Dell'Oreficeria rispetto alla legislazione/XVII

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G. Battista Say, se vivesse in questi tempi e vedesse come la civiltà crescente aguzza l’ingegno anche agli uomini pravi che vivono d’inganni, non avrebbe scritto che «i regolamenti i quali assoggettano ad un bollo l’oro e l’argento che si pone in vendita, sono approvati dai partigiani più aperti della libertà d’industria. La verificazione del titolo è un’operazione delicata che ogni compratore non è mica in grado di fare. La marca che lo certifica è nell’interesse stesso del venditore; poichè si comprerebbe con ripugnanza un pezzo d’orificeria che lasciasse qualche incertezza sul suo titolo.» [p. 40 modifica]Econom. polit., X. Qual sia la certezza del compratore, quale la sicurezza del marchio, quale l’abilità de’ falsificatori, quale effetto nasca dal ricorso d’un compratore nel caso in cui il metallo non si trovi della bontà indicata dal bollo, quali i guadagni che vi fa il commercio esterno con questo bollo, l’abbiamo veduto sopra: sarò scusato però se non mi accordo col dotto scrittore, che anche in questa materia propugna il diritto del libero lavoro, sostituendo il bollo volontario al bollo obbligatorio. Difatti il marchio volontario che è fondato sopra i principii economici accettati universalmente fu adottato nella gentile Toscana, in questa provincia italiana ove invalse il principio del libero traffico de’ grani, che vanta la migliore legislazione sulle miniere, che è autrice della riforma economica in generale, che ha antecipato le dottrine della scuola libera di Manchester. In Toscana fu adottato il sistema del libero bollo nel 1772, quando vennero a luce le famose leggi onde Leopoldo fu noverato tra gli ottimi legislatori. Nondimeno a cagione d’influsso esterno questo sistema fu abolito nel 1817 per cedere il posto alle leggi francesi del sistema di guarentigia. Ma nel 1832 fu ristaurato per queste ragioni che sono compendiate nel decreto, il quale diceva così: «Considerando i risultati avuti dall’assoluta libertà di fabbricazione, e di poi quelli che si sono avuti dal sistema restrittivo e di garanzia e la poca efficacia che è derivata dai provedimenti fatti, che non hanno avuto altro effetto che di rendere necessaria una costante vigilanza, la quale ha [p. 41 modifica]maggiormente inceppato l’arte per rispetto alla libera concorrenza generalmente applicata a tutte le altre manifatture, e non volendosi circoscrivere il vario genio del pubblico a danno dell’industria, nè compromettere il credito nazionale con farragginosi regolamenti, e procurare al tempo stesso la buona fede nei lavori col dare ad altrui richiesta una sicurezza di una data bontà, lasciando poi a ciascuno la piena libertà di adottare quei temperamenti che giudica più adatti al proprio interesse, si comanda ec.» Da indi in poi fu sempre nella Toscana in vigore quel sistema liberale, nè si udirono richiami nè degli artefici nè de’ compratori. Ora, dico io, quale dei sistemi è preferibile? Quello onde il governo ci carica di pastoie, intralci e fastidi di ogni specie, ovvero quello che fondato suoi noti aforismi economici del lasciar fare e lasciar correre, ha fatto sì bella prova in Toscana, in quella provincia che è più innanzi di tutte le altre per civiltà? Non sembra che la risposta sia dubbia. Il bollo forzato ha provato male dappertutto; lo scopo che i legislatori se ne prefissero fallí sempre, il pubblico non solo non ne fu mai guarentito, che anzi non badando ad altro che al bollo e del restante chiudendo gli occhi, credè di possedere oro di coppella e l’ebbe d’infima bontà, e talvolta peggio; i delitti di falsità crebbero invece di scemare, e gl’inesperti furono gabbati più del consueto. Se il regime governativo fosse soppresso, il negoziante onesto non avrebbe che a guadagnarvi. Da vero, i negozianti onesti ci guadagnerebbero, esclama un [p. 42 modifica]egregio economista, poichè il pubblico invece di riposare sulla cooperazione del governo, per preservarsi dalla frode, e di concedere al marchio un’imprudente confidenza, saprebbe che per lui la miglior guarentigia è averla a fare con mercanti onesti. Farebbe per le opere d’oro e d’argento quello che fanno pei diamanti le persone prudenti, cioè ne comprerebbero da coloro che godono fiducia dall’universale. In Francia, egli continua, questa semplicissima risoluzione non ha molta propabilità che sia molto presto adottata, perocchè quivi la pubblica amministrazione non rinunzierà agevolmente ad un’entrata netta di quasi un milione che ricava ogni anno dagli uffici di guarentigia, ossia due milioni di entrata lorda. Per tanto continuerà ancora lungamente a fare come in passato, opponendo alle critiche del sistema di guarentigia i proventi del fisco, e alle critiche del sistema fiscale la necessità della pubblica guarentigia.

I governi nello immischiarsi nell’andamento delle arti e delle industrie pretesero un proposito assurdo, perchè essi non veggendo tutte le parti dello scibile senza certi adombramenti che emanano dalla timida potenza, delegarono uomini troppo rigidi conservatori, i quali studiandosi di comparire quasi la scaturigine universale di tutti i beni, sotto l’aspetto di proteggere, aggravarono le arti e le facoltà e compressero il genio libero de’ loro cultori. Colle leggi e le discipline e le frastagliate formole cancelleresche modellarono la pubblica amministrazione circondata da una miriade d’impiegati, oggetto di pubblico lamento, [p. 43 modifica]essendo uomini tolti alle libere industrie, ai nobili studii, all’agricoltura, per aggrupparli a quell’ente morale che si appella Stato, con aggravio smisurato del pubblico tesoro. Da ciò è nata la smania di seguire la carriera degli impieghi, d’entrar negli uffici ove dopo più o manco tempo, più o manco lavoro, o broglio, o acquistate grazie, cotali divengono possessori di una rendita sullo Stato. Ora siccome lo scoglio ove rompono i governi è sempre quella faccenda pecuniaria di cui si parla tanto; qualunque risparmio, benchè lieve, deve essere accettato da un buono amministratore, e senza titubanza; molto più quando all’utilità dell’erario si unisse l’utilità pubblica. Amore di me stesso non mi pose sì fitta benda da farmi tenere per sicuro che i miei consigli saranno accetti; pure bastommi la speranza per farmi risolvere a parlare.

Quei governi che pigliano sopra di sè troppi carichi, e quelli che sono ignavi, nocciono parimente alla pubblica prosperità: lascino essi la cura di mantener probi gli artieri alle associazioni di mutuo soccorso, cui non è difficile sopraintendere insieme con le occorrenze disciplinari e svolgere gli assiomi della politica economia la quale addomanda principalmente la libertà fecondatrice d’ogni umana potenza.