Egloghe (Chiabrera 1608)/III
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III.
Menalca, Logisto.
Serpeggia il ruscelletto, ove fiorite
3Son le rive di Menta, e di Serpillo;
Ove con torto piè sorge la vite
Sul bianco Pioppo; ove la vista è lieta
6Per le belle viole impalidite.
Canta Logisto, e la mia mente acqueta;
Vento non freme, abbaiator mastino,
9Che tu deggia cantare, ecco non vieta;
Log. Me lo vieta Menalca aspro destino;
Per cui traffitto duramente à torto
12Io sono al disperar quasi vicino;
Che mentre mi fingea maggior conforto,
E di maggior speranza era fornito
15Venne Dameta, e disse ahi Tirsi è morto;
Caddemi il cor, tosto, ch'io l'hebbi udito;
Povera, et infelice mia capanna
18Gran saetta da ciel ben t'ha ferito;
Men. A che l'anima tua tanto s'affanna
Per la morte d'un huom? non è dovuto,
21Che Natura a morir tutti condanna.
Io bella gabbia ho di mia man tessuto
Nel freddo verno a trappassar le sere,
24Quando il velloso armento è ben pasciuto;
Come un forte castel quadra à vedere,
E sorgono ciascuna in ogni canto
27Di liscia canna quattro torri altere;
Quivi un Merlo è prigion, che negro il manto
De le sue piume, e tutto il becco ha giallo,
30E togli in aria ad ogni augello il vanto;
Ei scendea ad un’onda di cristallo,
Et io sotto l’erbetta un laccio tesi
33Al suo volare, e si nol tesi in fallo,
Dal primo di, che l’infelice io presi
Ad insegnarli faticai l’ingegno,
36Et ha fin’hora mille modi appresi;
Si fatto don del tuo valore in segno
Vuò che mostri à bifolci, et aratori
39S’hoggi de canti tuoi mi farai degno;
Log. Menalca lascia me co miei dolori;
Hoggi le voci mie non son più quelle;
42Ma tu soverchio la mia cetra honori;
Hor sù non molto indulgeran le stelle;
Ch’omai l’ombre lunghissime si fanno,
45Andianne à la capanna, ò pecorelle;
Tirsi, le gregge mie ben poseranno
Fin che del chiaro Sole il mondo è privo;
48Ma per te non mi lascia unqua l’affanno;
Partiti Fosca da quel piè d’ulivo;
Guata se l’ostinata hoggi m’ascolta;
51Ve; mal per te, se costa suso arrivo;
Menalca à rivederci un’altra volta.