Discorsi politici (Guicciardini)/XVI. - Ragioni che consigliano la signoria di Firenze ad accordarsi con Clemente VII

XVI. - Ragioni che consigliano la signoria di Firenze ad accordarsi con Clemente VII

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XVI. - Ragioni che consigliano la signoria di Firenze ad accordarsi con Clemente VII
XV. - Giustificazione della politica di Clemente VII

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XVI

[Ragioni che consigliano la signoria di Firenze ad accordarsi con Clemente VII.]


Io sono certissimo che se le Signorie Vostre fussino state capace della ottima mente che ha la Santitá di Nostro Signore verso questa nobilissima cittá, e quanto dispiacere abbi avuto ed abbia de’ danni che quella ha sopportato e sopporta, e de’ pericoli gravissimi in che al presente si truova, che tra Sua Santitá e Vostre Signorie non sarebbono mai state né sarebbono di presente alcune difficultá, anzi che Vostre Signorie arebbono avuto ricorso in ogni occasione a Sua Santitá come a vero e amorevolissimo padre, e quella, come è stato sempre l’animo suo, arebbe atteso a beneficare ed esaltare questa sua dilettissima patria. Ma la mala fortuna dell’uno e dell’altro ha voluto che in questa cittá doppo la mutazione dello stato si sia sempre avuta sinistra opinione dell’animo di Sua Santitá, nonostante che quella abbia fatto ogni diligenzia di fare cognoscere la veritá; che è stato el principio donde sono nati tanti mali da’ quali è ora oppressa questa infelice patria. E certo se Vostre Signorie vorranno sanza passione considerare le cose passate, confesseranno avere dato a Sua Santitá molte cagione di sdegnarsi contro a questa cittá. Lasciamo andare le ingiurie fattegli immediate doppo la mutazione dello stato, come fu guastare le immagine che erano nella chiesa della Nunziata, in che certo si doveva pure almanco avere rispetto e riverenzia a quella gloriosa Madre; come fu el levare le [p. 213 modifica]arme de’ Medici non solo de’ luoghi publici ma ancora degli edifici che loro avevano edificati del suo proprio; e molte altre indegnitá di parole, le quali si possono forse in qualche parte scusare per la caldezza in che erano gli uomini in sulla mutazione dello stato, ancora che non fussi stato mutato per forza e con arme, ma ceduto volontariamente da’ ministri di Sua Santitá.

Lasciamo andare tutte queste cose; ma non si è egli sempre continuato, insino al principio della guerra, in offendere ed ingiuriare sanza rispetto Sua Santitá e come pontefice e come uomo particulare della casa de’ Medici; molestatogli e’ beni e le entrate sue contro alla forma della legge che si fece quando si mutò lo stato; non voluto mai restituirgli la sua poveretta nipote, ancora che per la etá e per el sesso la fussi innocentissima; posto sanza rispetto alcuno di vostra autoritá imposizione gravissime al clero; e ancora che Sua Santitá avessi mandato sí liberamente la assoluzione, continuato poi sempre nel medesimo errore, sforzando a vendere e’ beni delle chiese, sanza rispetto alcuno di offendere Dio e la autoritá della Sedia apostolica; non voluto non solo mandargli imbasciadori come a pontefice, come fanno tutti gli altri príncipi cristiani, ma recusato di udire, e proibito con tanta inumanitá lo entrare in Firenze messer Antonio Bonsi vescovo di Terracina vostro cittadino, che non era mandato a altro effetto che per fare fede della buona mente di Sua Santitá, e che si pigliassi qualche modo per el quale questa cittá fussi sicura che la mente di Nostro Signore non era di alterare la vostra libertá ed el vostro governo, e Sua Santitá fussi assicurata che le cose sue non fussino molestate e che la cittá lo ricognoscessi ed onorassi come pontefice? Nelle quali cose trovò sempre tanto poca disposizione che non solo fu rifiutata ogni offerta, ogni opera che a questo effetto fece Sua Santitá, ma alla fine levato ingiustamente di palazzo Niccolò Capponi vostro gonfaloniere, cittadino buono, e che era stato tanto amatore della libertá, non per altro se non perché cognoscendo e’ disordini e la ruina che era per seguire da questi [p. 214 modifica]modi, desiderava e cercava inducere qualche concordia tra Sua Santitá e questa cittá.

Sarebbe lungo narrare tutti e’ particulari; ma con che colore, con che giustificazione messono le Vostre Signorie mano alle cose di Perugia, essendo cittá della Chiesa e nella quale non potevi pretendere ragione alcuna? E nondimeno, benché queste ingiurie fussino grande e dispiacessino assai a Sua Santitá, non lo mossono mai né a desiderare né a pensare di volere fare male a questa cittá, perché piú poteva in lui lo amore della patria, la considerazione della autoritá che ci avevano avuto sí lungo tempo e’ passati suoi, gli oblighi e gli interessi della casa sua con questa cittá, che ogni ingiuria; e ricordandosi del tempo che era stata in Firenze e in che modo ci era vivuta, e con quanto amore e dimestichezza di tutti voi, non si è mai potuta persuadere che questi modi sinistri siano proceduti tanto per odio verso lui o per malignitá, quanto per uno sospetto imprudente che si è avuto di Sua Santitá, el quale ha a poco a poco traportato gli uomini forse piú oltre che loro medesimi non arebbono voluto.

Però Sua Santitá, ancora che con suo carico e con indegnitá della Sedia apostolica, era deliberata piú presto andare tollerando e aspettare che el tempo e la veritá aprissi gli occhi di chi aveva mala opinione di lui, che travagliarsi mai direttamente o indirettamente di cosa alcuna della vostra cittá; e cosí arebbe continuato di fare se la necessitá ed el desiderio di salvare la patria sua non l’avessi sforzato a fare altrimenti. Perché essendo per venire lo imperadore in Italia e reputandosi molto ingiuriato da questa cittá, perché aveva mandato le gente nel reame, e in molti modi offesolo sanza alcuno rispetto, non è dubio che e per vendicarsi e per assicurarsi del governo presente, del quale per essere tenuto tanto franzese non si sarebbe mai confidato, che era disposto o di distruggere questa cittá o di pigliarne la signoria e farla camera di imperio, o almanco torgli Pisa e Livorno, Arezzo ed e’ piú importanti luoghi di questo dominio.

Al quale pericolo volendo provedere Sua Santitá, e [p. 215 modifica]reputandosi come cittadino di questa patria essere obligato a aiutarla e salvarla, non ci avendo trovato altro espediente, nella capitulazione che fece con lo imperadore in Barzalona, capitulò che lo imperadore si contentassi di non volere piú oltre che la mutazione del governo di questa cittá, mostrando che questo gli bastava a restare sicuro di questa cittá, e pregandolo che per rispetto suo volessi rimettere alla sua patria le ingiurie ed el desiderio che aveva di vendicarsi. Il che Sua Santitá chiama Dio in testimonio che non cercò per interesse suo particulare, né per rendere lo stato di Firenze alla casa sua, ma solo per amore e per desiderio di salvare questa patria, sperando che fatto questo gli fussi facile persuadere Cesare a contentarsi di una forma di governo libero e ragionevole, e che fussi commune a tutti e’ cittadini, e che a Sua Santitá paressi sicuro, a Sua Maestá e allo interesse di tutti. E certo Sua Santitá si dette sempre a intendere che questa cittá, cognosciuto tanto pericolo che gli veniva addosso, certificata che fussi dell’animo di Cesare, avessi piú presto a cedere alla necessitá e pigliare quegli apuntamenti che ricercava la condizione de’ tempi, che volersi tirare addosso questi eserciti e, trovandosi abbandonata da ognuno, pigliare una guerra sí pestifera.

Il che se si fussi fatto, non arebbe questa povera cittá sostenuto tanti mali drento e fuora; non sarebbono ridotte in sul vostro le arme che erano sparse in tutta Italia; non arebbono e’ vostri danni, le vostre spese, e’ vostri pericoli fatto utilitá a’ viniziani, al duca di Milano, al duca di Ferrara, a’ quali tutti ha giovato mirabilmente la vostra resistenzia, la vostra guerra; sarebbono salve le vostre possessione, le vostre case; goderesti la pace nella quale si truova ora, da voi in fuora, tutto el mondo, e che voi avete tanto tempo desiderata ed espettata per esercitare e’ vostri traffichi, le vostre mercatantie; sarebbe questa cittá piú ricca, piú fiorita che la fussi mai, perché l’animo di Nostro Signore, se voi vi rimettevi in lui, non era tôrvi la vostra libertá, non appropriare el vostro governo a sé o a’ nipoti suoi, ma col lasciarvi liberi, col [p. 216 modifica]ricorreggere e’ difetti che ha el presente reggimento, e riducerlo in una forma giusta e santa, acquistare questa gloria apresso a tutti e’ principi cristiani, lasciare questa memoria eterna nella vostra cittá, di avere amato piú la patria ed el bene suo che alcuno interesse particulare di casa sua.

Piacessi a Dio che fussi stata cognosciuta la voluntá sua, e che e’ sospetti vani non avessino occupato in modo le mente vostre, che avessi procurato la ruina della vostra cittá! Ma poi che quello che è fatto non si può ricorreggere, bisogna pensare al futuro, e di salvare almanco quello che resta di questa misera cittá; di che volessi Dio che le Signorie Vostre avessino quello pensiero che ha Sua Santitá! La quale non pensa continuamente a altro, e ne vive con uno affanno incredibile, dubitando che per la durezza vostra questa povera cittá non vadia a sacco; ed a questo effetto sono piú dí m’arebbe mandato qui per ricordarvi ed avvertirvi del pericolo grande in che vi trovate, el quale augumenta ogni giorno; ma avendo compreso per gli andamenti vostri e per molte lettere intercette, che voi, pasciuti da speranze vane, eri in speranza grande di liberarvi dallo assedio, giudicò che el mandare qui in quello tempo servirebbe piú presto a farvi crescere le opinione false che a fare frutto alcuno, perché voi aresti creduto che lui mandassi per diffidenzia di potersi sostenere piú questa impresa, e per debolezza.

Ma ora che, se voi non vi volete ingannare, le cose sono ridutte in luogo che non si vede rimedio alcuno, e che tutte le speranze vostre sono annichilate, si è persuaso che mandando a confortarvi del bene vostro, non sia nessuno che possa negare che non lo muove altro rispetto che la compassione e la pietá che ha di questa povera sua patria; perché, ditemi un poco: che speranza vi resta piú? E se volete cognoscere che se alcuna ve ne resta è vana e che ve ne troverrete ingannati, ricordatevi quante n’avete avute poi che cominciò questa guerra, e di quante opinione false vi siate pasciuti, e che ogni cosa è ritornata vento e fummo. Sperasti nel principio, quando lo imperadore venne in Italia, che non gli avessi [p. 217 modifica]a piacere la grandezza del papa, e che la amicizia tra loro fussi per durare poco tempo; nondimeno lo effetto v’ha mostro el contrario, perché non furono mai dua príncipi in tanta fede e amicizia quanto sono questi, e per durare perpetuamente. Sperasti che poi che el primo esercito che venne col principe di Orange non bastava né a sforzarvi né assediarvi, che lo imperadore non avessi a mandare piú gente, anzi parendogli essere giustificato col papa d’avere fatto quanto poteva, avessi a tirare el principe in Lombardia, dove pareva n’avessi maggiore necessitá; e nondimeno lo imperadore vi mandò adosso uno nuovo esercito, e per poterlo fare pacificò tutte le cose di Lombardia. Sperasti che el papa non potessi reggere lungamente la spesa, e nondimeno l’ha retta tanti mesi e non è dubio che ha modo di reggerla ancora lunghissimo tempo. Sperasti, quando lo imperadore se ne andò nella Magna, che lo esercito avessi poco di poi a fare el medesimo, o perché lo imperadore fussi necessitato condurlo seco, o perché non volessi piú spendere, o perché e’ disordini che pareva fussino nel campo l’avessino a risolvere; e nondimeno è tanto tempo che lo imperadore partí, e lo esercito non solo non è levato come di giorno in giorno vi persuadevi, ma è riordinato e ristretto lo assedio di sorte, che potete essere capaci che lo imperadore è per continuare insino alla fine; e cosí ogni dí sono a Roma lettere e uomini suoi che sollecitano a Napoli le provisione de’ danari e confortano e riscaldano el papa a fare el medesimo. Sperasti, quando ripigliasti Volterra, col fare una grossa testa di fanti dovere aprire lo assedio, e nondimeno in sul colmo di questa speranza perdesti Empoli, èvi stato tolto Volterra, avete in pericolo Pisa, ed è tagliata la via a tutti e’ vostri disegni.

Avete sperato lungamente nel re di Francia, e nondimeno in tanto vostro bisogno non avete veduto se non parole, e potete essere certi che el medesimo sará in futuro, perché secondo el costume franzese, piú conto tiene del papa perché può piú; e per mettere lo imperadore in piú necessitá di restituirgli e’ figliuoli, gli è venuto a proposito che vi mantegnate [p. 218 modifica]vivi, per fare, come hanno fatto gli altri, mercatantia della ruina vostra. Avete pure lo esemplo come vi trattò lo anno passato, quando contro a' capitoli della lega, contro alle promesse che tuttodí vi faceva, accordò con lo imperadore lasciandovi totalmente in preda ed a discrezione sua. Che credete sia per fare ora? Credete sia per rompere una guerra ed entrare per voi in nuovi travagli? Non lo pensiate, non lo crediate, perché avendo sborsato allo imperadore tanti danari si truova esausto.

Vedete e’ viniziani accordati con lo imperadore; el papa d’accordo con lui; truovasi in Italia sí grosso esercito; è vicino a Italia, da potere a ogn’ora mandare nuove gente, e co’ danari che ha avuto dal re di Francia può nutrire ogni grossissima guerra. Pensate che forse el re di Francia o altro re vi mandino danari sotto mano? Vi ingannate: non lo faranno per le ragione dette di sopra; e quando bene lo facessino che profitto vi sará? Perché, ora che è perduto Empoli e ridotte le gente in quello di Pisa, questi danari servirebbono a guardare Pisa, non a allargarvi lo assedio; ed ogni speranza di questa sorte non fa altro effetto che, allungando piú la guerra, allunga le vostre difficultá, e' vostri danni e vi mette a estremo pericolo del sacco. Speriamo, dirá un altro, che Dio ci aiuti, che non lasci perire questa cittá, dove sono tanti monasteri, tanti santi uomini, dove si fanno tante buone opere; soccorso certamente migliore di tutti gli altri quando venissi, ma che certezza n’avete voi tale che per questa debbiate governarvi imprudentemente? Non hanno scritto quelli in sulle predizione de’ quali vi fondate, che vi governiate sempre saviamente, che facciate tutte le provisione umane, che non tentiate Dio? Non è questo tentare Dio, pigliare tutti e’ partiti a contrario, pigliare una difesa sopra le forze vostre, volere soli resistere a tutto el mondo? Non si offende egli Dio a essere causa che tanti contadini, tanti poveri uomini muoino di fame, che tante donne vadino male, che una cittá sí bella, sí nobile si distrugga? Credete che Dio abbia misericordia di voi, poi che voi medesimi non l’avete? È bene conveniente collocare la speranza [p. 219 modifica]sua in Dio, raccomandarsi con le orazione e con le buone opere, ma di poi pigliare e’ partiti con la ragione e sperare che Dio v’aiuti se vi governerete da savi, non fare el male perché venga bene, e governandosi secondo el debito della ragione, rimettersi del resto a Dio; altrimenti faccendo non lo placate, ma lo irritate e gli date cagione di voltare la sua misericordia in giusto sdegno.

Queste, se bene le considerate, sono le speranze vostre, le quali doverrebbe oramai toccare con mano ognuno che sono vane e sanza fondamento, e però essere certi che el papa si è mosso a mandare qui per compassione che ha di questa povera cittá, e nondimeno arebbe differito a mandare tanto che per voi medesimi vi fussi mossi a ricercarnelo; ma el timore che differendo piú non si sia co’ rimedi a tempo, l’ha sforzato a non tardare. Perché Vostre Signorie hanno da sapere che se bene el papa desidera quanto può che questa cittá non vadia a sacco (e Cesare è della medesima opinione), nondimeno che la difficultá ha a essere con lo esercito, el quale giá tanti anni sono, non ha altra voglia, non ha altra sete che el sacco di Firenze. Ecci ora qualche rimedio a liberarvene; ma quanto piú si tarda a pigliare partito e quanto piú crescono le vostre necessitá, tanto augumenta questo pericolo, perché come lo esercito si accorgessi che la cittá fussi in termini che avessi da vivere per pochi, non bastrebbe alcuna autoritá de’ capitani, non el papa, non Cesare se ci fussi in persona, a farlo ritirare; anzi la fama che la cittá fussi in grado che fra pochi dí avessi a cadere, ci farebbe concorrere molti altri fanti. Però el rimedio unico a tanto male è anticipare lo accordo; differendo, andate manifestamente al sacco. El papa, poi che con altro modo non può provedere a tanto pericolo, né salvarvi se anche voi non vi volete salvare, desidera almanco essere giustificato con Dio e con tutto el mondo, e particularmente con voi e con le pietre di questa cittá.