VII
SEGUE.

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VI VIII
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Tra i fiori Anacreonte
     A mensa giubilava,
     E, sereno la fronte,
     Anche il fato sfidava.

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Alceo, levato il brando
     Contro l’empio tiranno,
     Fra le tazze, cantando,
     Obliava l’affanno.
Luce degli intelletti,
     Dei sofi disputanti
     Udian le scuole i detti
     E de’ poeti i canti.
Pugnava il giovinetto
     Nel palestrico agone,
     Apparecchiando il petto
     Alla crudel tenzone.
Di giovani ridenti
     Fra le danze giulive,
     Amore i cori ardenti
     Fea con frecce furtive.
Non arrossia donzella
     Delle sue brame care,
     Perchè Ciprigna bella
     Comandava d’amare.
L’etèra, dolce il viso,
     Con le labbra eloquenti
     E col leggiadro viso
     Vinceva cori e menti.
Rapito in dolce ebbrezza
     Pericle contemplava
     D’Aspasia la bellezza,
     E il saper n’ammirava.

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Arrideva la vita
     Ne’ suoi confini brevi,
     Lungi dall’abborrita
     Stanza delle ombre lievi,
Chè l’universo mondo
     Dato era all’uomo a gioia,
     Perch’ei fosse giocondo
     Senza tormento o noia.
Orfeo la sposa bella
     Rïebbe all’Orco, e poi
     Pianse, allorchè di quella
     Privo tornò fra noi,
Gemendo la perduta
     Giovinetta sua sposa
     Di nuovo, oh! duol, caduta
     Nell’ombra paurosa.
O Ellenia, a te s’apria
     Bella Natura e intera,
     Tutta luce e armonia.
     Nè in te fu gente austera,
Che annebbia l’ideale
     Gentil di nostra vita,
     Troppo presto al mortale
     Dal suo fato rapita!