Della congiura di Catilina/XXVIII
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Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
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A tai detti, mostrandosi tutti gli altri atterriti ed incerti, Cajo Cornelio, Cavaliere, e Lucio Vargontejo, Senatore, fermarono d’introdursi con armati in quella notte stessa da Cicerone, come per visitarlo, e nella propria casa improvvisamente inerme assalitolo, trucidarlo. Ma Curio, avvisato del grave pericolo che a Cicerone sovrasta, per mezzo di Fulvia, prontamente il preparato inganno gli scopre. Vietato perciò agli assassini l’ingresso, siffatto delitto a vuoto mandavasi. Manlio intanto nell’Etruria instigava la plebe, che per indigenza e per risentimento dell’essere stata affatto spogliata dalla tirannide di Silla, invogliata erasi di novità. Radunava inoltre d’ogni specie ladroni, che molti quella provincia ne avea, ed alcuni soldati di Silla, che avevano in dissolutezze e lusso consunte le loro rapine.