Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio (1824)/Libro primo/Capitolo 24
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CAPITOLO XXIV
Le Repubbliche bene ordinate constituiscono premj e pene a’ loro cittadini, nè compensano mai l’uno con l’altro.
Erano stati i meriti di Orazio grandissimi, avendo con la sua virtù vinti i Curiazj. Era stato il fallo suo atroce, avendo morto la sorella. Nondimeno dispiacque tanto tale omicidio ai Romani, che lo condussero a disputare della vita, non ostantechè gli meriti suoi fussero tanto grandi e sì freschi. La qual cosa a chi superficialmente la considerasse, parrebbe uno esempio d’ingratitudine popolare. Nondimeno chi la esaminerà meglio, e con
migliore considerazione ricercherà quali debbono
essere gli ordini delle Repubbliche, biasimerà quel
Popolo più tosto per averlo assoluto, che per averlo
voluto condannare; e la ragione è questa, che nessuna Repubblica bene ordinata, non mai cancellò
i demeriti con li meriti deì suoi cittadini, ma
avendo ordinati i premj ad una buona opera, e
le pene ad una cattiva, ed avendo premiato uno
per aver bene operato, se quel medesimo opera
dipoi male, lo gastiga senza avere riguardo alcuno
alle sue buone opere. E quando questi ordini sono
bene osservati, una Città vive libera molto tempo; altrimenti sempre rovinerà presto. Perchè se
ad un cittadino che abbia fatto qualche egregia
opera per la Città, s’aggiunge oltre alla riputazione, che quella cosa gli arreca, una audacia e confidenza di potere, senza temer pena, far qualche
opera non buona, diventerà in breve tempo tanto
insolente, che si risolverà ogni civiltà. È ben necessario, volendo che sia temuta la pena per le
triste opere, osservare i premj per le buone, come
sì vede che fece Roma. E benchè una Repubblica
sia povera, e possa dare poco, debbe di quel poco
non astenersi; perchè sempre ogni piccolo dono,
dato ad alcuno per ricompensa di bene, ancora che
grande, sarà stimato da chi lo riceve onorevole e
grandissimo. È notissima la Istoria di Orazio Cocle, e quella di Muzio Scevola; come l’uno sostenne i nimici sopra un ponte, tantochè si tagliasse;
l’altro si arse la mano, avendo errato, volendo ammazzare Porsena Re delli Toscani. A costoro, per
queste due opere tanto egregie, fu donato dal Pubblico due stajora di terra per ciascuno. È nota ancora l’Istoria di Manlio Capitolino. A costui per aver salvato il Campidoglio da’ Galli che vi erano a campo, fu dato da quelli, che insieme con lui vi erano assediati dentro, una piccola misura di farina. Il qual premio, secondo la fortuna che allora correva in Roma, fu grande, e di qualità che mosso poi Manlio o da invidia, o dalla sua cattiva matura, a far nascere sedizione in Roma, e cercando guadagnarsi il Popolo, fu senza rispetto
alcuno de’ suoi meriti, gittato precipite da quello
Campidoglio, ch'egli prima con tanta sua gloria
aveva salvato.