Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1824)/Libro primo/Capitolo 32

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CAPITOLO XXXII


Una Repubblica o uno Principe non debbe differire a beneficare gli uomini nelle loro necessitadi.


Ancora che ai Romani succedesse felicemente essere liberali al Popolo, sopravvenendo il pericolo, quando Porsena venne ad assaltare Roma per rimettere i Tarquinj, dove il Senato dubitando della Plebe che non volesse piuttosto accettare i Re che sostenere la guerra, per assicurarsene la sgravò delle gabelle del sale, e d’ogni gravezza dicendo, come i poveri assai operavano in beneficio pubblico, se ei nutrivano i loro figliuoli, e che per questo beneficio quel Popolo si esponesse a sopportare ossidione, fame, e guerra; non sia però alcuno che confidatosi in questo esempio differisca ne’ tempi di pericoli a guadagnarsi il Popolo, perchè mai gli riuscirà quello che riuscì ai Romani; perchè l’universale giudicherà non aver quel bene da te, ma dagli avversarj tuoi; e dovendo temere che, passata la necessità, tu ritolga loro quello che hai forzatamente loro dato, non arà teco obbligo alcuno. E la cagione perchè ai Romani tornò bene questo partito, fu perchè lo Stato era nuovo, e non per ancora fermo, ed aveva veduto quel Popolo, come innanzi si erano fatte leggi in beneficio suo, come quella della appellazione alla Plebe, [p. 118 modifica]in modo che ci potette persuadersi che quel bene che gli era fatto, non era tanto causato dalla venuta dei nimici, quanto dalla disposizione del Senato in beneficarli; oltra di questo la memoria dei Re era fresca, da’ quali erano stati in molti modi vilipesi e ingiuriati. E perchè simili cagioni accaggiono rade volte, occorrerà ancora rade volte, che simili rimedj giovino. Però debbe qualunque tiene Stato, così Repubblica come Principe, considerare innanzi, quali tempi gli possono venire addosso contrarj, e di quali uomini nei tempi avversi sì può avere di bisogno, e dipoi vivere con loro in quel modo che giudica, sopravvenendo qualunque caso, essere necessitato vivere. E quello che altrimente si governa, o Principe o Repubblica, e massime un Principe, e poi in sul fatto crede, quando il pericolo sopravviene, coi benefizj riguadagnarsi gli uomini, se ne inganna; perchè non solamente non se ne assicura, ma accelera la sua rovina.