Della moneta (1788)/Capitolo XX

Capitolo XX - Alterazioni prodotte dalla corrosione delle monete

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Capitolo XX - Alterazioni prodotte dalla corrosione delle monete
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CAP. XX.

Alterazioni prodotte dalla corrosione delle Monete.


S
I è parlato finora dei cambiamenti di valore cui sono sottoposte le monete d’oro relativamente a quelle d’argento e queste relativamente a quelle di rame. Non si è mai supposto che tra le monete del medesimo metallo fabbricate d’egual titolo potesse nascere sproporzione alcuna, nè che uno scudo potesse mai valere più o meno di sei lire effettive d’argento fabbricate nella maniera [p. 117 modifica]esposta al Cap 4.. Ma la corrosione delle monete prodotta dall’uso o dalla frode degli uomini, può cagionare una vera sproporzione, non solo fra le monete di diversi metalli, ma ancora fra le monete del metallo medesimo; e giacchè si è parlato dei rimedj da usarsi quando nascono sproporzioni nelle monete, è ben conveniente che si parli anche distintamente de’ rimedj applicabili alle monete divenute calanti. Cominciando dalle monete d’argento, le picciole si consumano più che le grandi, perchè hanno più superficie relativamente alla loro massa, e perchè sono più frequentemente adoperate nella velocissima circolazione del minuto commercio. Avverrà dunque che se uno scudo d’argento ha perduto in un certo periodo d’anni una centesima parte del suo peso, le lire ne avranno perduto due, tre o quattro centesime parti. Finchè la corrosione delle monete minori è cosa di poco, non produce sensibili alterazioni nei loro valori. La ragione si è che tali monete si considerano non solo come pezzi di metallo monetato, ma ancora come segni rappresentanti le monete maggiori; e il bisogno che si ha delle picciole monete nell’uso del minuto interno commercio, fa che non si badi più che tanto se siano di giusto peso, o alcun poco calanti, parendo a ciascuno che potrà sempre [p. 118 modifica]cambiare 6. lire con uno scudo. Quindi osservasi che non si sogliono mai pesare le piccole monete d’argento, quantunque già sappiasi e vedasi che sono alcun poco consunte dall’uso. Ma quando il calo di queste monete arrivasse ad essere la ventesima o la venticinquesima parte del peso giusto che dovrebbero avere, allora la ragione del valore metallico di ciascuna moneta ripiglierebbe il suo diritto, e vedrebbonsi tali monete scemate di prezzo presso le Nazioni straniere, quindi presso i banchieri della Nazione stessa ove furono fabbricate, e finalmente presso tutto il popolo. Allora sarà tempo di riformare tali monete fabbricandone delle nuove di giusto peso, cui convengano le denominazioni di lire, di quarti di scudi ec. e abbandonando le vecchie alla libertà del commercio. Queste scemeranno così tanto di valore ad essere apprezzate poco più che a ragione d’argento in pasta, e o passeranno alle Nazioni straniere, o saranno liquefatte in gran parte dagli artisti, onde non isconvolgeranno mai la corrispondenza dei valori numerarj coi reali, ossia delle denominazioni coi valori. Nè si creda già che una tale operazione debbasi fare frequentemente a carico della Zecca. Credo che non basti mezzo secolo a scemare considerabilmente il peso delle piccole monete [p. 119 modifica]d’argento. Oltreciò la Zecca fabbricandone ogni anno, o almeno ogni dieci anni delle nuove, sempre di giusto peso, non si avrà all’uopo che a diffidare le monete anteriori d’una tal data rifiutandole pe’ tributi, e lasciandole alla ventura delle merci, perchè sia tolto ogni disordine.

Molto meno frequente sarà il bisogno di riforma per le monete di rame, sì perchè essendo questo metallo più duro assai dell’argento, è meno soggetto alla corrosione, sì perchè la spesa della fabbricazione entrando in maggior parte, relativamente al valore metallico, a formare il valore totale della moneta nel rame, questo valore resta assai meno scemato dalla diminuzione del peso. Così io credo che in un secolo intiero non vi sarà mai bisogno di riformare le monete di rame, e basterà fabbricar sempre di giusto peso tali monete successivamente, ritirando le più vecchie allora solo che faranno troppo consunte.

Le monete d’oro per la maggiore diligenza, con cui sogliono custodirsi sono meno soggette alla corrosione che le monete d’argento, ma in vece sono soggette a maggiori corrosioni fraudolenti, perchè per poco oro che detragga da molte monete, ci può avere il tosatore molto guadagno. L’uso di ricevere comunemente in giuoco le [p. 120 modifica]monete d’oro enormemente calanti, dubito che non abbia molto influito a promoverne l’abrasione. Come si dice in proverbio, che il giuocatore comincia da essere frodato, e termina con essere frodatore, così io non sarei lontano da credere che molti giuocatori di professione s’occupino assaissimo di questo negozio. Ma questo è forse il minor male prodotto dal giuoco, e non è qui il luogo di discorrerne: dirò solo per quanto spetta a conservare alle monete i loro giusti valori, che non essendo ricevute dal Principe in pagamento de’ tributi le monete d’oro calanti oltre la quantità tollerata, e non essendo costretto alcuno a riceverle in isconto del suo credito, correranno esse in commercio con una diminuzione di prezzo relativa al calo, e non vi sarà in ciò male alcuno. La tolleranza d’un grano per ogni Zecchino non sembra irragionevole nè pericolosa, perchè non arriva al due per cento, provvede per lunghissimo tempo a conservare nel medesimo valore le monete d’oro: valore bensì che si va insensibilmente scemando, ma di quantità così piccola a non meritare una riforma, nè le attenzioni del Governo. Il perfetto, l’esatto non si dà in natura, e negli affari economici, più che nei fisici, non si può calcolare che per approssimazione. Quando però le nazionali [p. 121 modifica]monete d’oro avessero sofferto per la maggior parte dal lungo uso una corrosione sensibile eccedente un grano per zecchino, non sarà che bene sostituirvi monete di giusto peso abbandonando le vecchie al commercio, come si è detto dell’argento.