../1. Di quest’età in generale, ed in particolare di questo periodo primo delle preponderanze spagnuola e francese combattute
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8 settembre 2024
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<dc:title> Della storia d’Italia dalle origini fino ai nostri giorni </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Cesare Balbo</dc:creator><dc:date>1846</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Della_storia_d%27Italia_dalle_origini_fino_ai_nostri_giorni/Libro_settimo/2._Stato_d%27Europa_e_d%27Italia&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20240908073727</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Della_storia_d%27Italia_dalle_origini_fino_ai_nostri_giorni/Libro_settimo/2._Stato_d%27Europa_e_d%27Italia&oldid=-20240908073727
Della storia d’Italia dalle origini fino ai nostri giorni - 2. Stato d’Europa e d’Italia Cesare Balbo1846Balbo, Cesare – Storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni, Vol. II, 1914 – BEIC 1741401.djvu
[p. 6modifica]2. Stato d’Europa e d’Italia [1492-1494]. — La Provvidenza ha tutto
nelle mani, senza dubbio; ma lascia apparire alcune, e cela altre
delle leggi delle opere sue; e fra le piú celate è forse quella per
cui concede o nega uomini alle nazioni. Fu uno di que’ decreti male
scrutabili di lei, che mentre i popoli oltremontani ed oltremarini si
univano dopo lunghi travagli ciascuno in un corpo di nazione sotto
principi se non grandi almeno arditi ed operosissimi, l’Italia, perduto
Lorenzo il magnifico, non avesse piú se non uomini o mediocri (come
giá quelli che eran succeduti a Cosimo e Francesco Sforza), o cattivi
o cattivissimi. — In Inghilterra Arrigo VII, regnante dal 1485, aveva
con suo maritaggio riunite le due case, distrutte le due fazioni di
Lancastro e di York, che l’avevano lungamente straziata. — In Ispagna
s’eran congiunte Castiglia ed Aragona fin dal 1474 con un altro
maritaggio tra Isabella e Ferdinando; e questi insieme avean poi
conquistata Granata, l’ultimo regno e rifugio di mori, in quel medesimo
anno [1492] della morte di Lorenzo e della scoperta d’America; ondeché,
non rimaneva piú disgiunto se non il piccol regno di Navarra, e tutte
quelle vittorie e fortune accendevan l’animo piú inquieto che grande,
ma insomma ambiziosissimo di Fernando, detto (appunto allora e per
concessione del papa) il «re cattolico». — In Francia, dove Carlo VII
aveva finita la guerra d’indipendenza e cacciati gl’inglesi, e Luigi
XI riunite Borgogna e Provenza e i diritti de’ secondi Angioini al
regno di Napoli e Sicilia, regnava il giovine Carlo VIII dal 1483;
e, riunita Bretagna sposando Anna che n’era duchessa,
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ambiva quel
retaggio dei conti di Provenza in Italia, ambiva l’imperio orientale,
una gloria da Carlomagno, qualunque gloria. — Finalmente in Germania,
signora nostra (di nome per vero dire oramai, ma anche i nomi son
pericoli ai deboli), succedeva nel 1493 al misero Federigo III
d’Austria Massimiliano prodigo, inquieto, ed egli pure ambizioso. Con
tre principi come Ferdinando, Carlo VIII e Massimiliano a capo di tre
quarti della cristianitá, non è meraviglia che ella si sconquassasse
tutta; è piuttosto miracolo che non ne perisse. E intanto in Italia
signoreggiavano, su Savoia e Piemonte, Carlo II, fanciullo d’un
anno quando succedette nel 1490; su Monferrato, Gian Francesco II
pur fanciullo; su Milano, quasi fanciullo quel giovane ed incapace
Gian Galeazzo, che dicemmo sotto la quasi tutela di suo zio Ludovico
il moro, e che, avendo sposata nel 1489 Isabella di Napoli, n’aveva
acquistata in apparenza una protezione, di fatto un nuovo pericolo,
per la gelosia e la paura concepitene dal Moro. In Firenze erano
succeduti alla potenza indeterminata di Lorenzo, Piero mediocrissimo
che non la sapea tenere, e due fratelli minori, Giovanni, allor
cardinale e che fu poi papa Leon X, e Giuliano. E sulla sedia romana,
morto il Cibo nel medesimo anno fatale 1492, era succeduto Borgia,
Alessandro VI, il peggior papa di questi tempi, ove ne furono pochi
buoni. Signoreggiavano ne’ ducati di Ferrara e Modena gli Estensi; in
quello d’Urbino, i Montefeltro; i Gonzaga in Mantova; i Bentivoglio
in Bologna; i Baglioni in Perugia; i Colonna, gli Orsini ed altri
signorotti, in molte terre della Chiesa. In Napoli regnava il perfido e
crudele, e cosí diventato potente, ma ora vecchio Ferdinando I, che non
seppe scongiurar il pericolo, che morí prima di succombervi nel 1494.
Sicilia era del re cattolico. Genova, tenuta come feudo di Francia da
Ludovico il moro. E Venezia, giá caduta in quella viltá e stoltezza del
volersi tener neutrale ne’ pericoli comuni, isolata. E cessati, con
Francesco Sforza e i Piccinini, i grandi condottieri potenti al par
di principi e repubbliche, non ne rimanevan guari se non de’ piccoli,
impotenti a tutto, salvo che a tener disavvezzi dall’armi i popoli
della imbelle Italia.