Del conduttore elettrico posto nel campanile di S. Marco in Venezia/2

Articolo secondo

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Articolo Secondo,

Dei Magazzini da polvere.

CC

Ontro l’applicazione dei Conduttori ai Magazzini due totalmente opposte difficoltà ho rilevate. Un graduato militare e veramente dotto, apprendeva che potessero esser pericolosi; un altro valentuomo della medesima professione crede che siano inutili. Veggiamo il discorso dell’uno e dell’altro.

Ragionava il primo così: è certo che la polvere esala in copia gli effluvj delle sostanze che la compongono; l’odore che si sente entrando in una custodia, e la forza col tempo indebolita della polvere il provano ad evidenza: dunque un ammasso di polvere tiene d’intorno a se un’atmosfera di effluvj molto infiammabile. Or, se la punta del Conduttore vicino venisse mai ad attirare un esorbitante fulmine, capace di squarciare la [p. xxiii modifica]catena come è talor accaduto; questa fiamma potrebbe metter il fuoco a questa atmosfera, e far saltare il Magazzino, che forse senza il conduttore sarebbe rimaso salvo. Prima dunque di adottar la massima dei Conduttori per le Polveriere, vorrei, diceva, un’esperienza che levasse questo sospetto.

Io credo di poter dare una risposta adeguata a questa per altro tanto più seria difficoltà, quanto che si tratta di cosa delicatissima, e di tanta conseguenza.

Prima di tutto è provato che i Conduttori scaricano la materia dei fulmini, e non l’attraggono se non per isventarla.

In secondo luogo ho dimostrato cogli esempj (Apol. V. Dis.) che i fulmini passano vicino a corpi sommamente combustibili, paglie, stoppie, canape ec. senza infiammarli. Dunque nel supposto disastro di un fulmine che rompa la catena, non v’è maggior pericolo del naturale: anzi scema questo di molto, perchè intanto la catena del Conduttore molto fuoco ha trasmesso in terra, e in tali casi, che cinque ne novera il Franklino, gli edifizj restarono immuni da ogni altro danno.

In terzo luogo, posso addurre un’esperienza più appropriata, e quale il dotto militare desidera. In questa maggior torre del Castel vecchio di Padova, convertita ora in Specola astronomica, si teneva custodita la polvere di questa Piazza; sono 25 anni in circa, che un fulmine percosse la torre, e parve attratto da una stanga di ferro che portava una garetta nella sommità, scese [p. xxiv modifica]giù il fulmine per la facciata orientale, già soggetta a questi disastri, lasciando quà e là segni di frattura: segnatamente ruppe una pietra tra le altre che sporgevano sopra la finestra della camera della polvere; nè nella finestra, o nella contigua porta v’era altra difesa che di tavole vecchie e sdruscite; e pure non vi fu accensione. Il fatto può ancora esser attestato dal vecchio munizioniere Signor Cesare Sartori, che veduto il lampo, inteso lo scoppio, sentito l’odore, accorse tosto alla camera, nè vi trovò altro male. Dunque, o non v’è questa atmosfera di effluvj, dissipati probabilmente dall’agitazione dell’aria, o più tosto non è tanto infiammabile quanto può sembrare, forse perchè il carbone, corpo fisso, esala meno.

Ma in quarto luogo, cosa di più si può ricercare del recente caso arrivato alla torricella nell’Isola di S. Secondo nell’aurora delli 11. Giugno dello scorso anno 1775? Vi scoppiò il fulmine, entrò nel magazzino, vi staccò tavole, rovesciò casse di polvere, e pure, cosa in vero miracolosa, non appiccò fuoco. Conviene dire da un canto, che questo effluvio non sia tanto infiammabile, e dall’altro che il fuoco del fulmine, il quale talora in un momento accende un solidissimo vasto tetto di legname, cammini talvolta così vibrato ed unito, che se non dà direttamente, e come di punta, non metta fiamma ne’ corpi, per quanto siano facili ad ardere.

Ma ecco appunto da questo caso la opposta difficoltà promossa dall’altro onorato Uffiziale, particolarmente [p. xxv modifica]occupato nella direzione delle munizioni. Il fulmine di S. Secondo passò quattro piedi lontano dalla polvere, e non l’accese. Era di grandissima violenza, come lo prova lo squarciare e scagliare che fece i macigni di fuori, e i tavoloni di dentro; dunque, dice, la polvere non è corpo attraente del fulmine. In fatti il carbone solo nella polvere è di natura deferente perchè di natura vegetabile; ma il zolfo certo, se non anche il nitro, è di natura idioelettrica, cioè repellente. Dunque vano, dice, è il presidio de’ Conduttori; il fulmine non accende la polvere, se non vi sia violentemente diretto, o pure mediatamente accendendo legname, o altri materiali vicini.

Confesso, che non comprendo molto questo discorso. Non veggo, che alcun elettricista pretenda che la polvere attragga il fulmine. Ma attragga, o nò, l’esperienza pur troppo prova, che molti magazzini sono saltati per il fulmine, sia questo stato fuoco diretto, o indiretto, mediato, o immediato. In qualunque modo, il Conduttore ha la virtù di prevenire, o di sventare il fulmine; e perciò se ad alcuna fabbrica è da applicarsi questo tale presidio, lo farà certamente ai magazzini, le disgrazie de’ quali sono così fatali ai Paesi a cui toccano.

Se nella fabbrica de’ magazzini, come si esclude il metallo dentro per timore degli attriti, così si bandisse di fuori, se fossero queste tante rotonde di pietra viva, con volto sotto e sopra, senza angoli, nè sporti, nè spigoli, crederei che potessero più facilmente andar esenti [p. xxvi modifica]da fulmini, che non avrebbero chiamata a quella parte. Ma nella forma in cui attualmente si costruiscono, in figura di torricelle quadre, con ferrate alle porte e alle finestre, con spranghe di ferro, con tetto piramidale coperto di piombo, con bandiera di ferro sulla cima, tutto inferrato, chi non vede il pericolo manifesto delle saette?

Consideriamo il fulmine di S. Secondo: la traccia che tenne fu questa. Il fuoco prima si scagliò nella bandiera e nell’asta della cima; quest’asta è inserita in un macigno quadrato, e questo fu squarciato, sforzandosi il fuoco d’aprirsi la strada per andare al coperto di piombo, che trascorse senza danno nè segno veruno. Ma alla cornice, dove termina il piombo, il fuoco rintuzzato dal muro fece in questo delle fratture, per avventarsi da una parte alla ferrata della finestra, il cui balcone coperto di lastra di ferro aprì e squarciò; dalla parte opposta ruppe delle pietre sopra la porta, scagliò via l'arma di S. Marco appiccata con arpice, ruppe la porta vestita di ferro, e sbaragliando tutto tanto dentro quanto fuori, andò a seppellirsi in terra. Chi non vede che questo fulmine seguì la traccia de’ metalli, per li quali liberamente passando non fece segno, e solamente infuriò là dove trovò interruzione, e corpi resistenti? Credo, e scommetterei, che anche senza Conduttore esterno, nè punte, solamente se un filo di ferro di proporzionata grossezza fosse stato teso dall’asta della bandiera ai piombi, ed un altro dai piombi fino in terra [p. xxvii modifica](comunicante se si vuole alle ferriate della finestra e della porta) questo fulmine non avrebbe scoccato. Perchè non si pratica almeno questa semplicissima difesa?

Quanto alle Punte, confesso che sulla fabbrica istessa de’ magazzini non ne porrei, contento dell’indicata semplice difensiva. Se volessi aggiungere Punte, queste ergerei sopra albori in distanza discreta, lungo i quali farei discendere il filo isolato se si vuole in tubi di vetro, finchè si seppellisse in terra; queste punte servirebbero per ispogliare preventivamente le nuvole. Ma in caso mai che sfuggisse qualche spruzzo di fuoco verso il Magazzino, questo verrebbe scaricato dai preparati emissarj dei detti fili di comunicazione tra la bandiera, il tetto, e la terra, nè altro ho da aggiungere sopra i Magazzini.