Elogio dell'amore/Elogio della donna
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Traduzione dal francese di Arturo Salucci (1921)
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La natura e la società donano alle donne una grande abitudine di soffrire, e non si può negare che, ai giorni nostri, esse valgono generalmente più degli uomini.
In tempi in cui l’egoismo è una malattia universale, gli uomini, cui tutti gl’interessi positivi si riferiscono, hanno necessariamente meno generosità e meno sensibilità delle donne. Esse non tengono alla vita che pei legami del cuore, e, anche quando si perdono, è il sentimento che le ha trascinate: la loro personalità è sempre a due, mentre quella dell’uomo non ha per iscopo che sè stesso. Si rende loro omaggio cogli affetti che ispirano; ma quelli che esse concedono sono quasi sempre sacrifici.
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La più bella delle virtù, la devozione, è la loro gioia e il loro destino: non può esistere felicità per esse se non per il riflesso della gloria e della prosperità di un altro. Infine, il viver fuor di se stesso, sia colle idee, sia coi sentimenti, sia sopratutto colla virtù, dà all’anima un senso abituale di elevazione.
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Le donne cercano di presentarsi come un romanzo e gli uomini come una storia; ma si è ancora assai lontani dal penetrare nelle più intime relazioni del cuore umano.
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La natura ha voluto che tutti i doni delle donne fossero destinati alla felicità degli altri, e di poco uso per loro stesse.
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La storia di tutte le donne si rassomiglia.
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In quante maniere la sorte delle donne dipende dagli uomini!
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La virtù delle donne, fatta qualche eccezione, dipende sempre dalla condotta degli uomini. La pretesa leggerezza delle donne deriva dal fatto che esse hanno paura di venire abbandonate: si precipitano nell’abbiezione per paura dell’oltraggio.
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Anche gli uomini che più si sono liberati dalle verità considerate come pregiudizî nella lingua odierna vogliono che le donne loro non si sciolgano da vincolo alcuno; sono contenti che esse siano devote, e si credono sicuri così che esse rispetteranno e i loro doveri e sino alle minime gradazioni dei loro doveri.
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Potrebbe darsi che perfino le superstizioni convenissero al destino delle donne; codesti esseri malfermi hanno bisogno di parecchi generi di appoggio, e l’amore è una specie di credulità che si lega forse con tutte le altre.
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V’ha nel cuore di una donna tanta timidezza, unita all’impetuosità dei sentimenti, che un nulla può trattenerla, come un nulla travolgerla.
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Quanto è infelice la donna delicata e semplice che commette una grande imprudenza, che la commette per un oggetto da cui si crede meno amata, e non avendo che sè stessa per sostegno di ciò ch’ella fa!
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Le donne hanno forse torto di comandare in nome delle lagrime e così asservire la forza alla lor debolezza; ma quando esse non rifuggono da codesto mezzo, quasi sempre esso riesce. Non v’ha dubbio, il sentimento si attenua, per l’impero stesso che si usurpa sovra di lui e la potenza delle lagrime, troppo facilmente sovr’essi versate, agghiaccia l’immaginazione.
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Non si deve perdonare al cuore delle donne i rammarichi strazianti dei giorni in cui erano amate, in cui la esistenza loro era così necessaria alla vita di un altro, quando, ad ogni istante elleno sentivansi sostenute e protette? Quale isolamento deve succedere a quei tempi di delizie, e quanto felici son quelle che il vincolo sacro del matrimonio ha condotto dolcemente dall’amore all’amicizia, senza che un momento crudele abbia lacerato la vita loro.
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Per una donna è un grande rischio quello di affrontare la pubblica opinione; per osarlo, bisogna sentirsi, secondo il paragone del poeta, un triplice bronzo intorno al cuore, rendersi inaccessibile ai dardi della calunnia e concentrare in sè stessa tutto il calore del sentimento; bisogna avere la forza di rinunciare al mondo, possedere i mezzi che permettono di farne a meno, e, con tutto ciò, non essere dotati di uno spirito, e di una bellezza rari che farebbero rimpiangere il successo per sempre perduto; infine, bisogna trovare nell’oggetto dei nostri sacrifici la fonte sempre viva dei godimenti variati del cuore e della ragione e traversare la vita appoggiati l’uno all’altro, amandosi e facendo il bene.
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Quando si osserva la società, è agevole di vedere che gli uomini hanno poco bisogno delle donne; tanti interessi diversi animano la vita loro; ma non sono di troppo le più tenere grazie per garantire più viva la durata di una unione; è d’uopo che i principi e le doti di fedeltà preservino lo spirito dall’abbandonarsi a una nuova affezione, arrestino i capricci dell’immaginazione e garantiscano il cuore lungamente prima della lotta, poichè se vi ha lotta, il trionfo stesso non sarebbe più felicità.
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Lo spirito è quel che distingue eminentemente le donne citate per la loro ragione.
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Le donne, mio Dio! le donne! che triste destino il loro! a metà della loro vita non restano loro che giorni grigi, che impallidiscono di anno in anno; giorni monotoni come la vita materiale, dolorosi come l’esistenza morale.
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La più grande sventura delle donne è di non contare nella loro vita che la gioventù.
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Non so per quale bizzaria crudele si teme sempre di essere più amata dall’uomo che non si ama che da colui che si preferisce.
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Nella fortuna di un uomo presso una donna v’è sempre qualcosa che piace perfino ai migliori amici di quest’uomo.
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Bisogna condurre con saggezza la felicità del sentimento come qualunque altra felicità; e per conservare più lungamente che sia possibile il piacere sempre pericoloso di essere adorato, la ragione stessa è ancora necessaria.
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Vi ha, per tutti, il modo di conquistare i più diversi caratteri del mondo, e le donne devono trovarlo, se vogliono vivere in pace sulla terra, dove la sorte loro è interamente alla dipendenza degli uomini.
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Come può una donna essere fortemente dominata da interessi che non si allaccino alle affezioni del cuore o in qualche modo non riconducano ad esse?
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Un uomo, per quanto distinto, non gode mai completamente della superiorità di una donna; s’egli l’ama, il cuor suo, se ne inquieta; se non l’ama, il suo amor proprio se ne offende.
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Le doti naturali bastano per essere onesti quando si è felici; ma quando il caso e la società vi condannano a lottare contro il vostro cuore, ci vogliono dei principi ponderati per difendersi contro sè stessi; e i caratteri più amabili nelle relazioni abituali della vita sono anche i più esposti quando la virtù si trova in lotta colla sensibilità.
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La sorte d’una donna è finita quando essa non ha sposato colui che ama; la società non ha lasciato che una speranza nel destino di una donna. Quando il numero è estratto, e si è perduto, non v’è altro a dire: si tentano vani sforzi e sovente si degrada perfino il proprio carattere, illudendosi di rimediare a una sventura irreparabile; ma codesta inutile lotta contro la sorte non fa che turbare i giorni della giovinezza e spogliare gli anni estremi di quei ricordi di virtù che son l’unica gloria della vecchiaia e della tomba.
Che cosa si deve fare adunque quando una causa, ignota o meritata, vi ha tolto il bene supremo, l’amore nel matrimonio? che cosa si deve fare quando siete condannati a non conoscerlo mai? Estinguere i propri sentimenti, inaridirsi, come tanti esseri che dicono di trovarsene bene, soffocare quegli slanci dell’anima che invocano la felicità e si spezzano contro la necessità!
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Molti hanno nobilitato cogli allori le imperfezioni della natura; ma le donne non traggono esistenza se non dall’amore; la storia della vita loro comincia e finisce coll’amore; e in qual guisa potrebbero elleno ispirare codesto sentimento, senza qualche attrattiva che possa tornar gradevole agli occhi?
A questo riguardo la società rafforza la intenzione della natura, in luogo di modificarne le conseguenze; essa respinge dal proprio seno la sfortunata donna che non deve incoronare l’amore e la maternità. Quanto pene roditrici non dev’ella soffrire nel segreto del cuor suo!
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Le donne tutte hanno entusiasmo per il valore; codesta qualità, che non si suppone possa mancare in un uomo, però non basta per assicurare la loro considerazione, se non va mista a un carattere che incuta rispetto. Non basta una bravura intrepida per ottenere il grado di stima e di rispetto di cui ha d’uopo un’anima fiera; non è questione di vita o di morte nelle quotidiane circostanze di cui è composto l’insieme della sua considerazione; ma quando si ha nella propria condotta abituale una conveniente dignità, degli scrupolosi riguardi per tutte le opinioni delicate, per tutti i pregiudizi anche dell’onore, il pubblico non si permette il menomo biasimo, e si conserva intatta quella buona reputazione che costituisce veramente l’esistenza d’un uomo, dandogli il diritto di punire mediante il suo disprezzo o ricompensare mediante il suo suffragio.
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L’amor proprio esercita necessariamente molta influenza sulla felicità delle donne: siccome esse non hanno affari, non hanno occupazioni forzate, fissano l’attenzione loro su ciò che le concerne, e sminuzzano, per così dire, la vita, che val meglio ancora presa nel suo complesso che esaminata in ciò che giornalmente la costituisce.