Doveri dell'uomo/Capitolo quinto - Doveri verso la Patria
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V.
Doveri verso la Patria.
I primi vostri Doveri, primi almeno per importanza, sono, com’io vi dissi, verso l’Umanità. Siete uomini prima d’essere cittadini o padri. Se non abbracciaste del vostro amore tutta quanta l’umana famiglia — se non confessaste la fede nella sua umanità, conseguenza dell’unità di Dio, e nell’affratellamento dei Popoli che devono ridurla a fatto — se ovunque geme un vostro simile, ovunque la dignità della natura umana è violata dalla menzogna o dalla tirannide, voi non foste pronti, potendo, a soccorrere quel meschino o non vi sentiste chiamati, potendo, a combattere per risollevare gli ingannati o gli oppressi — voi tradireste la vostra legge di vita e non intendereste la religione che benedirà l’avvenire.
Ma che cosa può ciascuno di voi, colle sue forze isolate, fare pel miglioramento morale, pel progresso dell’Umanità? Vi potete esprimere, di tempo in tempo, sterilmente la vostra credenza; potete compiere, qualche rara volta, verso un fratello non appartenente alle vostre terre, un’opera di carità; ma non altro. Ora la carità non è la parola della fede avvenire. La parola della fede avvenire è l’associazione, la cooperazione fraterna verso un intento comune, tanto superiore alla carità, quanto l’opera di molti fra voi che s’uniscono a innalzare concordi un edifizio per abitarvi insieme è superiore a quella che compireste innalzando ciascuno una casupola separata e limitandovi a ricambiarvi gli uni cogli altri aiuto di pietre, di mattoni, di calce. Ma quest’opera comune voi, divisi di lingua, di tendenze, d’abitudini, di facoltà, non potete tentarla. L’individuo è troppo debole e l’Umanità troppo vasta. Mio Dio, — prega, salpando il marinaio della Brettagna — proteggetemi: il mio battello è sì piccolo e il vostro Oceano così grande! E quella preghiera riassume la condizione di ciascun di voi, se non si trova un mezzo di moltiplicare indefinitivamente le vostre forze, la vostra potenza d’azione.
Questo mezzo Dio lo trovava per voi, quando vi dava una Patria, quando, come un saggio direttore di lavori distribuisce le parti diverse a seconda delle capacità, ripartiva in gruppi, in nuclei distinti l’Umanità sulla faccia del nostro globo e cacciava il germe delle Nazioni. I tristi governi hanno guastato il disegno di Dio che voi potete vedere segnato chiaramente, per quello almeno che riguarda la nostra Europa, dai corsi dei grandi fiumi, dalle curve degli alti monti e dalle altre condizioni geografiche: l’hanno guastato colla conquista, coll’avidità, colla gelosia dell’altrui giusta potenza; guastato di tanto che oggi, dall’Inghilterra e dalla Francia in fuori, non v’è forse Nazione i cui confini corrispondano a quel disegno. Essi non conoscevano e non conoscono Patria, fuorchè la loro famiglia, la dinastia, l’egoismo di casta. Ma il disegno divino si compirà senza fallo. Le divisioni naturali, le innate spontanee tendenze dei popoli, si sostituiranno alle divisioni arbitrarie sancite dai tristi governi. La Carta d’Europa sarà rifatta. La Patria del Popolo risorgerà delimita dal voto dei liberi, sulle rovine della Patria dei re, delle caste privilegiate. Tra quelle patrie sarà armonia, affratellamento. E allora, il lavoro dell’umanità verso il miglioramento comune, verso la scoperta e l’applicazione della propria legge di vita, ripartito a seconda delle capacità locali e associato, potrà compirsi per via di sviluppo progressivo, pacifico: allora, ciascuno di voi, forte degli effetti e dei mezzi di molti milioni d’uomini parlanti la stessa lingua, dotati di tendenze uniformi, educati dalla stessa tradizione storica, potrà sperare di giovare coll’opera propria a tutta quanta l’Umanità.
A voi, uomini nati in Italia, Dio assegnava, quasi prediligendovi, la Patria meglio definita dell’Europa. In altre terre, segnate con limiti più incerti o interrotti, possono insorgere questioni che il voto pacifico di tutti scioglierà un giorno, ma che hanno costato e costeranno forse ancora lagrime e sangue: sulla vostra, no. Dio v’ha steso intorno linee di confini sublimi, innegabili: da un lato, i più alti monti d’Europa: l’Alpi; dall’altro: il Mare, l’immenso Mare. Aprite un compasso: collocate una punta al nord dell’Italia, su Parma; appuntate l’altra agli sbocchi del Varo e segnate con essa, nella direzione delle Alpi, un semicerchio: quella punta che andrà, compito il semicerchio, a cadere sugli sbocchi dell’Isonzo, avrà segnato la frontiera che Dio vi dava. Sino a quella frontiera si parla, s’intende la vostra lingua: oltre quella, non avete diritti. Vostre sono innegabilmente la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, e le isole minori collocate fra quelle e la terraferma d’Italia. La forza brutale può ancora per poco contendervi quei confini, ma il consenso segreto dei popoli li riconosce d’antico, e il giorno in cui, levati unanimi all’ultima prova, pianterete la vostra bandiera tricolore su quella frontiera, l’Europa intera acclamerà, sorta e accettata nel consorzio delle Nazioni, l’Italia. A quest’ultima prova dovete tendere con tutti gli sforzi.
Senza Patria, voi non avete nome, nè segno, nè voto, nè diritti, nè battesimo di fratelli tra i popoli. Siete i bastardi dell’umanità. Soldati senza bandiera, israeliti delle Nazioni, voi non otterrete fede nè protezione: non avrete mallevadori. Non v’illudete a compiere, se prima non vi conquistate una Patria, la vostra emancipazione da una ingiusta condizione sociale: dove non è Patria, non è Patto comune al quale possiate richiamarvi: regna solo l’egoismo degli interessi, e chi ha predominio lo serba, dacchè non v’è tutela comune a propria tutela. Non vi seduca l’idea di migliorare, senza sciogliere prima la questione Nazionale, le vostre condizioni materiali: non potrete riuscirvi. Le vostre associazioni industriali, le consorterie di mutuo soccorso son buone com’opera educatrice, come fatto economico: rimarranno sterili finchè non abbiate un’Italia. Il problema economico esige principalmente aumento di capitale e di produzione; e finchè il vostro paese è smembrato in frazioni — finchè, separati da linee doganali e difficoltà artificiali d’ogni sorta, non avete se non mercati ristretti dinanzi a voi — non potete sperar quell’aumento. Oggi — non v’illudete — voi non siete la classe operaia d’Italia, siete frazione di quella classe: impotenti, ineguali al grande intento che vi proponete. La vostra emancipazione non potrà iniziarsi praticamente, se non quando un Governo Nazionale, intendendo i segni dei tempi, avrà inserito, da Roma, nella dichiarazione di Principii, che sarà norma allo sviluppo della vita Italiana, le parole: il lavoro è sacro ed è la sorgente della ricchezza d’Italia.
Non vi sviate dunque dietro a speranze di progresso materiale che, nelle vostre condizioni dell’oggi sono illusioni. La Patria sola, la vasta e ricca Patria Italiana, che si stende dalle Alpi all’ultima terra di Sicilia, può compiere quelle speranze. Voi non potete ottenere ciò che è vostro diritto se non obbedendo a ciò che vi comanda il Dovere. Meritate ed avrete.
Oh miei fratelli! amate la Patria. La Patria è la nostra casa: la casa che Dio ci ha data, ponendovi dentro una numerosa famiglia, che ci ama e che noi amiamo, colla quale possiamo intenderci meglio e più rapidamente che con altri, e che per la concentrazione sopra un dato terreno e per la natura omogenea degli elementi che essa possiede, è chiamata a un genere speciale d’azione. La Patria è la nostra lavoreria: i prodotti della nostra attività devono stendersi da quella a beneficio di tutta la terra; ma gli istrumenti del lavoro che noi possiamo meglio e più efficacemente trattare, stanno in quella e noi non possiamo rinunziarvi senza tradire l’intenzione di Dio e senza diminuire le nostre forze. Lavorando, secondo i veri principii per la Patria, noi lavoriamo per l’Umanità: la patria è il punto d’appoggio della leva che noi dobbiamo dirigere a vantaggio comune. Perdendo quel punto d’appoggio, noi corriamo rischio di riuscire inutili alla Patria e all’Umanità. Prima d’associarsi colle Nazioni che compongono l’Umanità, bisogna esistere come Nazione. Non v’è associazione che tra gli eguali; e voi non avete esistenza collettiva riconosciuta.
L’Umanità è un grande esercito, che move alla conquista di terre incognite, contro nemici potenti e avveduti. I Popoli sono diversi corpi, le divisioni di quell’esercito. Ciascuno ha un posto che gli si è confidato: ciascuno ha un’operazione particolare da eseguire; e la vittoria comune dipende dall’esattezza colla quale le diverse operazioni saranno compite. Non turbate l’ordine della battaglia. Non abbandonate la bandiera che Dio vi diede. Dovunque vi trovate, in seno a qualunque popolo le circostanze vi caccino, combattete per la libertà di quel popolo, se il momento lo esige; ma combattete come Italiani, così che il sangue che verserete frutti onore ed amore, non a voi solamente, ma alla vostra Patria. E Italiano sia il pensiero continuo dell’anime vostre: Italiani siano gli atti della vostra vita: Italiani i segni sotto i quali v’ordinate a lavorare per l’Umanità. Non dite: io, dite: noi. La Patria s’incarni in ciascuno di voi. Ciascuno di voi, si senta, si faccia mallevadore dei suoi fratelli: ciascuno di voi impari a far sì che in lui sia rispettata ed amata la Patria.
La Patria, è una, indivisibile. Come i membri d’una famiglia non hanno gioia della mensa comune se un d’essi è lontano, rapito all’affetto fraterno, così voi non abbiate gioia e riposo finchè una frazione del territorio sul quale si parla la vostra lingua è divelta dalla Nazione.
La Patria è il segno della missione che Dio v’ha dato da compiere nell’umanità. Le facoltà, le forze di tutti i suoi figli devono associarsi pel compimento di quella missione. Una certa somma di doveri e di diritti comuni spetta ad ogni uomo che risponde al chi sei? degli altri popoli: sono Italiano. Quei doveri e quei diritti non possono essere rappresentati che da un solo Potere uscito dal vostro voto. La patria deve aver dunque un solo Governo. I politici che si chiamano federalisti, e che vorrebbero far dell’Italia una fratellanza di Stati diversi, smembrano la Patria e non ne intendono l’Unità. Gli stati nei quali si divide in oggi l’Italia non sono creazione del nostro popolo: uscirono da calcoli d’ambizione di principi o di conquistatori stranieri, e non giovano che ad accarezzare la vanità delle aristocrazie locali, alle quali è necessaria una sfera più ristretta della grande Patria. Ciò che voi, popolo, creaste, abbelliste, consacraste coi vostri affetti, colle vostre gioie, coi vostri dolori, col vostro sangue, è la Città, il Comune, non la Provincia o lo Stato. Nella Città, nel comune dove dormono i vostri padri e vivranno i nati da voi, s’esercitano le vostre facoltà, i vostri diritti personali, si svolge la vostra vita d’individuo. È della vostra Città che ciascuno di voi può dire ciò che cantano i Veneziani della loro: Venezia la xe nostra: — l’avemo fatta nu. In essa avete bisogno di libertà, come nella Patria comune avete bisogno d’associazione. Libertà di Comune e Unità di patria, sia dunque la vostra fede. Non dite Roma e Toscana, Roma e Lombardia, Roma e Sicilia, dite ROMA e Firenze, ROMA e Siena, ROMA e Livorno, e così per tutti i comuni d’Italia: Roma per tutto ciò che rappresenta la vita italiana, la vita della Nazione; il vostro comune per quanto rappresenta la vita individuale. Tutte le altre divisioni sono artificiali, e non s’appoggiano sulla vostra tradizione Nazionale.
La Patria è una comunione di liberi e d’uguali affratellati in concordia di lavori verso un unico fine. Voi dovete farla e mantenerla tale. La Patria non è un aggregato, è una associazione. Non v’è dunque veramente Patria senza un Diritto uniforme. Non v’è Patria dove l’uniformità di quel Diritto è violata dall’esistenza di caste, di privilegi, d’ineguaglianze — dove l’attività d’una porzione delle forze e facoltà individuale è cancellata o assopita — dove non è principio comune accettato, riconosciuto, sviluppato da tutti; vi è non Nazione, non popolo, ma moltitudine, agglomerazione fortuita d’uomini che le circostanze riunirono, che circostanze diverse separeranno. In nome del vostro amore alla Patria, voi combatterete senza tregua l’esistenza d’ogni privilegio, d’ogni ineguaglianza sul suolo che v’ha dato vita. Un solo privilegio è legittimo: il privilegio del genio, quando il Genio si mostri affratellato colla Virtù; ma è privilegio concesso da Dio e non dagli uomini — e quando voi lo riconoscerete seguendone le ispirazioni, lo riconoscerete liberamente esercitando la vostra ragione, la vostra scelta. Qualunque privilegio pretende sommessione da voi in virtù della forza, dell’eredità, d’un diritto che non sia diritto comune, è usurpazione, è tirannide; e voi dovete combatterla e spegnerla. La Patria deve essere il vostro Tempio. Dio al vertice, un Popolo d’eguali alla base: non abbiate altra formola, altra legge morale, se non volete disonorare la Patria e voi. Le leggi secondarie che devono via via regolare la vostra vita siano l’applicazione progressiva di quella Legge suprema.
E perchè lo siano, è necessario che tutti contribuiscano a farle. Le leggi fatte da una sola frazione di cittadini non possono, per natura di cose e d’uomini, riflettere che il pensiero, le aspirazioni, i desideri, di quella frazione: rappresentano, non la Patria, ma un terzo, un quarto, una classe, una zona della patria. La legge deve esprimere l’aspirazione generale, promuovere l’utile di tutti, rispondere a un battito del core della Nazione. La Nazione intera dev’essere, dunque, direttamente o indirettamente, legislatrice. Cedendo a pochi uomini quella missione, voi sostituite l’egoismo d’una classe alla Patria, che è l’unione di tutte.
La Patria non è un territorio; il territorio non ne è la base. La Patria è l’idea che sorge su quello; è il pensiero d’amore, il senso di comunione che stringe in uno tutti i figli di quel territorio. Finchè un solo tra i vostri fratelli non è rappresentato dal proprio voto nello sviluppo della vita nazionale — finchè un solo vegeta ineducato fra gli educati — finchè uno solo, capace e voglioso di lavoro, langue per mancanza di lavoro nella miseria — voi non avrete la Patria come dovreste averla, la Patria di tutti, la patria per tutti. Il voto, l’educazione, il lavoro, sono le tre colonne fondamentali della Nazione; non abbiate posa finchè non siano per opera vostra solidamente innalzate.
E quando lo saranno — quando avrete assicurato a voi tutti il pane del corpo e quello dell’anima — quando liberi, uniti, intrecciate le destre come fratelli intorno a una madre amata, moverete in bella e santa armonia allo sviluppo delle vostre facoltà e della missione Italiana — ricordatevi che quella missione è l’Unità morale d’Europa: ricordatevi gl’immensi doveri ch’essa v’impone. L’Italia è la sola terra che abbia due volte gettato la grande parola unificatrice alle nazioni disgiunte. La vita d’Italia fu vita di tutti. Due volte Roma fu la Metropoli, il Tempio del mondo Europeo: la prima, quando le nostre aquile percorsero conquistatrici da un punto all’altro le terre cognite e le prepararono all’Unità colle istituzioni civili; la seconda, quando, domati dalla potenza della natura, dalle grandi memorie e dall’ispirazione religiosa, i conquistatori settentrionali, il genio d’Italia s’incarnò nel Papato e adempì da Roma la solenne missione, cessata da quattro secoli, di diffondere la parola Unità nell’anima ai popoli del mondo Cristiano. Albeggia oggi per la nostra Italia una terza missione: di tanto più vasta quanto più grande e potente dei Cesari e dei Papi sarà il Popolo Italiano, la Patria Una e Libera che voi dovete fondare. Il presentimento di questa missione agita l’Europa e tiene incatenati all’Italia l’occhio ed il pensiero delle Nazioni.
I vostri doveri verso la Patria stanno in ragione dell’altezza di questa missione. Voi dovete mantenerla pura d’egoismo, incontaminata di menzogna e delle arti di quel gesuitismo politico, che chiamano diplomazia.
La politica della patria sarà fondata per opera vostra sull’adorazione a’ principii non sull’idolatria dell’Interesse o dell’Opportunità. L’Europa ha paesi pei quali la Libertà è sacra al di dentro, violata sistematicamente al di fuori: popoli che dicono: altro è il Vero, altro l’Utile; altra cosa è la teorica, altra è la pratica. Quei paesi espieranno lungamente, inevitabilmente la loro colpa nell’isolamento, nell’oppressione e nell’anarchia. Ma voi sapete la missione della nostra Patria e seguirete altra via. Per voi l’Italia avrà, sì come un solo Dio nei cieli, una sola verità, una sola fede, una sola norma di vita politica sulla terra. Sull’edifizio che il Popolo d’Italia innalzerà più sublime del Campidoglio e del Vaticano, voi pianterete la bandiera della Libertà e dell’Associazione, sì che rifulga sugli occhi a tutte le Nazioni, nè la velerete mai per terrore di despoti o libidine d’interessi d’un giorno. Avrete audacia sì come fede. Confesserete altamente il pensiero che fermenta in core alla Italia davanti al mondo e a quei che si dicono padroni del mondo. Non rinnegherete mai le Nazioni sorelle. La vita della Patria si svolgerà per voi bella e forte, libera di paure servili e di scettiche esitazioni, serbando per base il popolo, per norma le conseguenze dei suoi principii logicamente dedotte e energicamente applicate, per forza la forza di tutti, per risultato il miglioramento di tutti, per fine il compimento della missione che Dio le dava. E perchè voi sarete pronti a morire per l’Umanità, la vita della Patria sarà immortale.