Della storia d'Italia dalle origini fino ai nostri giorni/Libro sesto/1. Gregorio VII e l'etá presente, in generale pag.

1. Gregorio VII e l’etá presente, in generale pag.

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Libro sesto Libro sesto - 2. Pontificato di Gregorio VII

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1. Gregorio VII e l’etá seguente, in generale. — Gli uomini veramente grandi, Camillo, Cesare, Carlomagno, Gregorio VII, hanno il privilegio di dar principio a nuove etá. È naturale: essi non furono cosí grandi, se non perché sorgendo i loro grandi animi in mezzo alla piú grande delle umane occasioni, quando le generazioni, stanche di lor cattive condizioni, hanno bisogno e desiderio di mutarle, essi seppero porsi a capo di tale desiderio, lo secondarono, lo guidarono, lo effettuarono. Gli animi nati grandi ma senza occasioni, gli animi nati grandi ma rivoltisi contro alle occasioni, non fanno frutto d’utilitá né di gloria; sono simili a que’ semi sovrabbondantemente sparsi anche nella creazione materiale, affinché ne frutti dei mille uno, e gli altri manifestino l’oltrepotenza del Creatore. — La grande occasione in che sorse Gregorio VII, noi, se non ci siamo ingannati, l’abbiamo giá dichiarata via via. Da presso a tre secoli pativano i popoli, pativano e s’erano corrotti gli ecclesiastici universalmente, piú quelli d’Italia, piú di tutti quelli di Roma, per il mal inventato imperio, per il mal perfezionatosi sistema feodale; popoli e chiese, e chiesa romana principalmente, avevano desiderio, necessitá di uscir di tali patimenti e corruzioni, di liberarsi e restaurarsi. Quando uno de’ primi papi buoni che risorsero, Gregorio VI, ebbe innalzato nella curia romana Ildebrando, da quel dí [1044-1046] tutto, incominciando da quello stesso papa dubbiosamente eletto, tutto si riforma, si restaura, si migliora colá e da colá; elezioni e regole di elezioni dei papi, elezioni dei vescovi, costumi ecclesiastici in generale. E per trent’anni poi proseguesi l’opera, [p. 176 modifica] senza dar un passo indietro; ondeché tutti gli storici videro qui un’impulsione, un’opera personale, quella d’Ildebrando presente e potente. — Salito ora esso stesso Ildebrando al papato [1073], qual fu l’opera di lui? Diciamolo, come si conviene alla nostra brevitá, ad un tratto: fu né piú né meno che continuazione dell’opera precedente, della restaurazione della Chiesa in generale, della chiesa romana in particolare. La quale restaurazione poi comprendeva: 1° l’abolizione del concubinato degli ecclesiastici, il rinnovamento e stabilimento definitivo di lor celibato; 2° l’abolizione delle elezioni simoniache feodali; 3° la liberazione soprattutto della chiesa romana da quella condizione di feudo imperiale, che era pretesa dalla corte germanica; 4° quindi, di necessitá, la restaurazione della chiesa romana, nella pretesa contraria, ma antica, ma originaria, ma inevitabile dal dí del Natale 799, d’incoronare e proclamare, e quindi confermare e perciò giudicare l’imperatore. Pretesa esorbitante, sia pure; ma a chi la colpa? A Carlomagno che aveva cosí fondato l’imperio, all’imperio cosí fondato; 5° finalmente, quella che altri chiama perfezione e noi chiamiamo confusione, caos feodale, aveva da per tutto sottoposti molti feudi laici a questa o quella chiesa vescovile od abbazia, e n’aveva sottoposti tanto piú alla chiesa somma romana: parecchi ducati longobardi e normanni a mezzodí d’Italia, Sardegna, Corsica, alcuni regni spagnuoli, e via via. E fu quindi anche opera naturale di Gregorio VII rivendicar tutte queste pretese. Le quali dicansi pur di nuovo cattive da’ filosofi o politici, noi contradiremo loro meno che mai. Ma che gli storici e biografi di Gregorio VII, non attendendo a niun fatto precedente, gli attribuiscano un progetto, un’idea, un’invenzione di non so qual monarchia universale, che sarebbe stata tutta contraria alle idee, alle possibilitá di questa etá, la quale giá aveva la monarchia universale dell’imperio; questa mi pare una delle piú antistoriche fra le molte antistoriche spiegazioni che si dánno della storia. Gregorio VII non fece questa, non fece nessuna invenzione nuova; non fece, tutt’al piú, se non il disegno di restaurar la Chiesa in tutti i diritti [p. 177 modifica]suoi allora esistenti; e siffatto disegno era in tutto legittimo, e in molte parti utile, grande, e conforme ai bisogni, ai desidèri, di quell’etá; era una reazione naturalissima. Eccedette egli ne’ mezzi? Siam per vederlo e per dirlo schiettamente, come il vedremo via via. — Ma fin di qua dobbiamo far osservare a’ nostri leggitori italiani, che dal proseguimento di questo disegno di Gregorio VII, dall’abbattimento ch’ei procacciò cosí alla potenza imperiale, sorse indubitabilmente e finalmente (senza che forse ei vi mirasse), sorse, lui vivente o pochissimi anni appresso, il compimento della costituzione de’ comuni italiani, il loro governo consolare. E perciò qui cominciamo l’etá di questi comuni. Della quale, copiosissima d’eventi, ci sará piú che mai necessario distinguere le suddivisioni; e ci pare poterle fare molto naturalmente, di secolo in secolo, da quest’ultimo quarto dell’undecimo, all’ultimo quarto via via de’ quattro successivi.