Della dissimulazione onesta/VII. Dell'esercizio che rende pronto il dissimulare
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VII.
Dell'esercizio, che rende pronto il dissimulare
Da chi ha per non plus ultra le porte delle natie contrade, o che da’ libri non apprende il lungo e ’l lato del mondo, e’ suoi vari costumi, con difficultá si viene al consiglio della dissimulazione; perché in persona cosí molle e poco intendente, riesce molto dura questa pratica, la qual contiene l’esser d’assai e talora parer da poco: è dunque conforme a questo abito chi non s’è tanto ristretto, poiché dal conoscer gli altri nasce quella piena autoritá che l’uomo ha sopra se stesso quando tace a tempo, e riserba pur a tempo, quelle deliberazioni che domane per avventura saranno buone, ed oggi sono perniziose. Chiaro è che ’l viaggio per diversi paesi, come Omero cantò di Ulisse, qui mores hominum multorum vidit et urbes, o l’aver letto ed osservati molti accidenti, è cagion potente a produrre una gentil disposizione di metter freno agli affetti, acciò che non come tiranni, ma come soggetti alla ragione, ed a guisa di ubbidienti cittadini, si contentino ad accommodarsi alla necessitá, della quale disse Orazio:
- Durum, sed levius fit patientia
- quicquid corrigere est nefas.
Sí che tant’altezza di spirito si accresce per mezzo della vita occupata negli affari del mondo, e nella considerazione del tempo passato, per non contradir al presente e poter far giudicio dell’avvenire. Stando la mente cosí sodisfatta, non le parrá nuova qual si sia mutazione che le si vada rappresentando, ed in conseguenza dipenderá da lei, e non dal precipizio del senso, l’espression di quanto le succede.