Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio/Libro terzo/Capitolo 33
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Egli è necessario,
a volere vincere una giornata,
fare lo esercito confidente
ed infra loro e con il capitano.
A volere che uno esercito vinca la giornata, è necessario farlo confidente, in modo che creda dovere in ogni modo vincere. Le cose che lo fanno confidente sono: che sia armato ed ordinato bene; conoschinsi l’uno l’altro. Né può nascere questa confidenza o questo ordine, se non in quelli soldati che sono nati e vissuti insieme. Conviene che il capitano sia stimato di qualità che confidino nella prudenza sua: e sempre confideranno, quando lo vegghino ordinato, sollecito ed animoso, e che tenga bene e con riputazione la maestà del grado suo: e sempre la manterrà, quando gli punisca degli errori, e non gli affatichi invano; osservi loro le promesse; mostri facile la via del vincere; quelle cose che discosto potessino mostrare i pericoli, le nasconda o le alleggerisca. Le quali cose, osservate bene, sono cagione grande che lo esercito confida, e confidando vince. Usavano i Romani di fare pigliare agli eserciti loro questa confidenza per via di religione: donde nasceva, che con gli augurii ed auspicii creavano i Consoli, facevano il deletto, partivano con gli eserciti, e venivano alla giornata. E sanza avere fatto alcuna di queste cose, non mai arebbe uno buono capitano e savio tentata alcuna fazione, giudicando di averla potuta perdere facilmente, s’e’ suoi soldati non avessoro prima intesi gli Dii essere da parte loro. E quando alcuno Consolo, o altro loro capitano, avesse combattuto, contro agli auspicii, lo arebbero punito; come ei punirono Claudio Pulcro. E benché questa parte in tutte le istorie romane si conosca, nondimeno si pruova più certo per le parole che Livio usa nella bocca di Appio Claudio; il quale, dolendosi col popolo della insolenzia de’ Tribuni della plebe, e mostrando che, mediante quelli, gli auspicii e le altre cose pertinenti alla religione si corrompevano, dice così: «Eludant nunc licet religiones. Quid enim interest, si pulli non pascentur, si ex cavea tardius exiverint, si occinuerit avis? Parva sunt haec; sed parva ista non contemnendo, maiores nostri maximam hanc rempublicam fecerunt». Perché in queste cose piccole è quella forza di tenere uniti e confidenti i soldati: la quale cosa è prima cagione d’ogni vittoria. Nonpertanto, conviene con queste cose sia accompagnata la virtù: altrimenti, le non vagliano. I Prenestini, avendo contro ai Romani fuori el loro esercito, se n’andarono ad alloggiare in sul fiume d’Allia, il luogo dove i Romani furono vinti da i Franciosi; il che fecero per mettere fiducia ne’ loro soldati, e sbigottire i Romani per la fortuna del luogo. E benché questo loro partito fusse probabile, per quelle ragioni che di sopra si sono discorse; nientedimeno il fine della cosa mostrò che la vera virtù non teme ogni minimo accidente. Il che lo istorico benissimo dice con queste parole, in bocca poste del Dittatore, che parla così al suo Maestro de’ cavagli: «Vides tu, fortuna illos fretos ad Alliam consedisse; at tu, fretus armis animisque, invade mediam aciem». Perché una vera virtù, un ordine buono, una sicurtà presa da tante vittorie, non si può con cose di poco momento spegnere; né una cosa vana fa loro paura, né un disordine gli offende: come si vede certo, che, essendo due Manlii consoli contro a’ Volsci, per avere mandato temerariamente parte del campo a predare, ne seguì che, in un tempo, e quelli che erano iti e quelli che erano rimasti si trovavono assediati; dal quale pericolo, non la prudenza de’ Consoli, ma la virtù de’ propri soldati gli liberò. Dove Tito Livio dice queste parole: «Militum, etiam sine rectore, stabilis virtus tutata est».
Non voglio lasciare indietro uno termine usato da Fabio, sendo entrato di nuovo con lo esercito in Toscana, per farlo confidente, giudicando quella tale fidanza essere più necessaria per averlo condotto in paese nuovo, incontro a nimici nuovi: che, parlando avanti la zuffa a’ soldati, e detto ch’ebbe molte ragioni, mediante le quali ei potevono sperare la vittoria, disse che potrebbe ancora dire loro certe cose buone, e dove ei vedrebbono la vittoria certa, se non fusse pericoloso il manifestarle. Il quale modo, come e’ fu saviamente usato, così merita di essere imitato.