Demofoonte/Argomento
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Demofoonte | Interlocutori | ► |
ARGOMENTO
Regnando Demofoonte nella Chersoneso di Tracia, consultò l’oracolo d’Apollo, per intendere quando dovesse aver fine il crudel rito, giá dall’oracolo istesso prescritto, di sacrificare ogni anno una vergine innanzi al di lui simulacro; e n’ebbe in risposta:
quando noto a se stesso
fia l’innocente usurpator d’un regno.
Non potè il re comprenderne l’oscuro senso, ed, aspettando che il tempo lo rendesse piú chiaro, si dispose a compire intanto l’annuo sagrifizio, facendo estrarre a sorte dall’urna il nome della sventurata vergine che doveva esser la vittima. Matusio, uno de’ grandi del regno, pretese che Dircea, di cui credevasi padre, non corresse la sorte delle altre, producendo per ragione l’esempio del re medesimo, che, per non esporre le proprie figlie, le teneva lontane di Tracia. Irritato Demofoonte dalla temeritá di Matusio, ordina barbaramente che, senz’attendere il voto della fortuna, sia tratta al sagrifizio l’innocente Dircea.
Era questa giá moglie di Timante, creduto figlio ed erede di Demofoonte; ma occultavano con gran cura i consorti il loro pericoloso imeneo, per un’antica legge di quel regno, che condannava a morire qualunque suddita divenisse sposa del real successore. Demofoonte, a cui erano affatto ignote le segrete nozze di Timante con Dircea, avea destinato a lui per isposa la principessa Creusa, impegnando solennemente la propria fede col re di Frigia, padre di lei. Ed in esecuzione di sue promesse inviò il giovane Cherinto, altro suo figliuolo, a prendere e condurre in Tracia la sposa, richiamando intanto dal campo Timante, che, di nulla informato, volò sollecitamente alla reggia. Giuntovi, e compreso il pericoloso stato di sé e della sua Dircea, volle scusarsi e difenderla; ma le scuse appunto, le preghiere, le smanie e le violenze, alle quali trascorse, scopersero al sagace re il loro nascosto imeneo. Timante, come colpevole d’aver disubbidito il comando paterno nel ricusar le nozze di Creusa e d’essersi opposto con l’armi a’ decreti reali; Dircea, come rea d’aver contravvenuto alla legge del regno nello sposarsi a Timante, son condannati a morire. Sul punto d’eseguirsi l’inumana sentenza, risentí il feroce Demofoonte i moti della paterna pietá, che, secondata dalle preghiere di molti, gli svelsero dalle labbra il perdono. Fu avvertito Timante di cosí felice cambiamento; ma, in mezzo a’ trasporti della sua improvvisa allegrezza, è sorpreso da chi gli scopre con indubitate prove che Dircea è figlia di Demofoonte. Ed ecco che l’infelice, sollevato appena dalla oppressione delle passate avversitá, precipita piú miseramente che mai in un abisso di confusione e d’orrore, considerandosi marito della propria germana. Pareva ormai inevitabile la sua disperazione, quando, per inaspettata via, meglio informato della vera sua condizione, ritrova non esser egli il successore della corona, né il figlio di Demofoonte, ma bensí di Matusio. Tutto cambia d’aspetto. Libero Timante dal concepito orrore, abbraccia la sua consorte; trovando Demofoonte in Cherinto il vero suo erede, adempie le sue promesse, destinandolo sposo alla principessa Creusa; e, scoperto in Timante quell’innocente usurpatore, di cui l’oracolo oscuramente parlava, resta disciolto anche il regno dall’obbligo funesto dell’annuo crudel sagrifizio (Hygin., ex Philarch., lib. ii).