Edgar Poe/Parte prima
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Com’è inzuccherato e salutifero il precetto: La virtù sta nel mezzo! Deve aver nitrito di letizia, puledro su verde praticello, colui che, per il primo, divinò questo rimedio per ogni cruccio, questo succoso impiastro per ogni ferita! Poichè la virtù sta nel mezzo, solo chi rimanga nel mezzo è virtuoso. Magnifico assioma, che libera l’infinito stuolo dei mediocri dalle melanconie dei desiderii vani e dai rodimenti della bile. E non importa che l’umanità, così livellata, diventi grigia moltitudine di formiche in attesa del colpo di scopa della morte e del capitombolo negli abissi del nulla. Non importa che il nostro globo sia qualcosa più di un formicaio appunto perchè, di tempo in tempo, dalle sue viscere nascon creature destinate a sbeffeggiare l’assioma e a mostrare l’inganno della panacea. Di secolo in secolo, la formuletta consolatrice è impiastro alle ferite di una mediocrità tormentata da desiderii inutili e da travasi di bile. E di secolo in secolo, nelle case virtuose, una teca, poggiata sovra un altarino, le serve di scrigno: e fiori di carta la fiancheggiano e ceri accesi le offron tributo di devozione e di fumo.
È così dolce e semplice e facile, la virtù! È così dolce guardare, dal fresco propileo, quell’insolente chiacchierone di Socrate, che s’avvia sereno verso il tribunale e la condanna! È così semplice togliere un pane dalla ricca mensa e porgerlo, condito di sogghigni, all’iroso cipiglio di Dante! È così facile, sorbendo una tazza di camomilla in crocchio di persone morigerate, commentare, fra lazzi e risa, i torbidi amori di Baudelaire, i passi malcerti di Verlaine!
O cara placida virtù, che procedi, avvolta entro un verecondo sudario, verso il sudario definitivo! Lenta cammini, con i piedi ben caldi nelle pantofole imbottite: e ignori gli squassi di chi senta la vita troppo angusta per gli ampii voli dell’immaginazione; e non temi i pericoli, cui muove incontro chi non vada adagio, come fai tu, ma corra e si scagli. Eppure, a volte, qualcosa di simile a un desiderio ti punge gli stinchi pigri e un barlume di pena ti guizza nel cerebro nebbioso e una specie di rimpianto ti gonfia il minuscolo cuore. Non vergognartene, o virtù, poichè questi sono i segni di un destino, al quale tu hai rinunciato per fiacchezza o paura. E i tuoi stinchi e il cuore e il cervello sanno che, nonostante la formuletta, solo all’uomo, fra tutte le creature terrestri, è dato di non morire: ma all’uomo che, spregiando le tue panacee, si avventi, col corpo e con l’anima, verso i rischi e le glorie di una vita eccessiva.
La tua, o virtù, è una fatica di Sisifo. Invano, di secolo in secolo, porgi la tazza della cicuta o il pane dell’elemosina o il dileggio della stoltezza. L’umanità continua a sussistere per gli uomini, che tu hai uccisi col veleno o col sarcasmo. L’umanità non sei tu: è Socrate, è Dante, è Baudelaire. E tu, puritana mediocrità assillata dagli scrupoli e dai timori, sei soltanto la penna, che scrive quei nomi sulle pagine della storia. Rimani, dunque, alla tua comoda finestra, o virtù. E se udrai salir dalla strada la rauca voce di De Musset ebro o vedrai passare Oscar Wilde a braccetto di lord Alfredo Douglas, ridi, ridi forte, ridi liberamente. Così, acqueterai l’uggia, che in fondo in fondo tu provi, di non poter distillare, dalle vinacce delle tue cantine, una Confessione di un figlio del secolo o di non poter raccogliere, dal fango dei tuoi vizi mediocri, una Ballata della prigione di Reading.
Ma tu continui, imperturbabile, a falciar tragiche vittime e a piangere, ipocritamente, sovra le tombe, scavate dalle tue stesse mani. Non pietà nè scrupoli ti trattengono: e il tuo volto terreo che, sovra la fronte sfuggente, mostra impresso l’assioma "La virtù sta nel mezzo", non conosce la porpora della vergogna. E, tuttavia, tu impallidisci se qualcuno, drizzandosi davanti a te e sfidando la tua maligna acredine e il tuo cupo livore, legga i grandi atti di accusa della storia e ti rammenti con voce commossa la nobiltà delle tue vittime e le miserie della loro esistenza.
La nobiltà e le miserie di un Edgar Poe, per esempio.