El libro dell'amore/Oratione II/Capitolo III

Oratione II - Capitolo III

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Come la bellezza è splendore della bontà divina, e come Idio è centro di quattro cerchi.

E non sanza proposito gli antichi teologi posono la bontà nel centro, e nel cerchio la bellezza: dico certamente la bontà in uno centro e in quattro cerchi la bellezza. Lo unico centro di tutte le cose è Iddio, e’ quattro cerchi che intorno a Dio continuamente si rivolgono sono la mente, l’anima, la natura e la materia. La mente angelica è cerchio stabile; l’anima per sé mobile; la natura in altri, ma non per altri, si muove; la materia non solo in altri, ma ancora da altri è mossa. Ma perché noi Idio chiamiamo centro e quegli altri quattro perché cerchi dichiarereno. El centro è uno punto del cerchio stabile e indivisibile, donde molte linee divisibile e mobile vanno alla loro simile circonferenza. La quale circonferenza, che è divisibile, non altrimenti si volge intorno al centro che uno corporal tondo in uno ganghero si faccia. E tale è la natura del centro che, benché sia uno, indivisibile e stabile, niente di meno in ogni parte di molte, anzi di tutte, le mobili e divisibili linee si truova, però che in ogni parte di ciascuna linea è el punto. Ma perché nessuna cosa dal suo dissimile può essere tocca, le linee che vanno dalla circonferenza insino al centro non possono questo tale punto toccare se non con uno loro punto medesimamente semplice, unico e immobile. Chi negherà Iddio di tutte le cose essere meritamente chiamato el centro, considerando che sia in tutte le cose al tutto unico, semplice e immobile, e tutte le cose che sono producte da·Llui sieno multiplici, composte e in qualche modo mobili, e come elle escono da Lui, così ancora a similitudine di linee o di circunferentie in Lui ritornano? In tal modo la mente, l’anima, la natura e la materia che da Dio procedono in quel medesimo s’ingegnano di ritornare, e da ciascuna parte con ogni diligentia quello attorniano. E come el centro in ogni parte di linea e in tutto el cerchio si trova, e tutte le linee per loro punto toccano el punto che è nel mezzo del cerchio, similmente Iddio che è centro di tutte le cose, el quale è unità semplicissima e atto purissimo, sé medesimo in tutte le cose mette, non solamente per cagione che Egli è a tutte le cose presente, ma ancora perché a tutte le cose create da·Llui ha dato qualche intrinseca parte e potenza semplicissima e prestantissima, che l’unità delle cose si chiama, dalla quale e alla quale come dal centro e al centro, tutte l’altre potentie e parti di ciascuna cosa dependono. E certamente bisogna che le cose create innanzi a questo loro proprio centro e a questa loro propria unità si racolghino, che al loro creatore s’accostino, acciò che per loro proprio centro al centro di tutte le cose s’accostino. La mente angelica prima nella sua supereminenza e nel suo capo si lieva ch’ella salga a·Ddio, e similmente l’anima e l’altre cose fanno. El cerchio del mondo che noi veggiamo è imagine di quegli che non si veggono, cioè della mente e dell’anima e della natura; imperò che e corpi sono ombre e vestigie dell’anima e delle menti. L’ombre e’ vestigii la figura di quella cosa rappresentano, della quale e’ sono vestigi e ombre; il perché quelle quattro cose meritamente sono quattro cerchi chiamate. Ma la mente è tondo immobile perché la sua operatione come la sua substantia sempre è quella medesima, imperò che sempre a uno medesimo modo intende e medesime cose vuole. E possiamo qualche volta la mente per una sola cagione mobile chiamare, perché sì come tutte l’altre cose da Dio procede e in Lui medesimo per ritornare si volge. L’anima del mondo e qualunque altra anima è mobile cerchio, perché per sua natura non sanza discorso cognosce, né sanza spatio di tempo adopera; e el discorso da una cosa in altra e la temporale operatione sanza dubio moto si chiama. E se alcuna stabilità è nella cognitione dell’anima, più tosto è per beneficio della mente che per natura dell’anima. Ancora la natura mobile cerchio si dice. Quando noi diciamo anima, secondo l’uso degl’antichi theologi, intendiamo la potentia che è nella ragione e nel senso dell’anima posta; quando diciamo natura, la forza dell’anima apta a generare s’intende. Quella virtù in noi propriamente chiamarono lo huomo, quest’altra dello huomo idolo e ombra. Questa virtù del generare mobile certamente si dice, perché con ispatio di tempo finisce l’opera sua. E in questo da quella proprietà dell’anima è differente, che l’anima per sé e in sé si muove: per sé dico perché ell’è principio di moto, in sé ancora perché in essa substanza dell’anima rimane l’operatione della ragione e del senso, e di questi non resulta nel corpo necessariamente opera alcuna. Ma quella potenza del generare la quale chiamiamo natura per sé si muove, essendo ella una certa potentia dell’anima, la quale anima si muove per sé. Dicesi ancora che si muove in altri, perché ogni operatione sua nel corpo si termina nutricando, aumentando e generando el corpo.

Ma la materia corporale è cerchio che si muove da altri e in altri: da altri dico perché è dall’anima agitato, in altri dico perché si muove in spatio di luogo. Già adunque possiamo apertamente intendere per qual cagione gli antichi theolagi la bontà nel centro, e la bellezza nel cerchio ponghino. La bontà di tutte le cose è uno Idio pe ’l quale tutte sono buone, la bellezza è el razzo di Dio infuso in que’ quattro cerchi che intorno a Dio si rivolgono. Questo razzo dipigne in questi quattro cerchi tutte le spetie di tutte le cose, e noi chiamiamo quelle spetie nella mente angelica idee, nell’anima ragioni, nella natura semi, nella materia forme. Il perché in quattro cerchi quattro splendori appariscono: lo splendore delle idee nel primo; lo splendore delle ragioni nel secondo; lo splendore de’ semi nel terzo; lo splendore delle forme nell’ultimo.