Disjecta/XV
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XV.
Oh! primavera gioventù dell’anno,
Oh! gioventù primavera della vita.
Spunta il mattino e l'alba è scolorata,
Sul salice novello
Il passero dall’ale
Si scote indolenzito la brinata,
Tace la valle e tacciono gli steli,
Fischiano i venti e le recenti gemme
Stillan di pioggia al ritornar de’ geli:
E intanto nel cespuglio e nel roveto
Un mesto fior si schiude,
Si schiude una viola.
La viola bruna — il fior di sepolcreto.
Oh che sì mesta fossi
Nel libro di lassù scritto non era,
O mattin di natura, o primavera!
Del quinto lustro appena
Dolorando così volo su l’ale,
E una cura profonda,
E un avido desire
Smanioso della tomba il cor mi assale.
Delle deserte stanze
Apro le imposte e miro
La soffrente natura,
E nell'appeso speglio,
Le disfatte sembianze,
Che il gelo del dolor strusse repente.
Pur gioventù mi arride e in ciel non eri
Certo così segnata
Di precoce vecchiezza,
O mattin della vita, o giovinezza!
Qual fato dunque, qual terribil fato
Ha le stabili leggi
Di natura mutato?
Stille di pioggia e gemme disseccate,
Poveri fior recisi,
Vergini volti e guancie giovinette
Di lacrime solcate...
Tale il mondo affatica e mi assecura
Di rapida rovina
Un’arcana sventura;
Nè a te fu dato, a te, stagion novella,
D’intatti fiori ornarti;
Nè a te di gioie assaporar l’ebbrezza,
O mattin della vita o giovinezza!