umana natura, emozioni che fanno desiderare all’anima di spezzare tutti i vincoli per unirsi, per confondersi ancor più intimamente all’oggetto che ella ama?