Economia collaborativa: origine ed evoluzione dell'approccio wiki e sua adozione nelle imprese/L'economia collaborativa/La condivisione sterile e la condivisione fertile
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Assodato che le nuove tecnologie facilitano il trasferimento e l’elaborazione della conoscenza tra i soggetti, va evidenziato che la condivisione non è di per sé condizione sufficiente per la creazione di valore per le imprese. Affinché la conoscenza condivisa si possa tramutare in vantaggio competitivo devono verificarsi tre condizioni: essa deve poter essere raccolta in modo economicamente efficiente; le imprese devono fare propri i valori di apertura e di libera diffusione della conoscenza; tali valori devono essere coerenti con i valori e le strategie adottati dalle imprese.
A questo proposito consideriamo gli esempi presentati in precedenza (v. par. 3.5) relativi al blogging ed al crowdsourcing per evidenziare come due fenomeni che rientrano a pieno titolo nella corrente del Web 2.0 rappresentino modalità profondamente diverse di condivisione di conoscenza.
Il costante tasso di crescita del numero di blog pubblicati sul Web (Figura 4.2) è la misura della enorme quantità di informazioni veicolate da questo strumento. Ogni giorno vengono creati oltre 120 mila1 nuovi blog su cui altrettanti soggetti mettono in condivisione con il mondo i propri pensieri e le proprie considerazioni. Gli argomenti trattati sono quanto mai eterogenei spaziando su ogni aspetto dello scibile umano. Originando principalmente dal bisogno edonistico delle persone di esprimere le proprie idee indifferentemente dal fatto di essere letti da qualcuno (“bloggo ergo sum”, trasponendo il motto di cartesiana memoria), il blogging rappresenta un modello di “condivisione sterile” ed autoreferenziale. Salvo i casi in cui lo strumento è utilizzato in ambiti specifici e per loro stessa natura collaborativi (ad esempio per la pubblicazione di ricerche scientifiche per le quali sono richieste la critica e la rielaborazione dei risultati presentati), la conoscenza generata è sì condivisa ma non è facilmente trasmissibile tra i soggetti in modo efficiente.
È indubbio che in tale massa di conoscenza condivisa vi siano informazioni utili per le imprese. Feedback sui prodotti e sulle strategie adottate, suggerimenti per migliorare i servizi, soluzioni innovative a problemi irrisolti rappresentano un valore che, per manifestarsi concretamente, deve essere prima di tutto riconosciuto e successivamente riportato all’interno dell’impresa. Tale processo di ricerca, di “scrematura” e di ritorno all’impresa comporta, però, il sostenimento di elevati costi a fronte di una non certa qualità delle informazioni ricavate.
All’opposto possiamo avere una “condivisione fertile” e generatrice, che porta ad una reale creazione di valore grazie ad un interscambio di conoscenza (“if you have an idea and I have an idea and we exchange these ideas, then each of us will have two ideas”, riprendendo l’abusata massima attribuita a George Bernard Shaw). È questo il caso del crowdsourcing attraverso il quale le imprese possono raccogliere in modo estremamente efficiente quanto di innovativo ed utile viene messo a disposizione dai lead user. Nel momento in cui una impresa si rivolge a specifici gruppi di innovatori per la gestione di determinate attività, essa avvia un percorso di condivisione di conoscenza caratterizzato da due elementi: l’apertura e la diffusione delle informazioni. Grazie all’apertura rende i suoi confini permeabili e ricettivi nei confronti dell’ambiente; attraverso la diffusione delle informazioni consente il trasferimento della conoscenza interna all’impresa verso l’esterno avviando in questo modo il processo.
Note
- ↑ Fonte: David Sifry, The State of the Live Web (Aprile 2007).