Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro I/CAPO VII

VII. Del fuggire la vana speranza, e la superbia.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
VII. Del fuggire la vana speranza, e la superbia.
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CAPO VII.


Del fuggire la vana speranza, e la superbia.


1. Vano è colui, il quale colloca la sua speranza negli uomini, o nelle cose create. Non ti vergognare di farti servo degli altri per l’amore di Gesù Cristo, e di comparire povero in questo mondo. Non ti appoggiare sopra te stesso, ma in Dio ferma la tua speranza. Fa quello che è in te, e Dio porgerà la mano al tuo buon volere. Non ti fidare nella tua scienza, o nell’accortezza di uomo che viva; ma piuttosto nella grazia di Dio, il quale dà ajuto agli umili, e deprime coloro, che presumono di se stessi.

2. Non ti gloriare delle ricchezze, se ne hai, nè degli amici, per esser potenti; ma sì di Dio, che dona tutto, [p. 15 modifica]e sopra ogni cosa vuole donare se stesso. Non ti gonfiare della grandezza, o della bellezza del corpo; ch’ella si guasta, e si disforma per picciola infermità. Non ti compiacere in te stesso della tua abilità, o del tuo ingegno: che tu ne verresti in odio a Dio, di cui tutto è, checchè tu ti abbia di naturale bontà.

3. Non ti tener migliore degli altri, che tu potresti esser peggiore a Dio, il quale vede quel d’entro. Non ti dar vanto delle opere buone; perchè altramenti stanno i giudizi di Dio da quelli degli uomini, al quale spesse volte dispiacciono quelle cose, che piacciono agli uomini. Se tu abbi alcun bene, credi meglio degli altri, per mantener l’umiltà. Non ti fa danno, se tu ti ponga sotto a tutti; ma ben ti nuoce assaissimo, se pure ad un solo ti metta sopra. Continua pace è con l’umile; ma nel cuor del superbo gelosia, e cruccio frequente.