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per l'accordo tra firenze e clemente vii 219

sua in Dio, raccomandarsi con le orazione e con le buone opere, ma di poi pigliare e’ partiti con la ragione e sperare che Dio v’aiuti se vi governerete da savi, non fare el male perché venga bene, e governandosi secondo el debito della ragione, rimettersi del resto a Dio; altrimenti faccendo non lo placate, ma lo irritate e gli date cagione di voltare la sua misericordia in giusto sdegno.

Queste, se bene le considerate, sono le speranze vostre, le quali doverrebbe oramai toccare con mano ognuno che sono vane e sanza fondamento, e però essere certi che el papa si è mosso a mandare qui per compassione che ha di questa povera cittá, e nondimeno arebbe differito a mandare tanto che per voi medesimi vi fussi mossi a ricercarnelo; ma el timore che differendo piú non si sia co’ rimedi a tempo, l’ha sforzato a non tardare. Perché Vostre Signorie hanno da sapere che se bene el papa desidera quanto può che questa cittá non vadia a sacco (e Cesare è della medesima opinione), nondimeno che la difficultá ha a essere con lo esercito, el quale giá tanti anni sono, non ha altra voglia, non ha altra sete che el sacco di Firenze. Ecci ora qualche rimedio a liberarvene; ma quanto piú si tarda a pigliare partito e quanto piú crescono le vostre necessitá, tanto augumenta questo pericolo, perché come lo esercito si accorgessi che la cittá fussi in termini che avessi da vivere per pochi, non bastrebbe alcuna autoritá de’ capitani, non el papa, non Cesare se ci fussi in persona, a farlo ritirare; anzi la fama che la cittá fussi in grado che fra pochi dí avessi a cadere, ci farebbe concorrere molti altri fanti. Però el rimedio unico a tanto male è anticipare lo accordo; differendo, andate manifestamente al sacco. El papa, poi che con altro modo non può provedere a tanto pericolo, né salvarvi se anche voi non vi volete salvare, desidera almanco essere giustificato con Dio e con tutto el mondo, e particularmente con voi e con le pietre di questa cittá.