L’ABATI AL LIBRO

Delle Frascherie di Antonio Abati fasci tre Delle Frascherie di Antonio Abati fasci tre/Titiano Abano al Libro IncludiIntestazione 15 luglio 2016 100% Da definire

Delle Frascherie di Antonio Abati fasci tre Titiano Abano al Libro
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L’ABATI


AL LIBRO


Già spunta la tua luce, ò Libro. Sorgi homai, e stimola le sonnacchiose pigritie al camino. Affretta i passi; che se ‘l tuo Viaggio tende à gloriosa meta, potresti giugner di notte; perché alla Gloria non mai, che nell’Occidente s’arriva.

Non badare a raffazzonarti molto, per che il Pellegrinaggio non vuol pompe: e molto meno devi haverle tu, che premendo vie non segnate da humano vestigio, sei certo, che non ti mancheranno sterponi; che ti sferzino, pruni, che ti pungano. Oh quanti Libri son’hoggi, che peregrinano con la Giornea d’un bel titolo, fra gl’incassati arnesi, non hanno poi habito da [p. 6 modifica]mutar comparsa, e vestimento, che grossolano non sia.

Sù, che ameresti di haver teco Compagni, da confabulare in cammino; mà non ti verrà fatto. Molti però dormono; perche non hanno pellegrini gl’ingegni, altri usciranno tardi, perche il viaggio loro è più corto del tuo, & altri precorsero i tuoi muovimenti al notturno raggio; perche si vergognano d’esser visti, e godono di peregrinare alla cieca. Non ti curar di questi: già che la luce delle loro Stampe è come quella d’una Prigione segreta a i Rei, che più vale à pigliar aria, ch’à farsi vedere.

Non saria gran fatto in questo tuo caminar solitario, che urtassi nei Malandrini non ti stupir dell’incontro: perche i Ladronecci hanno per lo più origine dalle carestie, e chi non hà robba, và a rubba. Preparati di haver à pagare chi ti fà ingiuria, e ti assicura intanto, che avverrà a i Ladri come alla Cornacchia di Esopo, che spogliata, dalle rapite pene, mosse il riso à i pennuti, ò come quell’Asino, che sbraveggiando sotto la maschera di un Cuoio, che suo non era, fù deriso dalla volpe, che lo riconobbe al ragghiare.

Spero, che ti converrà far transito per molte Città, o in queste troverai, se ben cerchi qualche dotto, e nobil huomo, che che non povero di spirito t’offrirà patrocinij, [p. 7 modifica]& hospitij. I miei Padroni, & Amici son pochi; ma son tali, che per honorarmi, son sicuro, che ti raccoglieranno, pellegrino, ti compatiranno inesperto, ti ripareranno lacero, ti ristoreranno stanco.

Ti rammento, che tù hai gran sembianza di cattivo, perche hai teco un Mondo di cose, e nel Mondo è hoggi poco di buono, e però non t’insuperbire, s’alcuno t’inalzasse alle stelle, dicendoti, che l’intelligenza de’ tuoi versi è Phebo, ò che nelle trafitture de’ Vitij ti porti da Marte, più tosto, se vuoi lode di celeste Natura, in queste tre cosse professala. A quei Personaggi, che ponno compartirti splendore, balena i tuoi lumi. A quegli Amici, che sono trombatori del tuo honorato talento, tuona le loro glorie. A quei Giganti, che per soprafarti, ardiscono d’inalzarsi, che non è dato loro il giugnere, e fulmina le tue Satire.

Nel vagare frà ingegni stranieri, e barbari, compatisci quei molti, che non intenderanno i tuoi detti, soffri quei moltissimi, che diranno non haver tù l’intendimento loro, considera che non senza cagione t’ho fatto io ragionare a gli Efesij.

Se piacci ad uno in qualche cosa, dì, che per lui ti movesti, se gli dispiacci in molte, dì, che passà a veder altri, se lo [p. 8 modifica]stomichi in tutti, dì, coraggiosamente, che anch’egli in tutte le parti tì fà nausea. Sempre la tua Fede sarà più autentica della sua, perche è di scritto, e son teco Testimonij che la confermano.

Se tu conseguissi mai accoglienza sul benevolo labro di qualche Grande, fanne conto, perche,

principibus placuisse viris non ultima laus est.                     Hor.

nè temere, che alcuni d’essi habbia parentelle in Asia, per imprender à tuo danno la difesa di quegli Asiarchi, di cui mormorando vai. I nostri personaggi d’Europa; e d’Italia son veri, e di non mentite lodi son degni; onde non cureranno, che in Arte tu finga censure in quegli Asiatici, che non furono mai in Natura.

Ti sei sfigurato in Idea un Corpo fantastico di vitio, e come tale, ti ponesti à notomizarlo in tutt’i gradi di persone, per insegnar altrui à conoscer, da qual parte può contaminarsi il tutto di un Microcosmo.

Tu non isvisceri i corpi de’ viventi, perchè questi non son capaci di taglio; e le Notomie si fanno sempre ne membri di sentimento privi; ond’è impossibile, che si maravigliano i Savij, che tu laceri in astratto i piccioli e mezzani, e’ grandi: mentre si sà, che i Notomisti non si fermano sù l’osservationi d’un’anguinaglia, e di [p. 9 modifica] una milza, mà ricercano etiandio le vene che hanno connessione col capo, e col cuore, e più quelle alle volte, che i muscoli delle estremità s’incidono. I vitij censurati ne gli huomini son come FRASCHE recise in Campagna, che quanto più sono di legna grosse, più durano, lo sterpar i Fuscelli minuti, che poco s’ergono, è un far provisioni da plebeo, e un ammassar materia, atta solo à recar una luce momentanea al tuo camino.

Sarà alcuno, che vedendoti frà varie Sarcine di prose, e di versi con l’inscrittioni dirette ad altri, crederà, che tù sia più tosto il Vetturale, che il Padrone di essi; mà và pur sicuro; perch’io farò correr voce, ove passi, che le prose, e i versi Italiani, c’hai teco benche convoiati dai tuoi Dicitori; ò condotti da Autori Anonimi, son però tutti tuoi Carriaggi, e Bagaglio.

Havrò anche cura, di far noto, che ti vengono dietro altri FASCI di robbe, già che in questa Condotta, in cui i Fagotti paion molti, le some son tre sole. È vero, ch’io non possiedo Stabili in questo Mondo; mà son però in concetto appresso gli Amici, d’haver del Mobile assai.

Preparati intanto per la Robba nuova, che trasporti hora, d’haver à pagare un buon Pedaggio a’ Censori; benche à dir il [p. 10 modifica]vero, potrebb’essere, che vi risparmiassi quest’interesse; poiche te le vedrai dai loro critici rimescolamenti lacerata in guisa, che havrà più cera di usata, e di logora.

Nel resto non ti mancheranno gravi sopracigli, copiati dalla fronte di Catone, che ti terranno in conto d’un Fantaccino, vedendoti viaggiare alle volte con lo stil pedestre. Deridili, e t’assicura, che s’essi di cavalcare professano, è forza c’habbiano dello Stivale più che tù non hai.

T’annuncio per ultimo, che a molti; finche sei giovane, sarai gradito, ma col tempo potresti esser esposto frà i Rivendugli delle Piazze, cioè morto, come tutto polve; od imbalsamato, come unto dalle mani del Vulgo; non ti rammaricare, perche questi mali, ò simili pronosticò anche un Horatio al suo Libro.

Charus eris Romae, donec te deferat aetas,
Contrectatus ubi manibus sordescere vulgi
Coeperis, aut tineas paces taciturnus inertes,
Aut fugies Uticam, aut unctus mitteris Ilerdam.

Due cose puoi sperar di buono, che se non vivrai immortale, forse morrai incorruttibile, perche non ti mancano Sali; e se avverrà mai, ch’altri Libri [p. 11 modifica]compariscano più di te ornati alla luce, forse niuno d’essi sarà di te più necessario alla correttione d’un’Età corrotta.

Inchinati al merito di quel Personaggio, à cui sacrasti le tue speranze, prima di farti conoscere, e da cui traesti guiderdoni, prima d’offerirgli i tributi. In questo Secolo vanno anche al rovescio i Pianeti; onde potrebb’essere, che tu conseguissi un giorno dal suo Marte quelle beneficenze, che non assaggiasti mai da un Giove. Vanne in buon’hora. Vivi lieto, e già che sei parto d’una Testa, sforzati d’haver cervello.

Addio Figlio.