Del veltro allegorico di Dante/XXXV.
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XXXV. Giunto in Parigi come potè, le sue italiche passioni si rivolsero ad altri oggetti. La dolcezza dei primi canti del Purgatorio dimostra la gioia ch’ei senti nell’aver dato fine alVInferno e lasciato mar si crudele (Purg. I, 3): sotto altro cielo ei riposò l’animo affaticato, e forse, quantunque vivesse in disagio stentando, gli venne fatto di trovare alquanto della pace, che le miserie della sua terra nativa gli avevano fino allora vietato. Lo studio delle scienze il riconfortò: usava molto nelle pubbliche scuole dell’universitá di Parigi, e vi ottenne fama di robusto disputatore in divinitá. Filippo il bello a quei di non aveva la mente che ad impetrare dal papa la condanna della memoria di Bonifazio VIII e dei templari, giá da lui fatti arrestare l’anno precedente, accusati di arcani riti orientali e di nefandi misteri. Un poeta si avverso a Bonifazio potea sperare nel reame di Francia una sorta di tranquillitá, qual si fosse stata la parte che avea seguito in Italia riguardo a Carlo di Valois. Né oltremonti faceasi contrasto agl’italiani che sovrastavano per l’ingegno e per le ricchezze: i fiorentini vi erano si frequenti che l’Alighieri ebbe a chiamar fortunate quelle tra le donne di Firenze che i mariti non abbandonassero per la Francia (Farad. XV, 120). In tal modo il poeta non avea perduto adatto l’Italia: e tra gli accenti del celtico favellare, non di rado egli ascoltava il suono di piú felice linguaggio. Gl’irti volumi degli oltramontani dottori gli dischiudevano intanto ampia carriera di brighe teologiche: fra le quali furono famose quelle intorno alla luce eterna di Sigieri da Brabante (Parad’. X, 136-138), solenne commentator di Aristotile.
Il padre di Giovanni Boccaccio a quei giorni era in Parigi. Ritornato a casa, piacevasi di trattenere il figlio coi racconti di ciò che quivi aveva egli veduto: di che nelle opere latine il novellatore immortale fa spessa e tenera menzione. Vuoisi adunque prestare intera fede a quello che in piú luoghi delle medesime opere latine Giovanni Boccaccio narra intorno alla gita ed agli studi ed al disputar di Dante in Parigi; si come di cose udite dal padre, che fu presente alla condanna dei templari, e che in quella cittá o rivide l’Alighieri o intese celebrar le sue lodi.