Della congiura di Catilina/XLIX
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Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
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È certissimo però, che Quinto Catulo e Gneo Pisone in quel tempo adoprarono e credito e preghi e promesse per indur Cicerone a far dagli Allobrogi, o da altro delatore, falsamente accusar Cajo Cesare; ma il tutto fu invano. Odiavanlo sommamente entrambi: Pisone, perchè era stato da lui convinto di concussione, nella condanna di un Transpadano iniquamente giustiziato; Catulo, perchè e per lunga età e per massimi onori maggiore di Cesare, aveva pure a concorrenza perduto il pontificato rapitogli da quel giovinetto. Opportuna parea l’occasione di calunniarlo, essendo Cesare per le private liberalità e per le pubbliche magnificenze oppresso dai debiti. Ma nulla potendo essi per via del Console, ad uno ad uno i Senatori aggiravano; e combinando ed accrescendo le cose da Volturcio e dagli Allobrogi palesate, o supposte, tant’odio contro a Cesare suscitarono, che alcuni Cavalieri Romani posti armati alla guardia del tempio della Concordia, spinti o dal grave pericolo o da altezza d’animo ad ostentare il loro amor per la patria, colle spade minacciarono Cesare all’uscir dal Senato.