Della moneta (1788)/Capitolo I
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Giambattista Vasco - Della moneta (1788)
Capitolo I - Valor vero della moneta
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DELLA MONETA
CAP. I.
Valor vero della Moneta.
I
L valore della moneta, come il valore d’ogn’altra cosa, non è che un rapporto della moneta a quella cosa con cui si cambia. Ogni uomo si priva di ciò, che meno gli preme di possedere per acquistare ciò, che gli preme di più. La maggiore o minore premura degli uomini d’avere una cosa piuttosto che un’altra, la difficoltà o facilità d’averla, sono le cagioni, che determinano il valore di ciascuna cosa nel comune umano commercio. Ma il particolare bisogno o desiderio, che abbia un uomo d’una cosa oltre al comune desiderio d’altri uomini, lo determina ad esibire una maggior quantità d’altre cose per ottenerla, che non sogliono gli altri esibire comunemente. Sono adunque due i valori, che può avere ciascuna cosa: uno arbitrario e capriccioso nelle particolari circostanze d’alcuno (e di questo valore qui non occorre parlare), l’altro comune determinato, come ho detto, dalla maggiore o minore ricerca, che la pluralità degli uomini ne suol fare. Vana, ed inutil cosa sarebbe il voler fingere o fabbricare altri valori nella moneta. Sia il valor del metallo, sia quello del conio, sia il fissato dalle leggi, sia l’abusivo, sia quel che si vuole, il valore d’uno Zecchino è tutto ciò che comunemente gli uomini danno per avere uno Zecchino, che vuol dire per esempio due monete d’argento, una tabacchiera, un cappello, una vettura ec. Non v’è dunque nella moneta alcun valore assoluto, ma egli è sempre reciproco; cioè uno Zecchino è il valore d’un cappello, come un cappello è il valore d’uno Zecchino, qualunque sia l’origine, o la causa determinante questo valore1.
- ↑ Alcuni distinguono nelle merci il valore dal prezzo: chiaman valore d’una merce il di lei rapporto alla merce con cui si cambia, e chiamano prezzo la quantità di moneta, che suol cambiarsi con quella merce. Altri assottigliando di più, distinguono anche nella moneta il valore dal prezzo. Ho osservato, che simili sottigliezze sono più atte ad imbarazzare ì lettori, che a dilucidar la materia. Senza entrare nella etimologia della parola valore, e senza svilupparne i varj equivoci sensi, io l’ho qui adoperata in quel senso in cui suol essere adoperata comunemente, e sarò fedele a non usarla mai in altro senso, senz’avvertirne il Lettore.