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libro primo | 117 |
CAPITOLO XXXII
Una Repubblica o uno Principe non debbe differire a beneficare gli uomini nelle loro necessitadi.
Ancora che ai Romani succedesse felicemente essere liberali al Popolo, sopravvenendo il pericolo, quando Porsena venne ad assaltare Roma per rimettere i Tarquinj, dove il Senato dubitando della Plebe che non volesse piuttosto accettare i Re che sostenere la guerra, per assicurarsene la sgravò delle gabelle del sale, e d’ogni gravezza dicendo, come i poveri assai operavano in beneficio pubblico, se ei nutrivano i loro figliuoli, e che per questo beneficio quel Popolo si esponesse a sopportare ossidione, fame, e guerra; non sia però alcuno che confidatosi in questo esempio differisca ne’ tempi di pericoli a guadagnarsi il Popolo, perchè mai gli riuscirà quello che riuscì ai Romani; perchè l’universale giudicherà non aver quel bene da te, ma dagli avversarj tuoi; e dovendo temere che, passata la necessità, tu ritolga loro quello che hai forzatamente loro dato, non arà teco obbligo alcuno. E la cagione perchè ai Romani tornò bene questo partito, fu perchè lo Stato era nuovo, e non per ancora fermo, ed aveva veduto quel Popolo, come innanzi si erano fatte leggi in beneficio suo, come quella della appellazione alla Plebe,