E-participation e comunità locali/Conclusioni

Conclusioni

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L’uso degli strumenti ITC a supporto dei processi partecipativi può costituire un opportunità per il superamento della crisi delle rappresentanze politiche.

Fornendo la possibilità, ai cittadini, di interagire all’interno dei processi senza che sia necessaria la compresenza nello stesso spazio fisico, rende possibile l’aggregazione di comunità che oltrepassino i limiti territoriali.

Se per gli istituti democratici diretti si può prospettare la formazione di comunità tematiche che perseguono l’intervento su un tema specifico, sul versante deliberativo abbiamo proposto uno schema di partecipazione multilivello che segue la suddivisione del territorio in Enti Locali.

Ciò che è difficile prevedere è un’eventuale variazione della dimensione della sfera pubblica e lo stato di equilibrio raggiunto nella definizione degli spazi di autonomia territoriale.

Proprio nel momento in cui l’agenda pubblica viene a formarsi attraverso il processo bottom up, nel quale avviene il riconoscimento reciproco tra le istanze dei cittadini, potrebbe prodursi un cambiamento dei temi d'interesse pubblico, come un aumento degli stessi.

Nonostante le difficoltà che ogni processo di negoziazione comporta, la possibilità di poter decidere e deliberare su un’agenda pubblica costruita dai cittadini stessi, potrebbe cambiare il rapporto tra sfera pubblica e privata e tra contesto locale ed extra locale.

l’opportunità quindi di ottenere risultati di sistema difficilmente raggiungibili nell’ambito privato, potrebbe in qualche modo espandere il raggio di competenza della deliberazione.

Le politiche pubbliche, una volta definite dal basso attraverso i livelli stratificati delle comunità locali partecipate, non sarebbero più percepite come un’ingerenza dello stato nella vita privata dei cittadini, essendo loro stessi a coordinarsi per il raggiungimento delle finalità collettive.

Anche gli equilibri tra i gli spazi autonomi territoriali sarebbero rimessi in discussione. Le rappresentazioni, che emergono dal confronto tra i cittadini, cambiano la percezione dei territori, oltrepassando la logica di rivendicazione degli interessi locali su quelli extra locali.

Essendo i cittadini partecipanti, contemporaneamente membri degli spazi deliberativi nei diversi livelli amministrativi, dovrebbero raggiungere contemporaneamente una visione della particolarità dei problemi e degli aspetti generali separando gli spazi di autonomia decisionale, evitando una sovrapposizione delle competenze tra gli enti territoriali.

l’e-participation, specialmente quando ci si pone l’obiettivo di porla a supporto di un processo deliberativo, richiede un complesso approccio multidisciplinare tra le scienze politiche, aspetti giurisprudenziali, la comunicazione tecnologicamente mediata di natura sociologica e psicologico sociale.

Una costruzione cooperativa multidisciplinare di modelli teorici della partecipazione, dovrebbe costituire il primo passo per poter individuare, insieme ai cittadini, le policy e gli strumenti software che riescano a realizzare degli spazi partecipativi tecnologicamente mediati.

La sperimentazione sul campo dovrebbe poi portare ad un perfezionamento dei modelli interpretativi, permettendo di apportare in corsa le modifiche alle policy ed alle piattaforme che consentano di mantenere l’efficacia e la ricchezza del processo di deliberazione.

La specializzazione delle competenze e lo sforzo cognitivo di dover costruire visoni complesse e condivise potrebbe costituire uno dei limiti dell’e-participation.

Il fattore tempo quindi diventa di fondamentale importanza.

Dovrebbe essere garantita la possibilità di riservare del tempo per la partecipazione ai processi partecipativi ed un indennizzo economico per i delegati.

Nella processi di professionalizzazione delle rappresentanze politiche, l’amministrazione della cosa pubblica diventa in parte una specializzazione delle competenze sociali. Ciò permette ai rappresentanti di vivere della loro attività politica e di dedicare, potenzialmente, tutto il tempo riservato all’attività lavorativa ai processi politico decisionali.

Nell’e-participation, dove il processo partecipativo è diffuso su un numero di soggettività vasto, non è possibile riproporre queste dinamiche. La partecipazione dovrebbe essere garantita permettendo ai cittadini di dedicare del tempo ai processi di costruzione della conoscenza ed alla formazione delle decisioni.

Diventa difficile pretendere l’impegno dei cittadini in una democrazia continua che richieda un costante impegno cognitivo e di formazione inserendola all’interno degli attuali modelli lavorativi.

Del resto andrebbe indagato di quanto la specializzazione della conoscenze renda ancora competenti i rappresentanti politici sugli interessi generali.

Sebbene la progettazione delle piattaforme e delle policy sia un aspetto caratterizzante degli spazi partecipativi, ipotizziamo che i nodi irrisolti non siano ne di ordine tecnico ne normativo.

In definitiva per il futuro ci troviamo davanti a due prospettive differenti.

Una riduzione del ruolo dello stato e delle politiche pubbliche a fronte di una composizione privata del dibattito oppure un’espansione dello spazio pubblico attraverso la realizzazione di una sfera partecipativa supportata dalle tecnologie.

Una terza via si delinea comunque all’orizzonte.

Una maggiore istituzionalizzazione dei processi di lobby e di pressione politica da parte della associazioni, i gruppi di interesse sulle rappresentanze politiche, uno sviluppo delle capacità di associazione della società civile per perseguire fini condivisi, potrebbero in qualche modo rappresentare un’alternativa all’incapacità o alla mancata volontà della politica di fornire gli strumenti e le normative necessarie alla realizzazione di una piena e diffusa concretizzazione dei processi deliberativi supportati dalle tecnologie digitali.