Delle strade ferrate italiane e del miglior ordinamento di esse/Discorso Terzo/Capitolo VI

Capitolo VI

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CAPITOLO VI.


Strade ferrate in progetto compito, però ancora da approvare negli Stati parmensi.


Se si eccettuano alcune pubblicazioni, anche poco esatte, di giornali, non si conoscono documenti officiali che attestino la parte presa dagli Stati parmensi alla generale tendenza d’ordinare una ben intesa rete di strade ferrate nella Penisola.

Noi ci ristringeremo parlando sul proposito, ad indicare le poche informazioni avute da sicuro fonte perchè derivanti da persone pratiche di tale bisogna.

Fino dal febbraio dell'anno 1842 alcuni ingegneri milanesi ottennero dal governo di Parma di poter fare in quel ducato gli occorrenti studi tecnici pella costruzione di una strada ferrata che dal regno Lombardo-Veneto per Piacenza, Parma conducesse al Modenese.

Compiuto l’assunto lavoro, essi presentarono nell’agosto del 1844 il relativo regolare progetto al governo parmense, accompagnandolo d’un diviso di statuto sociale, onde assicurarne l’esecuzione, calcolata nella presunta spesa di sette milioni di lire [p. 299 modifica]italiane. Cotesta somma si dovea raccorre con settemila azioni da lire 1.000 ciascuna, pagabili per decimi ad intervalli non minori di sei mesi.

Il ministero parmense opinò, a quanto affermasi, favorevolmente al progetto, fino dal 17 gennaio 1845; se non che la relativa sovrana decisione, tuttora da emanare, non sembra per ora prossima, per considerazioni che s’ignorano, e forse dipendono da causa d’alta politica, che non è lecito investigare.

Gl’istessi ingegneri milanesi, nella ipotesi della costruzione del divisato tronco verso Modena, fecero contemporaneamente gli studi tecnici occorrenti per raggiungere da Piacenza la strada Ferdinandea,onde avere la corrispondenza della via di Parma con Milano.

Intanto un’altra compagnia di speculatoti fece formar pure un progetto di strada ferrata tra Parma e Pontremoli, mentre altra compagnia faceva eseguire quello corrispondente d’una linea di tali vie, la quale da Pontremoli andasse a Lucca.

Gli speculatori annunciarono già approvati cotesti progetti dai sovrani di Lucca e di Parma, ed i giornali di Milano e di Genova ripeterono tale annuncio, il quale per ora (settembre 1845) non pare ancor esatto ogni cosa essendo allo stato di mero progetto, e nulla più.

Di cotesti progetti qual’è la probabilità d’esecuzione; quale la presunta utilità; quali ne sarebbero i prevedibili effetti sul commercio speciale dello Stato parmense, o dell’Italia in generale?

Ecco ciò che ci accingiamo a discutere.

In linea d’arte, per quanto ci appartenga tenerne discorso, sicuramente l’esecuzione della linea tra Piacenza e Modena per Parma, e di quella da Piacenza ad un punto qualunque della trada Ferdinandea, non può presentare il menomo ostacolo; perocché si tratta di luoghi affatto piani, o quasi, solo intersecati da frequenti corsi d’acque.

La linea poi tra Parma, Pontremoli e Lucca potrà benissimo pel corso delle valli che versano nella gran valle del Po ed al mare le acque loro, anche eseguirsi senz’altra difficoltà, oltre quella del passo del giogo che separa i due versanti. Ma questo [p. 300 modifica]passo, che potrà farsi, o con piani inclinati o con tunnel, od ancbe, come da Novi a Genova, coi djie modi con temporaneamente, non può presentare difficoltà maggiori di quelle che offre la detta strada ligure, e che l’arte ha dichiarate facili a superare.

Non è adunque dal lato dell’arte improbabile l’esecuzione delle progettate vie.

Ma ciò premesso, il calcolo della spesa, il solo che sia noto da Piacenza al confine modenese, valutato a sette milioni di lire, sembra egli probabile?

Noi confessiamo che, sia che avvertasi alla distanza da percorrere, sia che si ponga mente ai corsi d’acque da passare, crediamola divisata somma insufficientissima all’uopo, e gravissima poi quella ulteriormente da presumersi necessaria per la costruzione del ponte sul Po a Piacenza, che dovrà assolutamente passarsi per giungere alla via ferrata Ferdinandea; noto essendo come sia a quel punto esteso il gran fiume; a meno che si consentisse ad una interruzione della linea, e si progettasse di lasciare l’attuale passo del fiume suddetto sur un ponte natante; la qual cosa, come scorgesi, torrebbe tosto gran parte del suo pregio alla nuova comunicazione divisata.

Ma queste difficoltà sono minime a confronto di quella massima dell’enorme spesa cui dovrebbe ascendere una strada ferrata; da Lucca a Parma, se si considera la distanza ed i luoghi per cui debbesi passare.

Diasi di fatto un’occhiata alla carta corografica d’Italia,e scorgesi che il passaggio dell’Appennino da Lucca a Parma per Pontremoli è poco meno del triplo in distanza, dell’Appennino che separa Genova dal piano lombardo che comincia a Novi. Ora i calcoli fatti per questo transito più probabili ascendono a poco meno di 30 milioni; si ristringano anche a 20, esempio non ancora succeduto di spesa reale minore della calcolata.

La spesa adunque da Lucca a Parma per Pontremoli può presumersi di 50 milioni quasi, e se questa spepà possa farsi in realtà da una società la quale avvisi ad opere effettive e non a speculazioni d’aggiotaggio, se possa farsi senza intervento di soccorsi governativi; se possa sperarsi compensata da prodotti adequati, [p. 301 modifica]sì lascierà giudicare dagli uomini che, estranei alle speculazioni preallegate, alieni dalle illusioni, con mente fredda, con sano criterio e con idee positive sanno valutar le pratiche sulle quali debbono deliberare.

A questa difficoltà gravissima della spesa, vuolsi ancora aggiugner quella del diverso territorio su cui dovrebbe passare la progettata via. Vogliamo parlare del transito di questa inevitabile sul territorio di Massa, appartenente al ducato di Modena, e su quello sardo; onde tre altre linee doganali e politiche a passare perciò fermate indispensabili, visite di effetti, vidimazioni di carte, ec., epperò notevole perditempo.

D’altronde, se siamo bene informati da Modena, ci consta che chiesta dai progettanti lucchesi una tale facoltà di transito, essa venne ricusata, dal sovrano estense, come credesi che sarebbe ugualmente denegata negli Stati sardi.

La strada in discorso adunque, anche supposta possibile nel rispetto dell’arte e della spesa, sarebbe resa improbabile per gli accennati rifiuti dei prìncipi, senza il consenso dei quali non può farsi.

Dovendo poi giudicare dell’utilità delie proposte vie quando quella di Piacenza a Modena da una parte sia posta in relazione con la strada Ferdinandea per a Milano, e dall’altra venga diretta per Bologna e le Legazioni allo scalo minore, ma tuttavia importante, di Ancona: non v’ha dubbio che il commercio interno ed esterno delle province attraversate, ed anche di quelle della Penisola intera che han con esse relazioni, può esserne grandemente vantaggiato; in ispecie quando da Piacenza un altro protendimento per Broni, Stradella, Voghera, Tortona e Novi venisse a congiungere i due porti di Genova e di Ancona.

Questa linea secondaria da Genova a Piacenza sarebbe molto profittevole al porto di Genova, il quale conserverebbe così la facoltà di provvedere delle derrate che vengon d’oltremare il ducato di Parma e di Piacenza; facoltà che in difetto potrebbe perdere ove si facesse senza di essa la linea che da Ancona venisse a Bologna, Modena, Parma e Piacenza. Laonde deriva la convenienza pel governo sardo di fare al proposito tutte le [p. 302 modifica]possibili facilità, perché l’impresa in discorso venga mandata ad effetto, come ne venne già fatta all’uopo la proposta, la quale sarebbe con ogni argomento di probabilità accolta.

Non si può negar tuttavia che tali vantaggi sarebbero secondari, quando si paragonino a quello primario sperato fondatamente dalla strada Ferdinandea, se questa si unisse immediatamente od anche mediatamente, ma a tenuissimo intervallo, con quella ligure-piemontese. Sebbene secondari; essi vantaggi meritano però di venir pregiati assai, specialmente pe’ luoghi che sarebbero con detta strada posti in diretta relazione, perchè più facili, più pronte e meno costose riuscirebbero loro le corrispondenze e le speculazioni relative di traffico speciale diretto ed indiretto, o di transito, come agevolmente comprendasi.

Quando poi si mandi ad effetto la divisata via da Torino a Lione ed a Ginevra, è chiaro che il protendimento da Alessanadria al Piacentino sarebbe un miglioramento d’immensa importanza, come si vedrà più evidentemente dimostrato nel vegnente capitolo 8.° parlando degli Stati pontifici. Perocché la linea diretta per essi sur Ancona diventerebbe, atteso il transito del commerció estero coll’Oriente, una delle primarie vie di questo.

Quanto alla popolazione chiamata a percorrere le due strade verso Milano, come verso Genova e Torino, sebbene in alcuni luoghi essa sia meno agglomerata ciò non di meno sarebbe ancor assai ragguardevole per richiedere di procurarle siffatte maniere di comunicazione.

Tutte queste ragioni ci fanno pertanto opinare, che delle tratte in discorso, la prima e la seconda dal confine modenese alla strada Ferdinandea per Parma e Piacenza, come da questa città a Genova ed a Torino, sarebbero utili, sebbene più costose della somma presunta, e quindi difficilmente presunte, dover produrre alla società che le intraprenderebbe un adequato compenso.

Che perciò esse correrebbero il pericolo di non potersi reggere senza soccorso governativo, fors’anche di neppure potersi terminare, come già è succeduta a varie di tali imprese. La terza linea poi da Lucca a Parma per Pontremoli, sebben possibile nel rispetto dell’arte, non lo è a modo alcuno, attesa la grave spesa [p. 303 modifica]occorrente all’uopo; avuto riguardo al nessun adequato compenso sperabile, e fatto riflesso che sicuramente non sarebbe autorizzata; laonde non si può presumere probabile a compiersi e solo temesi che possa essere oggetto di speculazioni dannose di aggiotaggio o d’inutili spese.

Se adunque gli Stati parmensi vogliano davvero aver parte all'ordinamento ben inteso della rete delle strade ferrate della Penisola, noi crediamo necessario il concorso del governo, praticabile mercè d’una garanzia d’interesse minimo, cui quella pubblica finanza potrà sottostare facilmente per la detta prima linea, come per quella da Piacenza a Broni; e quanto alla linea di Pontremoli, reputiamo prudente rinunziarvi.1

Note

  1. Le comunicazioni per le vie dell'Appennino, dette di Pontremoli e della Porretta, conducenti a Parma ed a Bologna, sono celebrate dagli speculatori toscani e lucchesi come singolarmente atte a dare straordinario aumento al porto di Livorno.
         Noi non crediamo che una tale fiducia sia interamente fondata. Le contrade che sarebbero con dette vie provvedute da Livorno, possono in primo luogo molto più facilmente essere provvedute da Genova e da Venezia; i quali scali saranno sempre due mercati assai più grossi di Livorno, checché si faccia. Arroge che le difficoltà notate per superare a que’ punti i gioghi dell'Appennino saranno sempre causa di tale spesa, chè questa non si potrà mai sperare compensata dal prodotto del prezzo de’ trasporti. Ed arroge ancora, che, siccome i capitali molto più abbondano a Genova ed a Venezia che nell’emporio toscano, affatto secondario per tale rispetto, non è a credere che dai detti due scali, dove troveran sempre utili speculazioni, que’ capitali vogliano trasferirsi a Livorno per specularvi, attese le accennate difficoltà. Anche Ancona per le Legazioni farà poi sempre a Livorno una molto proficua concorrenza.