Della tirannide (Alfieri, 1927)/Libro primo/Capitolo IV
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Capitolo Quarto
Della viltá.
Dalla paura di tutti nasce nella tirannide la viltá dei piú. Ma i vili in supremo grado necessariamente son quelli che si avvicinano piú al tiranno, cioè al fonte di ogni attiva e passiva paura. Grandissima perciò, a parer mio, passa la differenza fra la viltá e la paura. Può l’uomo onesto, per le fatali sue natíe circostanze, trovarsi costretto a temere; e temerá costui con una certa dignitá; vale a dire egli temerá tacendo, sfuggendo sempre perfino l’aspetto di quell’uno che tutti atterrisce, e fra se stesso piangendo, o con pochi a lui simili, la necessitá di temere e la impossibilitá d’annullare o di rimediare a un cosí indegno timore. All’incontro, l’uomo giá vile per propria natura, facendo pompa del timor suo, e sotto la infame maschera di un finto amore ascondendolo, cercherá di accostarsi, d’immedesimarsi, per quanto egli potrá, col tiranno; e spererá quest’iniquo di scemare in tal guisa a se stesso il proprio timore, e di centuplicarlo in altrui.
Onde ella mi pare ben dimostrata cosa che nella tirannide, ancorché avviliti sian tutti, non perciò tutti son vili.