Elogio catodico del quotidiano/Conclusioni
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“Anche Nobel aveva inventato la dinamite per aiutare gli operai” mi disse con una profonda amarezza il fondatore di Telebiella Peppo Sacchi sottolineando il fatto di essersi pentito di aver dato avvio al fenomeno dell’emittenza televisiva libera.
Purtroppo la coraggiosa lotta al monopolio Rai, incentrata sul principio del pluralismo, ha invece generato paradossalmente l’attuale situazione televisiva. Lo stesso Eco [1983, 176] già nel 1983 a proposito scriveva “E questo avviene in modo eminente con l’arrivo delle emittenti private, salutate all’origine come garanzia di un’informazione più vasta, e finalmente “plurale”.
“Ho tracciato un viottolo percorso come un’autostrada da altri…” dichiarò Sacchi all’Eco di Biella, arrivando addirittura a dichiarare al quotidiano La Stampa “Sono il padre di un mostro e sono pieno di rimorsi. Ma se non lo avessi fatto io qualcun altro l’avrebbe fatto.”
La battaglia di libertà condotta dai “Tupackamaroz del video” di Telebiella è stata basata proprio sul pluralismo dell’informazione, concetto che è stato alla base delle sentenze della corte costituzionale che hanno abbattuto il monopolio Rai. In realtà questa dimensione di “libertà d’antenna”, di innovazione dei linguaggi televisivi, di sperimentalismo creativo si è poi via persa quasi subito. Più ancora che scelte ideologiche in realtà motivi di economicità spinsero alcune emittenti locali a ricorrere alla trasmissione continua di telefilm registrati, di televendite, di film per adulti in orario notturno. Le emittenti che avevano puntato tutto sulla dimensione dell’informazione e sull’innovazione dei linguaggi hanno dovuto soccombere. Non è un caso che le stazioni televisive che abbiano dato origine al fenomeno, in primis Telebiella e Antenna3 Lombardia, siano entrambe finite in fallimento, cambiando proprietà e perdendo inesorabilmente il loro spirito iniziale. In particolare dopo un grande successo conseguito in un primo tempo si è rilevato insostenibile economicamente il modello proposto da Antenna3 che basava il proprio palinsesto sull’auto-produzione di lunghe trasmissioni-happening in diretta ogni giorno della durata record anche di quattro ore, molto gradite dal pubblico che veniva continuamente coinvolto.
Il quadro legislativo e normativo non ben definito all’epoca ha di fatto creato i presupposti per la creazione della confusa situazione del “Far West della tv”, con la nascita in pochissimo tempo del numero record di ben 1500 emittenti. Già alla fine degli anni ’70 alcune emittenti locali più spregiudicate di altre cercarono di forzare la mano su questa attenzione alla dimensione del quotidiano, proponendo ad esempio spogliarelli di casalinghe in diretta in orario notturno.
In questa tesi ho voluto sottolineare come l’attenzione che queste emittenti prestarono alla dimensione delle piccole storie del quotidiano abbia poi creato una rivoluzione copernicana nell’intero settore televisivo, Rai inclusa. Si è venuta a creare una situazione paradossale per cui gli elementi di innovazione introdotti dalle emittenti televisive libere degli anni ’70 siano stati alla base di trasmissioni in onda sulla tv nazionale come Portobello, mentre negli stessi anni via via le televisioni locali perdevano la loro dimensione creativa, diventando un mero continuum di televendite, aste, trasmissioni di cartomanzia ecc. Un chiaro indicatore del tradimento dello spirito originario fu il fatto che all’iniziale denominazione di “Tv libere” fu sostituita poi la definizione di “Tv commerciali” e solo dopo di “Tv Locali”. Anche la stessa assenza di un quadro normativo che ha relegato alcune iniziative come quella di Antenna 3 all’ambito locale ha senza dubbio creato uno svantaggio per le tv locali che non potevano più sostenere costi elevati di produzione dei programmi o riuscire a invitare artisti noti. In particolare Antenna 3 che non riuscì a compiere il balzo verso la creazione di un circuito nazionale, si ritrovò ad avere strutture sovradimensionate per un ambito locale quale un centro di produzione televisiva di 8.600 metri quadri, in grado di trasmettere 5 programmi contemporaneamente e una piccola orchestrina dal vivo sempre a disposizione.
Viceversa si ebbero casi di successo da un punto di vista commerciale di emittenti che spesso non avevano nemmeno quasi studi televisivi, ma che sulla loro frequenza trasmettevano serial stranieri tradotti, o mettevano a disposizione il loro palinsesto di inserzionisti per la trasmissione di televendite di astrologia o in orario notturno di film per adulti. La legge Mammì del 1990, che fu la prima normativa in materia dopo ben 14 anni dalla sentenza 202/76 della Corte Costituzionale, si preoccupò appositamente di inserire l’obbligo per le emittenti di trasmettere quotidianamente un telegiornale, proprio per cercare di salvaguardare il ruolo dell’informazione. Tuttavia non fu inserito alcun obbligo di produrre un quantitativo minimo di ore di spettacolo.
Per quanto riguarda la dimensione del quotidiano e della partecipazione del pubblico ai programmi televisivi, non si può non rilevare che le emittenti nazionali di questi ultimi anni ne hanno forse addirittura fatto un uso eccessivo, con un ampio ricorso ai reality show, che con la loro ostensione degli aspetti più intimi della quotidianità, quali ad esempio le telecamere in bagno, appaiono chiaramente una degenerazione non voluta degli intenti iniziali.
Con profonda amarezza Peppo Sacchi nel 2007 all’Eco di Biella ha dichiarato:
Sacchi: «Lo spirito originale di Telebiella è stato tradito, poi c'è stata una grave mancanza di legislazione, poi una legislazione eterodiretta che ha favorito i grandi network».
Intervistatore: «Perché tradito?»
S:«Ma la guarda la televisione? Se vedi il tiggì non sai più se è un film o se il film è un tiggì. E poi è quasi tutto solo un fatto commerciale che subdolamente si insinua nelle menti».
Ironia della sorte l’Unione industriali di Biella ha organizzato le celebrazioni per i 35 anni dell’emittente nell’ambito del convegno “Televisione e impresa” che ha visto come guest star l’industriale Giovanni Rana, protagonista in prima persona degli spot della sua azienda di tortellini. Sacchi dopo avermi comunicato più il giorno stesso dell’evento di voler rifiutare l’invito a partecipare proprio per via della possibile confusione che poteva generare il celebrare assieme la storia di Telebiella e la storia della televisione commerciale è salito sul palco dicendo:
Quando mi hanno detto che venivo qui, io ho avuto dei dubbi, ma qui è un altro film, da questo momento in avanti è la storia di un’illusione che ha portato a delle situazioni spiacevoli per quanto riguarda la cultura, certe volte anche l’intelligenza e la moralità della gente. Questa partecipazione del film precedente (la storia della tv commerciale n.d.r.) non c’entra nulla con il nostro film che è questo” - aggiunge Sacchi - “Invece poi mi sono accorto che c'entra molto. Ha fatto molto bene l’unione industriali a collegare i due mondi,(il titolo del convegno è Televisione e Impresa n.d.r.) cioè l’industria e l’illusione della televisione libera in Italia, perché proprio grazie all’Industria, Per non parlare di Giovanni Rana, chiunque abbia contribuito a portare un apporto economico alle varie televisioni, in fondo ha contribuito alla crescita culturale dei cittadini italiani. Se non c’erano, non ci fossero o non ci saranno questi contribuenti economici ad alimentare le televisioni, noi non potremmo vedere il Grande Fratello, certi film, tutte quelle trasmissioni che qualcuno con un po’ di malizia ha definito trasmissioni pattume, tv spazzatura. Eco [1983, 178] a questo proposito osservava “ Con la Paleo Tv c’era poca roba da vere, e prima di mezzanotte, tutti a letto. La neotv ha decine di canali, e sino a tarda notte. […] che meraviglia, si possono ora spendere quarantotto ore al giorno davanti al teleschermo, e in tal modo non si dovrà più venire a contatto con quella finzione remota che è il mondo esterno”. Con un vero “coup de théâtre” Sacchi ha concluso rilevando il carattere sarcastico dell’intero intervento, motivandolo con il fatto che la televisione attuale con il suo eccesso di presenza della quotidianità arriva quasi al punto da fornire al telespettatore un simulacro concreto della vita quotidiana reale, e riferendosi chiaramente ai reality show e ai talent ha aggiunto
Non è vero, aumentano il sapere della gente, la sensibilità. La gente non deve più stare a leggere dei libri, non più parlare con gli amici, non deve più andare all’osteria. Ben venga questo genere di trasmissioni…