26. Apollo e Mercurio

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Luciano di Samosata - VIII. Dialoghi degli Dei (Antichità)
Traduzione dal greco di Luigi Settembrini (1862)
26. Apollo e Mercurio
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26.

Apollo e Mercurio.


Apollo. Sai dirmi, o Mercurio, chi di questi due è Castore, e chi è Polluce? Io non posso discernerli.

Mercurio. Quegli che fu ieri con noi era Castore, questi è Polluce.

Mercurio. E come li distingui, se ei sono simili? [p. 265 modifica]

Mercurio. Perchè costui, o Apollo, porta sul volto le margini delle ferite avute dagli avversarii nel pugilato, e massime di quei colpi che gli diede Bebrico Amico, quando navigavan con Giasone: l’altro non ha segno alcuno, ed è liscio di volto e senza sfregio.

Apollo. M’hai tolta una pena a dirmi questi segni; chè eglino sono simili in ogni cosa, ciascuno de’ due un mezz’uovo, una stella sul capo, un dardo in mano, e va sopra un caval bianco: onde io spesso ho chiamato Castore chi era Polluce, e Polluce chi era Castore. Ma dimmi un po’, perchè non sono con noi tuttadue, ma si scambiano, e ciascuno di loro un giorno è in inferno, un giorno fra noi?

Mercurio. Per l’amore che si portano come fratelli. Perchè doveva morire uno dei figliuoli di Leda, ed un altro essere immortale, però si hanno divisa l’immortalità, per goderne ambedue.

Apollo. La divisione è sciocca, o Mercurio: essi non si vedranno mai, e non ottengono quello che più desideravano: e come in fatti si vedriano se uno è fra gli Dei, uno è fra i morti? E poi io fo il profeta, Esculapio il medico, tu se’ ottimo maestro nelle palestre, Diana fa la levatrice, ciascuno di noi fa un’arte utile agli Dei, o agli uomini: costoro che fanno? o debbono mangiare e bere così scioperati, essendo due pezzi di giovani?

Mercurio. No: ma hanno l’uffizio di aiutare Nettuno, andar cavalcando sul mare, e se veggono nocchieri in fortuna, posandosi sul naviglio, salvarli dal naufragio.

Apollo. Bella arte e salutare è cotesta!