Del veltro allegorico di Dante/XLV.

XLV.

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[p. 83 modifica]XLV. Allora, per propria virtú, sorgeva oltre il Po Cane Scaligero. Grandi fatiche aveva ei tollerato e corso gravi pericoli nella guerra coi padovani, alla quale aggiunsero essi nuovo furore dopo la morte di Arrigo VII. Trevigi, libera dai Caminesi, ed Alessandro Novello, vescovo e principe di Feltre, seguivano le parti di Padova: il vescovo di Trento quelle dello Scaligero. Ma piú rilevanti erano in Pisa le armi di Uguccione della Faggiola: né pugnava egli per contesa municipale di qualche cittá della Marca trivigiana, e tutta in lui restringevasi la causa dell’imperio in Italia. Il minacciavano Clemente V e Roberto e Lucca e Siena e le principali cittá di Toscana collegate coi fiorentini, orgogliosi di avere fatto vani gli sforzi di Arrigo VII. In principio Uguccione tentò le arti di pace, inviati per chiederla tre ambasciadori al re Roberto (novembre 24): si preparava intanto alle armi, addestrando l’animo dei pisani. Dopo alcun tempo pose in dimenticanza ogni [p. 84 modifica] pensiero di accordi, visto che le menti ghibelline da tutte le contrade italiane si volgevano ad esso (1314): ei solo non avea disperato, ei confortavale solo: e giá meditava il conquisto di Lucca. La morte di Clemente V aprigli a ciò piú agevole via (aprile 20), ristorando il coraggio dei ghibellini: ai quali, piú forse che lo stesso Bonifazio VIII, sembrò molesto un papa stato cotanto devoto a Roberto ed alla casa di Francia. Quindi l’Alighieri scrisse ai cardinali una lettera perché scegliessero italiano pontefice. Uguccione trasse profitto da cotali disposizioni dei suoi: e travagliò si fattamente i lucchesi da Pisa che li costrinse a restituirle i castelli un di ceduti dal conte Ugolino. Volle inoltre, il che fu fatto, che gli usciti rientrassero in Lucca: Castruccio Castracani degli Antelminelli riebbe con essi la patria. Infine Uguccione s’impadroni di Lucca, posto in fuga Gerardo di San Lupidio vicario del re Roberto: la cittá per otto giorni fu saccheggiata, ed il tesoro, che Clemente V vi avea congregato, andonne a ruba: giammai da molti secoli non si era fatto così pingue bottino. Matteo della Gherardesca si distinse fra coloro, che i primi entrarono in Lucca: ei meritò gli elogi del Faggiolano. In tal guisa la cittá venuta in mano dei ghibellini rivide i bianchi da lei scacciati fin dal 1301, ai quali maggiori mali che la stessa Firenze aveva ella recato: in tal guisa Uguccione consolava i pisani della morte di Arrigo, e rendevasi piú formidabile ai guelfi che l’imperatore non fosse stato. Dall’altra parte degli Appennini Ranieri II, detto Neri, della Faggiola figlio di Uguccione s’insignoriva di Borgo San Sepolcro, ed aggiungevalo ai domini della sua casa. E Francesco suo fratello fu da Uguccione inviato a Lucca primo podestá ghibellino.