Della eccellenza e dignità delle donne/De la dottrina
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De li beni dell’intelletto rimane a vedere de le virtù speculative o vero de la dottrina, la quale alcuni uomini invidiosi hanno cercato con scherni e risa volerla dissimulare, infingendosi nove cose de la sapienza feminile quasi como vogliano si creda tanto ogni femina essere più bestiale e pazza, quanto è più savia e ben parlante estimata, persuadendosi, perché le donne non vadano a Pavia a studiare leggi, che nulla sappiano e che da nulla sia il loro ingegno e consiglio.
Ma non cade la disputazione nostra in queste cose; conciosia che perché non si essercitano, non mi si tole (posto che spendessero il loro tempo nei studi, como fanno gli uomini) non facessero quello profitto e più che essi facciano. La quale cosa assai manifestamente si è veduta ne’ tempi antichi di colei cui la tarda venuta dil giovane Faone spinse a precipitarsi e fiaccarsi il collo da la rupe Leucadia, la quale così per li colti e limati suoi libri meritò il nome di optima dicitrice in versi e di poetessa, come già tra i poeti Omero. Legesi ancora di Corinna tebana che tratta in iudicio vinse Pindaro, quale incomparabile è da molti latini estimato, ed Erinne compose trecento versi al parangone de quelli de Omero.
Quante donne ancora si sono già ritrovate nei studi de le littere eccellenti? come già le romane Cornificia, Ortensia, Sulpizia, Paula e Marcella, de quali scrive il beato Ieronimo, Polla moglie di Lucano, Calpurnia di Plinio, Lelia socera di Lucio Crasso oratore, la quale per la eleganza de la lingua e prontezza d’ingegno esso più voluntieri udire soleva che non faceva Nevio o Plauto. Fu eziandio Proba, moglie di Adelfo proconsule romano, che de’ versi vergiliani con maraviglioso artificio scrisse il Testamento vecchio e novo e si può dire che fece Virgilio parlante di la fede e cristiano. Leggemo ancora di Temistoclea sorella di Pitagora, Areta figliuola de Aristippo, Cleobolina unigenita figliuola di Cleobulo uno de’ sette savi e molte altre savissime e nei più moderni tempi di Zenobia e di quella che essendo nata in Anglia, sconosciuta e vestita con panni virili venne in Roma e tanto fu il suo ingegno che, fatta prima cardinale, in breve tempo pervenne alla dignità de la quale più oltra non si può sperare. Quale uomo adunque devesi di ingegno e saviezza a questa donna aguagliare? Certo niuno.
Che diremo de la sibilla Amaltea che compose i libri ove si conteneva la cura de la romana republica? Certo io non so se non che quanto saviamente fecero mai i romani convenevole cosa fora che la maggior parte de la laude fosse attribuita a lei, per la cui dottrina aveano imparato quale consiglio in ogni loro bisogna dovessero prendere. Taceremo noi de Carmente che prima trovò le littere latine? Da la quale sono detti i carmi cioè i versi.
Avendo adunque li Romani e le littere e il governo de la republica avuto da femine, ne le quali cose specialmente consiste la sapienza, verisimile cosa è che non solamente le donne più savie de li uomini siano, ma che sempre fussero e saranno più savie. E quindi procede che l’antiquità imaginò e pinse le Muse, excitatrici degli elevati ingegni, femine e pinse ancora Minerva dea de la sapienza donna e non uomo, come già di sopra è detto de la iustizia. E questo consentimento di tutta gente in pingere queste sacre dive mi pare sì gran testimonio in favore de le donne, che io per me non ne so più oltre desiderare, avegna ci siano mille autorità de filosofanti che parlando de la natura degli animali, dicono generalmente le femine esser più disciplinabili e agevoli de imparare, non excettuando più la donna che altra specie.
Il medesmo ancora tra l’altre ragioni per questa si prova che le più volte la bontà de l’ingegno dimostrasi per la bellezza corporale, quale come diremo nei seguenti capitoli, specialmente regna ne le donne. E Omero scrive Aiace esser stato uno uomo grande, spacioso e vasto e per conseguente bestiale e pazzo e strabochevole in ogni cosa e di Ulisse dice che era raccolto e ben proporzionato e perciò savio e prudente e acorto ne le bisogne. Se adunque nel corpo più raccolto consiste più sapienza, manifesta cosa è che le donne sono naturalmente più piccole, meglio composte e proporzionate e pertanto più savie e di migliore ingegno dotate, il che ne dimostra la stella di Mercurio dominatrice sopra li ingeniosi, quale nel segno de Vergine è fortunatissima.
Né lasciaremo a dire de la mollicie e delicatezza de la carne, manifesto segnale (come vogliono tutti i filosofanti) de la sottigliezza de l’ingegno, la quale cosa esser vera si comprende per quella scienza e dottrina che negli uomini si ritrova, perciò che rade volte adviene che questi uomini, ruvidi e grossi e de la pelle e de li peli, siano atti ad imparare littere e in contrario quelli che sono più teneri e molli de carne sono de migliore ingegno dotati e conseguentemente le femine hanno l’ingegno più agevole ad imparare ciò che vogliono.